Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
donald trump in tribunale a new york 9
«Risponda con un sì o un no e non faccia comizi: questo è un processo, non un comizio». «Questo non è un processo equo ma un attacco politico manovrato da Biden attraverso magistrati democratici guidati da una procuratrice razzista e corrotta». È solo uno dei botta e risposta brutali tra il giudice Arthur Engoron e Donald Trump durante l’udienza del processo civile sui presunti reati finanziari e fiscali commessi dal suo gruppo, la Trump Organization, nel quale l’ex presidente è stato chiamato alla sbarra.
Più che un interrogatorio di un imputato, una corrida: un assaggio, in una causa civile senza pene detentive, di quanto accadrà quando, all’inizio del 2024, Trump sarà processato per reati penali per i quali rischia una lunga detenzione.
donald trump in tribunale a new york 6
Sul piano processuale, il tribunale avrebbe un compito lineare: avendo già raccolto prove chiare degli attestati finanziari falsi […] dovrebbe solo stabilire la gravità dei reati e il grado di consapevolezza di Donald Trump della frode, fissando le pene: una sanzione fino a 250 milioni di dollari e, soprattutto, il possibile divieto per l’ex presidente e per gli altri capi del gruppo (i suoi figli) di gestire imprese nello Stato di New York, il centro del suo impero immobiliare.
arthur engoron
Ma Trump non è un imputato qualsiasi: continua a ripetere da mesi di essere vittima di una congiura politica mirante a impedire la sua rielezione. I magistrati hanno cercato di frenarlo imponendogli con i cosiddetti gag order di insultare o minacciare giudici, avvocati e testimoni dei suoi processi. Sotto giuramento, pensavano molti, sarebbe stato più cauto.
Ma Trump è entrato in tribunale ripetendo, sulla porta, uno dei suoi comizi incendiari. E poi, sotto giuramento, dopo aver risposto parzialmente a qualche domanda, ha ricominciato con le sue accuse politiche, spingendo un giudice sempre più irritato a richiamarlo di continuo (e inutilmente) alla sostanza delle domande finanziarie. Fino a concludere, sconsolato, dopo 4 ore: «È un disco rotto».
alina habba
Messo alle strette sui valori gonfiati delle sue proprietà, […] Trump ha prima scaricato la responsabilità sui suoi due capi della finanza e su una società esterna di controllo contabile, poi ha ammesso di aver partecipato alla definizione di quei valori.
Infine ha fatto ricorso alla sua celebre «tesi Monna Lisa»: i numeri scritti nei documenti significano poco perché le sue proprietà sono come la Gioconda, senza prezzo. Può sempre arrivare qualcuno che offre una fortuna per Mar-a-Lago o la Trump Tower. E, comunque, non ci sono vittime: i prestiti delle banche sono stati rimborsati. «Una settimana fa», gli hanno replicato i procuratori.
manifestanti anti trump davanti al tribunale di new york
Dopo un’ora il giudice, esasperato, ha sospeso l’udienza invitando gli avvocati di Trump a convincerlo a rispondere in modo più puntuale alle domande. Ma la sua nuova avvocata Alina Habba ha approfittato della pausa per accusare il giudice di essere un prevaricatore, coi suoi continui richiami a Trump.
Alla ripresa breve tregua, con il giudice Engoron […] preoccupato di non dare appigli alla difesa di Trump che chiederà il mistrial (processo viziato da pregiudizi) o ricorrerà, comunque, in Appello.
donald trump in tribunale a new york 3
Trump ha continuato ad alternare accuse politiche a qualche ammissione e quando il viceprocuratore Kevin Wallace gli ha contestato il valore gonfiato di 40 Wall Street (550 milioni di dollari due volte e mezzo quello di mercato), Trump è esploso contro la procuratrice James, seduta in prima fila: «È razzista e non sa cosa sia 40 Wall Street: vuole solo togliermi le proprietà, come i comunisti in Cina» .
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