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    I MEDICI SI SONO ROTTI LE PALLE DEI NO VAX – IL RACCONTO DI UNA ANTIVACCINISTA DI BOLOGNA: IL MARITO HA CONTRATTO IL COVID E IL MEDICO SI È RIFIUTATO DI SEGUIRLO - “NONOSTANTE LE MILLE TELEFONATE E MESSAGGI, MI HA RISPOSTO: “NON HO NÉ IL TEMPO NÉ LA VOGLIA DI QUESTIONARE. AVETE VOI DECISO DI NON FARE IL VACCINO!! QUESTIONE CHIUSA”. ALLA FINE HO DOVUTO FINGERE IN LACRIME CON LA GUARDIA MEDICA DI ESSERE UNA NO VAX PENTITA E…”


     
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    Patrizia Floder Reitter per “La Verità”

     

    MULTE IN ARRIVO PER I NO VAX MULTE IN ARRIVO PER I NO VAX

    Due settimane senza essere curato dal Covid e guai a lamentarsi: «Avete deciso voi di non fare il vaccino», è stata la risposta del medico di base. È capitato nella rossa Bologna, dove un'intera famiglia di non vaccinati, ma che era risultata positiva mesi fa quindi risultava immunizzata, un mese fa ha ripreso il virus. Madre e figlia l'hanno superato senza problemi, il padre no, ha sofferto diverse crisi respiratorie abbandonato a sé stesso.

     

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    «L'unico rimedio suggerito dal nostro dottore è stato un prodotto per il trattamento dell'asma, insufficiente per un malato Covid "affamato" d'aria. Poi zero assistenza», racconta Donata Martini, 43 anni, imprenditore nel settore turistico assieme al marito, Enzo Borgatti, 66 anni. L'uomo si ammala a fine dicembre, gli viene prescritto l'inalatore però dal 4 gennaio fatica sempre di più a respirare.

     

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    «Il medico dice che non è il caso di portarlo in ospedale e da quel momento smette di rispondere alle mie telefonate, ai messaggi», spiega la signora, mostrando sullo smartphone il lungo elenco di richieste di aiuto rimasto senza risposta. «Chiedevo se era il caso di dare cortisone a Enzo, per le ripetute crisi respiratorie, se poteva venire a casa a vederlo, mi scusavo per l'insistenza ma dicevo che avevamo paura, era la verità».

     

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    Donata non sa che fare, cerca su Internet elenchi di medici che possano prescrivere trattamenti anti Covid efficaci, si accorge che è un'impresa impossibile se non hai conoscenze dirette e non si fida.

     

    «Dopo dodici giorni l'eparina e altri farmaci mi sono stati prescritti da un chirurgo estetico. Questo per dire come funziona la cura domiciliare del coronavirus». Intanto il marito peggiora, però non vuole andare al Pronto soccorso, teme di fare attese lunghe e inutili come purtroppo accade di frequente.

     

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    Continuavano a dire di non collassare gli ospedali, i ricoveri in area Covid sono sempre l'ultima scelta per un paziente come il signor Enzo che è sempre stato bene «in vent' anni non ho mai disturbato il mio medico di base, adesso chiedevo una terapia. Non vigile attesa». La moglie torna a insistere con il loro dottore e gli scrive: «Ancora adesso non ha prescritto visite Usca a mio marito, nonostante le mille telefonate e messaggi, nonostante le mille preghiere».

     

    Questa volta il professionista risponde seccato: «Non ho né il tempo né la voglia di questionare. Avete voi deciso di non fare il vaccino!! Questione chiusa». Un'affermazione sconvolgente, per un medico che ha il dovere di curare e il cui compito è la difesa, il rispetto della vita, della salute.

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    Per il signor Borgatti il messaggio è chiarissimo, in quanto non vaccinato non va curato. Poteva pensarci prima, chinare la testa e stendere il braccio. Poco importa se pure lui paga le tasse e contribuisce a finanziare la sanità, se la salute viene garantita dalla Costituzione come fondamentale diritto dell'individuo.

     

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    La signora riprova con la guardia medica, dopo dodici giorni ad aspettare che venisse attivata l'Usca, l'Unità speciale di continuità assistenziale istituita per occuparsi dei pazienti Covid che non necessitano di ricovero ospedaliero. «Alla fine, un sabato sera ho pianto al telefono, ho supplicato il medico di guardia.

     

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    Ho dovuto fingere di essere una non vaccinata pentita e che per favore venissero a visitare mio marito perché avevo capito di aver sbagliato. Il giorno dopo sono finalmente venuti a casa». Così funziona la medicina del territorio, in questo modo si pensa di tranquillizzare i malati Covid che non sono gravi, ma che nemmeno possono rischiare di peggiorare perché privi di assistenza. «La scelta di non fare il vaccino contro il Covid non può essere usata per discriminarci sul piano della salute», conclude Donata Martini. «Mi è rimasta addosso un'angoscia profonda, non so che cos' altro potrebbe capitare se ci riammalassimo».

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