Giovanni Audifreddi per “D - la Repubblica”
ANDREA JONASSON STREHLER
Gli Spettri tengono sveglia Andrea Jonasson, vedova di Giorgio Strehler. Non sono i due anni lontana dal palcoscenico, gli undici senza recitare in italiano o l'ottantesimo compleanno in arrivo che preoccupano la pluridecorata attrice, con in bacheca l'ordine al merito della Repubblica Italiana, che ha fatto venir giù i teatri di Vienna, Amburgo, Salisburgo, Monaco di Baviera oltre al Piccolo di Milano, naturalmente.
È colpa del testo del dramma ottocentesco del norvegese Henrik Ibsen, intreccio di fattacci e ipocrisie scritte 140 anni fa, rivisitato da Fausto Paravidino per essere portato in scena dal 3 febbraio al Teatro Carlo Goldoni di Venezia, con la regia del lituano Rimas Tumias.
«Lui è bravissimo e piacevole, ma non parla la nostra lingua e il teatro con un interprete è complicato. È una storia cupa e intricata, abbiamo solo quattro settimane di prove e l'idea è stata rimaneggiata più volte. Insomma, devo studiare, anche perché il ruolo della vedova Helena Alving mi somiglia poco: una vita di merda, sempre umiliata e a far finta di nulla davanti alle malefatte del marito, che le ha messo in casa anche la figlia illegittima».
Si può dire che il perbenismo borghese non faccia per lei?
ANDREA JONASSON
«Detestabile. Il momento più bello è quando la vedova sbotta con il pastore luterano Mandres, e sbugiarda il moralismo puritano raccontando i vizi, l'alcolismo e i tradimenti dell'uomo che tutti incensano. La classica beatificazione di convenzione del defunto sarebbe stato troppo. Non mi stupisce che l'asilo che gli vorrebbero dedicare vada a fuoco».
Già, perché gli spettri del passato tornano sempre a fare giustizia?
«Qui c'è anche l'aggravante delle colpe del padre che poi ricadono sul figlio Osvald, scappato a Parigi, vita dissoluta anche lui e morbo della sifilide, che lo porta verso la pazzia e poi la morte».
Non proprio una vicenda allegra.
«Effettivamente, di questi tempi una scelta coraggiosa da sottoporre al pubblico. Ma il teatro è come lo fai. La gioia può nascere nello spettatore indipendentemente dalla storia. La felicità sboccia se senti di aver ricevuto un'emozione, un insegnamento. Far bene l'attore è trasmettere».
andrea jonasson Giorgio Strehler
Una delle lezioni imparate dal Maestro Strehler?
«Giorgio aveva il dono dell'autentica passione per le arti. Questo genera la pazienza necessaria per insegnare, che significa condividere senza imporre. Lui ti sorreggeva a teatro e la sua foga, il suo piacere per il lavoro, diventava una protezione capace di dissolvere ogni paura».
Adesso è lei che beatifica.
«Strehler era un genio, non un dio. Infatti, aveva i difetti dell'umanità. Ma del tutto tollerabili per chi, come me, lo ha amato incondizionatamente. Tutto è imparagonabile davanti alla grandezza delle sue doti e alla generosità artistica».
Il suo lascito più importante?
andrea jonasson foto di bacco
«L'idea di dar vita a un teatro umano e comprensibile per tutti. Dalla popolana al professore universitario. Non amava gli intellettuali che vogliono creare una barriera con la cultura. Ricordo quando venne alle prove Carlo Rubbia, premio Nobel. Alla fine, ci disse che si era eccitato come durante un suo esperimento di astrofisica. A Giorgio piacque la sua semplicità».
Però, come moglie, ha dovuto sopportare molto anche lei?
«Guardi, una volta Giorgio iniziò a parlarmi di quanto aveva sempre invidiato gli uomini che possedevano un harem. E mi chiese se io fossi disposta a condividere con lui una donna, magari una mia bella amica. Gli risposi subito di sì, e anche con un certo entusiasmo: "Sarebbe divertente occuparci di te insieme". Io non avevo la gelosia di altre, che avrebbero sguainato gli artigli per strapparmi via gli occhi».
andrea jonasson Giorgio Strehler
Beato spirito libertario degli anni Settanta.
«Giorgio era un uomo cresciuto in una casa popolata da femmine, adorava la voce delle donne, il frusciare delle loro sottane, erano stimoli irresistibili per lui. Essere banalmente gelosa sarebbe stata una condanna per qualsiasi sua compagna. Io lo ammiravo, ero così orgogliosa di vivere al suo fianco, di osservare la sua bellezza. Non la volevo assolutamente tenere tutta per me, anzi la condividevo con gioia».
Signora, non si arrabbi, ma suo marito l'ha tradita.
«Ma io non mi sono mai sentita così. Certo, mi sono fatta delle domande. Ho pensato di non essere alla sua altezza. Ma c'era poco da perdonare. Nemmeno io sono un angelo. Giorgio mi parlava delle sue donne. Verso i 70 anni ha avuto un momento di crisi, la vecchiaia non piace a nessuno. Io l'ho capito.
Funerale di Giorgio Strehler - andrea jonasson andrea soleri ferruccio cortese-valentina mara bugni
Quando l'ho visto disperato, perché diceva di essersi ficcato in una trappola dalla quale non sapeva come uscire, e mi chiedeva perdono, sentivo solo amore per lui. Sa in cosa mi sento tradita? Mi ha detto che dopo Natale sarebbe tornato, per ricominciare e alimentare il sogno che abbiamo creato insieme, quello della nostra famiglia al Piccolo Teatro. Però non lo ha fatto: è morto. Senza lui, la mia vita di avventure è terminata».
Ricorda l'inizio, cinquant' anni fa arrivava a Milano, quasi fuggita dall'Austria, sola con una valigia, per seguire Strehler?
«Quella valigia rossa di plastica ce l'ho ancora in cantina a Milano. Sarà malandata ma è un simbolo, la mia bandiera. Mi disse di conservarla e l'ho fatto. Mi piace pendolare tra Milano, Vienna e la Germania. Gli italiani mi sembrano così maturi, rispettosi delle regole, tutti con la mascherina, guidati da uomini straordinari come Mario Draghi e Sergio Mattarella. Si sono invertite le parti, la mia Mitteleuropa è invece un gran casino».
Funerale di Giorgio Strehler - andrea jonasson andrea soleri ferruccio cortese-valentina mara bugni
E la fine? Quel corteo funebre per le vie di Milano, lei al fianco di Valentina Cortese.
«Che donna! Mi chiamava "la valchiria rossa". Effettivamente facevo un po' paura, tra il tedesco, gli occhi azzurri e quei capelli. Conservo con affetto la sua letterina di quando uscì la storia della mia relazione con Strehler. Mi scrisse di getto che era felice per me, per noi. Aveva capito che mi sarei presa cura anche del suo amore».
Anche Ornella Vanoni evoca spesso Strehler.
«Non fatemi litigare con Ornella, che è un'amica speciale, con una voce straordinaria. Penso solo che siamo tutte delle signore attempate e un po' matte. È giusto abbracciare i nostri ricordi, solo non li sventolerei troppo spesso».
Lo spettro di non aver avuto un figlio da lui la tormenta?
Valentina Cortese Giorgio Strehler
«Mi tormenta la solitudine e la tristezza che questa assenza mi provoca. Non ho rimorsi perché non mi sento in colpa. Giorgio ha avuto moltissime donne e amanti, nessuna è mai rimasta incinta. Forse la cosa è dipesa anche da lui».
Tra le migliaia di immagini, provi a sceglierne una per rappresentarlo.
«Era un leone ascendente leone, che amava follemente l'acqua. Faceva il bagno caldo perché diceva che gli sembrava di stare a mollo in un ventre materno, dove nascevano idee. Lui stava nella vasca e declamava pensieri e io seduta sul water ad ascoltarlo. Anche tuffarsi in mare lo rendeva ipercreativo. Ci siamo fatti delle nuotate infinite».
milva giorgio strehler Mara Bugni, compagna di Giorgio Strehler Ornella Vanoni Giorgio Strehler STREHLER giorgio strehler maria mulas Giorgio Strehler ORNELLA VANONI E GIORGIO STREHLER Strehler Vanoni Giorgio Strehler STREHLER VANONI