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    “QUANDO SVELAI A MIO MARITO IL NOME DEL MIO AMANTE LUI MI RISPOSE: TI CAPISCO” - I NOVANT'ANNI DELLA PIANISTA MARISA BORINI, MADRE DI CARLA BRUNI E DI VALERIA BRUNI TEDESCHI: “IO E MIO MARITO CI SIAMO TRADITI MOLTO PERÒ NON CI SIAMO MAI LASCIATI. ERA UNA STORIA D'AMORE CON UNA CERTA LIBERTÀ. LA STORIA CON ARTURO BENEDETTI MICHELANGELI DURÒ UN ANNO E MEZZO, LO CHIAMAVO "IL MIO ARCANGELO" - QUANDO GLI OBAMA SONO ARRIVATI ALL'ELISEO, IO E LA MAMMA DI MICHELLE CI SIAMO NASCOSTE PER…”


     
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    Candida Morvillo per il “Corriere della Sera”

     

    «Come festeggerò i miei 90 anni? Terrò un concerto qui a Parigi il primo aprile, il giorno in cui mi cadrà addosso questo enorme numero di anni che odio e che trovo scandaloso».

     

    CARLA BRUNI - MARISA BORINI - VALERIA BRUNI TEDESCHI CARLA BRUNI - MARISA BORINI - VALERIA BRUNI TEDESCHI

    Cosa c' è di «scandaloso»? Non se li sente?

    «C' è che li avrò e dovrò tenermeli, però sto bene, ho solo delle stanchezze e il cervello funziona: suono ancora il piano a memoria. Per il compleanno, farò una fantasia di Schubert a quattro mani con un amico, poi Ravel, Erik Satie e Schumann con Martin Egel, col quale ho fatto tournée per vent' anni».

     

    marisa borini carla bruni marisa borini carla bruni

    Marisa Borini, vedova Bruni Tedeschi, è la mamma di Carla, top model, cantautrice e già première dame di Francia, e di Valeria, attrice e regista, oltre che di Virginio, morto di Aids a 46 anni. Nata a Torino, vive a Parigi da quando si trasferì con la famiglia per paura dei rapimenti, negli anni 70. Ha girato il mondo tenendo concerti e, a 73 anni, si è scoperta attrice. Ha recitato nei film di Valeria, poi con Jean-Pierre Denis, Richard Berry, Paolo Virzì, e anche in teatro: «La sera tornavo a casa», ricorda, «e mi chiedevo: quante ore mancano prima di ricominciare?».

     

    La sua è un'Italia che non c'è più, quelle delle grandi famiglie dove si poteva essere industriali e insieme artisti, come lo fu suo marito Alberto, erede della Ceat dei cavi elettrici, ma anche compositore e direttore del Regio di Torino. Famiglie coi Canaletto e i Bruegel in salotto, che a un certo punto dismettono qualcosa da Sotheby's, a Londra. Tipo quattro arazzi dei Gobelin appartenuti a Luigi XIV e un lampadario che fu di Napoleone. Ricavato totale 18,8 milioni di euro, però devoluti alla ricerca sull' Aids e alla fondazione intitolata al figlio perso.

    marisa borini marisa borini

     

    Famiglie coi castelli in campagna e in Costa Azzurra, a volte soffertamente venduti, come Valeria ha raccontato per quello di Castagneto Po nel film Un château en Italie. L'autobiografia di Marisa, Care figlie vi scrivo, edita dalla Nave di Teseo nel 2017, è anche una carrellata di amanti che va dal grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli al giovane Maurizio Remmert, vent' anni meno di lei, un amore lungo sei anni che ne farà il padre naturale di Carla, la quale saprà la verità solo ventottenne.

     

    Celebre è una foto scattata da Helmut Newton: Marisa è in piedi, in bikini e infradito, già con le grinze dell'età, mentre il marito è al piano con una giovane Carla in versione Lolita sulle ginocchia. Però pensare che quello di Marisa sia uno spirito da «épater le bourgeois», non rende giustizia alla storia di una donna che ne ha viste e passate tante.

    marisa borini marisa borini

     

    Quali sono i suoi primi ricordi?

    «La grande casa di Parigi dove ho vissuto fino a cinque anni perché papà faceva l' ingegnere lì. Quindi l' appartamento assai brutto di Torino, dove rientrammo perché gli affari andarono male. E le adunate sotto il fascismo, con noi bimbe in divisa che cantavamo i cori. Dopo, ricordo la guerra, i bombardamenti, il peregrinare da sfollati, io piccola che distribuisco cioccolata ai soldati, ma vedo le loro mani amputate e svengo. Ricordo il disprezzo nella voce di mamma, che era francese, quando nominava i boches, i tedeschi, e la volta che si rifiutò di dare la fede per la patria e quando scelse appositamente una maestra ebrea che veniva a darmi lezioni a casa sotto falso nome».

     

    Il momento più brutto?

    «Io, mamma e le mie due sorelle finimmo in un rastrellamento dei nazisti per rappresaglia.

    carla bruni e marisa borini carla bruni e marisa borini

    Ci piazzarono in un campo di granoturco per fucilarci. Avevo 15 anni. Ci tennero così per due ore, poi decisero che rinunciavano, ma che ci avrebbero bruciato la casa. Quindi, cambiarono ancora idea e ci portarono ad assistere all'impiccagione di sei ragazzi».

     

    Suo padre dov'era?

    «Era già morto, non per la guerra, ma di malattia, a 50 anni. Pensare che mi sembrava vecchio. Ora, vorrei averli io 50 anni».

     

    In tutto ciò, riusciva a sorridere?

    «La maestra mi chiamava "Aurora" perché ero sempre allegra e la mettevo di buonumore.

    Amavo il piano, suonavo anche durante la guerra, anche se ho potuto prendere lezioni solo prima e dopo. Recuperare è stato difficile, ma io volevo diventare pianista, mentre mio cognato, che era il nuovo capofamiglia, mi voleva ragioniera. Diceva: devi guadagnare, da pianista sarai una morta di fame».

     

    Dunque, non è nata ricca?

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    «Il nonno paterno, da muratore, era diventato costruttore e anche quello materno si era fatto da solo: aveva una centrale elettrica. Ma mio suocero, quando lo conobbi, mi disse: ci sono famiglie che salgono e famiglie che scendono, la sua è discesa».

     

    L'incontro con suo marito?

    «Bizzarro. Un giorno del '51, un' amica mi disse: pare che ti sposi con Alberto Bruni Tedeschi. Non sapevo chi fosse, poi vidi il manifesto di un suo concerto e andai a vederlo. Notai solo che sembrava timido. Giorni dopo, mi fece invitare a una cena. La prima sera da soli, mi disse: una cosa è certa, non mi sposerò mai».

     

    Invece, vi sposaste sei anni dopo.

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    «Viaggiavamo insieme, io ricevevo da lui come se fossi la padrona di casa: non erano cose benviste all' epoca. A me non importava, ma poi suo padre disse che era ora di smetterla perché lui voleva un nipote e che io gli andavo bene, essendo cattolica e musicista».

     

    Che amore è stato?

    «Alberto aveva 15 anni più di me e un' intelligenza straordinaria. Mi ha insegnato tutto: musica, arte, finanza. Ci siamo molto amati».

     

    Vi siete anche traditi a vicenda.

    «Però non ci siamo mai lasciati. Era una storia d' amore con una certa libertà. Tante cose non funzionavano più, io viaggiavo, avevo incontri, non ci nascondevamo niente e non abbiamo mai litigato per quello. È sempre rimasta la stima e l' amore profondissimo».

    MARISA BRUNI TEDESCHI CON LE FIGLIE VALERIA E CARLA MARISA BRUNI TEDESCHI CON LE FIGLIE VALERIA E CARLA

     

    Con Michelangeli come andò?

    «Durò un anno e mezzo, lo chiamavo "il mio arcangelo". Quando ripenso al passato, questa è una delle cose che rivivrei. Lo raggiungevo ovunque, sparivo per giorni. Quando mio marito mi chiese "chi è?" e glielo dissi, ci fu un momento di silenzio, poi mi fece: ti capisco».

     

    Perché finì?

    «Arturo aveva un carattere piuttosto strampalato. Lui, che fossero amici o donne, di colpo, si stufava di una persona e la piantava. Diventò insopportabile e, una notte, uscii dalla sua casa di montagna, feci 16 chilometri a piedi nei boschi e me ne andai».

     

    Le figlie che dicono della sua vita avventurosa?

    «Ma sa, ho figlie moderne. Vogliono bene alla loro madre e non si scandalizzano».

    MARISA BRUNI TEDESCHI COVER MARISA BRUNI TEDESCHI COVER

     

    Fu suo marito Alberto, prima di morire, a confessare a Carla di non essere suo padre. Perché non gliel'ha detto lei?

    «In verità, non ci avevo neanche tanto pensato. Poi, Carla e Maurizio si sono conosciuti, piaciuti. Lui è un bell' uomo, colto, vive in Brasile, è stata una cosa accolta e digerita bene».

     

    Lei come ha educato i suoi figli?

    «Molto liberi. Hanno studiato e fatto quello che volevano. Virginio amava il mare, girava il mondo a vela, era un fotografo eccezionale. Era più chiuso delle sorelle, ma molto gentile, rispettoso. Era fantastico, purtroppo il destino... Questo è il punto triste della mia vita».

     

    Come si sopravvive a un figlio?

    Marisa Bruni Tedeschi Marisa Bruni Tedeschi

    «Sul momento, uno ha voglia di morire, poi siccome anche morire non è facile, ti adatti, trovi attività, ti giri sugli altri che rimangono, anche se ci pensi sempre, continuamente.

    Nella casa di Cap Nègre, la notte, fumo l' ultima sigaretta sulla mia terrazza, guardo il cielo, mi dico che le persone che ho amato sono in quelle stelle. Et voilà, vado dal passato al futuro».

     

    Che immagina per il futuro?

    «È piccolo, ma c' è ancora. Penso che voglio suonare e vedere crescere i nipoti. E Valeria mi ha detto che una persona prepara una pièce di teatro in cui ci sarò».

     

    Le è piaciuto essere «first suocera»?

    «Molto: avevo solo le cose piacevoli e nessuna responsabilità. Nicolas mi ha portata in tanti viaggi interessanti, lui è delizioso, ho incontrato moltissima gente. Gli Obama sono arrivati all' Eliseo con le figlie e la mamma di Michelle. Noi due suocere ci siamo nascoste a fumare fuori, perché Michelle non vuole che si fumi in casa».

     

    Che vi siete dette lei e la regina Elisabetta a Windsor?

    «Parlammo dei figli, sapeva di Virginio».

     

    Con Sonia Gandhi in India come è andata?

    «L' ho trovata antipatica: io e Carla volevamo sapere se mangiava ancora la bagna cauda, ma ci ha detto subito che ormai è indiana, non va più a Torino e non parla italiano».

     

    Papa Ratzinger?

    «La prima volta, sono andata in Vaticano con Sarkozy e non mi ha ricevuta perché Carla non era ancora sposata. Dopo, però, all' Eliseo, mi ha regalato un bel rosario di perle».

    Marisa Bruni Tedeschi Marisa Bruni Tedeschi

     

    Come nasce la famosa foto di Newton?

    «A dire il vero, la trovo orribile. Ma, ai tempi, i fotografi andavano, venivano. Helmut stette da noi tre o quattro giorni, faceva foto a destra e a sinistra, non lo controllavamo».

     

    Vive ancora in un castello?

    «Siamo tutti in diversi appartamenti. Delle tante case, resta Cap Nègre. Ancora oggi, ci ritroviamo o non ci ritroviamo tutti lì».

     

    In Italia torna?

    «Vado a Venezia ogni tanto, sono consigliere della Fondazione Giorgio Cini, che conserva gli archivi musicali di mio marito. Il concerto dei miei 90 anni era previsto lì, ma l' ho spostato per via del coronavirus».

     

    Ha più rimpianti o più rimorsi?

    «Rimorsi no, rimpianti sì: cose che volevo e non ho fatto e troppo intime da raccontare».

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