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    “I POLITICI LITIGANO E NOI SIAMO FERMI” – MAHMOOD ANNUNCIA DI DOVER RINVIARE PER LA TERZA VOLTA IL TOUR A CAUSA DELLE NORME ANTI-COVID E SI INCAZZA: “PROVO UN FORTE SENTIMENTO DI ABBANDONO DA PARTE DELLE ISTITUZIONI. CI SENTIAMO SOLI, NON CONSIDERATI DA UNO STATO LA CUI MAGGIOR PARTE DEI RAPPRESENTANTI PENSA SOLO A LITIGARE SUI SOCIAL E A CREARE FAZIONI AVVERSE TRA LE PERSONE. ADESSO È ARRIVATO IL MOMENTO DI…” - VIDEO


     
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    Barbara Visentin per il “Corriere della Sera”

     

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    È un film già visto lo scorso anno: con la fine dell'estate, fioccano gli spostamenti dei concerti al chiuso previsti per i prossimi mesi, visto il perdurare dell'incertezza e delle norme restrittive nel comparto musicale. È toccato anche a Mahmood, che ieri ha annunciato di dover posticipare per la terza volta il suo tour (sarebbe dovuto partire a novembre) alla primavera del 2022.

     

    i post di mahmood dopo il rinvio del tour 2 i post di mahmood dopo il rinvio del tour 2

    Una decisione amara che alimenta il malcontento degli artisti - e dei fan- che chiedono a più voci regole sostenibili per poter tornare a esibirsi: nei giorni scorsi a farsi sentire, con una lettera molto condivisa sui social, era stato Cosmo, invocando il ritorno alla capienza piena, togliendo anche l'obbligo di rimanere seduti, grazie al green pass. Il cantautore e producer ha poi invitato i colleghi a fare fronte comune «per ripartire realmente» perché «ci stanno continuando a dimenticare».

     

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    E ieri a lanciare un appello è stato appunto Mahmood che ha affidato alle stories di Instagram la sua rabbia: «A quasi due anni dall'inizio della pandemia, il nostro settore si trova ancora allo stesso punto: siamo fermi (tolte poche, troppe poche, situazioni a capienze ridotte che non permettono ovviamente di sostenere eventi vicini alla vecchia normalità) - ha denunciato il cantautore di Soldi , 28 anni -. Oggi mi ritrovo a spostare le date del tour per la terza volta; e come me moltissimi miei colleghi e colleghe saranno obbligati a farlo.

     

    Ciò che differenzia questo spostamento dai precedenti è che, oggi, abbiamo a disposizione degli strumenti che permetterebbero di poter fare i concerti in sicurezza: i green pass. Guardo fuori dall'Italia e vedo che si può fare, evidentemente quando ci sono la volontà e l'attenzione verso un settore, le soluzioni si trovano. Provo un forte sentimento di abbandono da parte delle istituzioni».

     

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    La sensazione, per gli artisti italiani, è quella di essere lasciati in perenne attesa, ultimi della lista nelle decisioni da prendere, in balia di un eterno rimandare: «Ci sentiamo soli, non considerati da uno Stato la cui maggior parte dei rappresentanti pensa solo a litigare sui social e a creare fazioni avverse tra le persone - ha scritto ancora Mahmood -. Adesso è arrivato il momento di ascoltarci. È davvero giunto il turno dei nostri diritti, quelli degli artisti, degli addetti ai lavori e quelli del pubblico: abbiamo il diritto di tornare a fare il nostro mestiere e chi ci segue ha il diritto di tornare a riempire la propria vita di arte, cultura e intrattenimento. Abbiamo il diritto di essere ascoltati».

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