1 - DAGONOTA
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Nel Movimento 5 stelle è esploso il caso Petrocelli. Il presidente della Commissione esteri del Senato ha votato contro la risoluzione della maggioranza che impegna l’Italia ad armare l’Ucraina. Ma nonostante l’imbarazzo, non può essere rimosso né scaricato da Conte.
Ettore Rosato di Italia Viva ne ha chiesto la rimozione. Ma, come scrive Matteo Pucciarelli su “Repubblica”, non si può fare: “non può essere sfiduciato, i presidenti di commissione vengono votati a inizio legislatura e di nuovo a metà legislatura e non esiste uno strumento per la rimozione”.
Mariolina Castellone 1
E allora che fare? Niente! Non è un caso che Giuseppe Conte abbia gettato acqua sul fuoco, parlando di “infantile caccia alle streghe”. Peppiniello Appulo, in attesa della sentenza del tribunale di Napoli, è un leader azzoppato, e non può permettersi di prendere una decisione così tranchant. Senza considerare che Petrocelli è un amico personale dei ministri Di Maio e Patuanelli.
giuseppe conte a otto e mezzo 9
2 - UCRAINA: CASTELLONE, NESSUNA SANZIONE A PETROCELLI
(ANSA) - "Ne abbiamo già discusso ieri, non sono previste sanzioni". E' quanto si è limitata a dire la presidente dei senatori del Movimento 5 stelle, Mariolina Castellone a proposito delle dimissioni o sanzioni chieste da alcune forze politiche nei confronti di Vito Petrocelli dei 5S, presidente della commissione Esteri del Senato che ieri ha votato contro la risoluzione unitaria sulla guerra in Ucraina.
3 - 5S, PETROCELLI VOTA NO E SCOPPIA LA POLEMICA: "DEVE DIMETTERSI"
Estratto dell'articolo di Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
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Lo aveva promesso ed annunciato e così alla fine è stato: il presidente della commissione Esteri al Senato, il 5 Stelle Vito Petrocelli, ha votato contro la risoluzione della maggioranza (in questo specifico caso allargata a Fratelli d'Italia) che fra le diverse cose impegna il nostro Paese a inviare - anche - equipaggiamenti militari all'Ucraina. Una vicenda che però ha sollevato ampi imbarazzi nel Movimento e proteste, in chiaro, negli altri partiti.
Tecnicamente Petrocelli, il quale ha sempre rivendicato la propria simpatia per i Paesi cosiddetti "non allineati" (compresa la Russia), non può essere sfiduciato, i presidenti di commissione vengono votati a inizio legislatura e di nuovo a metà legislatura e non esiste uno strumento per la rimozione. C'è quindi chi ne chiede le dimissioni, appellandosi alla volontà dello stesso Petrocelli.
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«Sarebbe opportuno che lasciasse, non sono ammissibili ambiguità su un tema di così grande rilievo», dice la vicepresidente della stessa commissione a Palazzo Madama, Laura Garavini di Italia Viva.
«Trovo vergognoso nel merito e inspiegabile nel metodo il suo comportamento, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ne dovrebbe pretendere le dimissioni», aggiunge il forzista Massimo Mallegni.
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Nel Movimento però non sono all'ordine del giorno provvedimenti di espulsione o altre sanzioni nei suoi confronti, perché quello di ieri «non era un voto di fiducia sul governo, ma trattava un tema etico, di coscienza», è il ragionamento che si fa nel partito. Né comunque lo stesso Petrocelli avrebbe alcuna intenzione di fare un passo indietro.
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Del resto il senatore eletto in Basilicata, assiduo frequentatore dell'ambasciata russa e filo-cinese, non si è mai tirato indietro nel rivendicare le proprie posizioni, che andavano di moda ai tempi del governo gialloverde e invece sono molto scomode adesso.
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Nei 5 Stelle poi le contrarietà al passaggio della risoluzione in cui si dà il via libera agli armamenti non erano poche; non tanto per filo-putinismo ma per sensibilità pacifiste.
«Voteremo sì con un dolore nel cuore», ha ammesso in aula la capogruppo al Senato Mariolina Castellone. Le defezioni quindi alla fine ci sono state, non con i voti contrari (come quello di Petrocelli) o le astensioni (solo due, alla Camera) ma con l'assenza in aula. In tutto una ventina di eletti nelle assemblee, solo una minoranza realmente giustificata per altri impegni o missioni.
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Un dissenso tutto sommato contenuto e considerato ammissibile da Conte, che in questa fase delicatissima si è ritrovato a condividere la linea d'azione con Di Maio; quella tra i due era e probabilmente rimane la faglia che più impensierisce i vertici.
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