Claudio Tito per la Repubblica
eva kaili
«Il Qatar è sulla strada giusta per le riforme in diversi settori, il Paese può essere considerato un riferimento per i diritti umani. Si tratta di sforzi encomiabili. Il Qatar ha avviato uno sviluppo positivo». Era il 2019. Ormai tre anni fa. Ma l'organizzazione dei mondiali di calcio era in pieno svolgimento. E Antonio Panzeri, che aveva da poco lasciato la presidenza della sottocommissione del Parlamento europeo per i diritti umani, usava proprio queste parole per descrivere la situazione nel Paese del Golfo Persico.
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La lunga marcia di avvicinamento a Doha, dunque, parte da quel momento. E da quel momento la "conversione" di molti esponenti del gruppo S&D, i socialisti europei, diventa quasi un segno distintivo. Almeno di quelli del "circolo" più stretto organizzato dall'ex eurodeputato e che fa perno su italiani o di origine italiana.
E così di conversioni ce ne sono diverse. E tutte pubbliche. Perché l'esigenza è soprattutto comunicativa. Basti pensare a Luca Visentini, capo del sindacato europeo e di recente "promosso" alla guida di quello mondiale. «Il Qatar - ha detto in una intervista di pochi mesi fa - dovrebbe essere visto come una storia di successo. La Coppa del Mondo è stata un'opportunità per accelerare il cambiamento e queste riforme possono costituire un buon esempio da estendere ad altri Paesi che ospitano grandi eventi sportivi». Nell'inchiesta dei magistrati belgi, del resto, il ruolo di Visentini emerge con chiarezza: l'obiettivo qatarino era dimostrare che anche i sindacati apprezzavano i presunti passi avanti sulla tutela dei lavoratori.
moglie e figlia di panzeri
Ma è il 22 novembre il giorno in cui si illuminano le luci sul palco e chi deve, si presenta. A Strasburgo, nella seduta plenaria del Parlamento europeo, si discute e si vota una risoluzione sul Qatar. Il testo unico Ppe-Pse viene bloccato. I socialisti si dividono. Durante la riunione del gruppo vengono presentati diversi emendamenti. Alcuni di loro si astengono, in dissenso con i colleghi (ad esempio l'italiano Cozzolino il cui assistente è Francesco Giorgi, uno dei fermati). Il dibattito pubblico mostra chi tra il gruppo S&D ha cambiato opinione sul Qatar.
La più clamorosa è Eva Kaili, vicepresidente greca del Parlamento: «Il Qatar è all'avanguardia nei diritti dei lavoratori, nell'abolizione della kafala (un sistema per cui il datore di lavoro è anche il tutore legale del lavoratore straniero). Alcuni qui chiedono di discriminarli. Li bullizzano e accusano di corruzione chiunque parli con loro o si impegni. Ma ancora, prendono il loro gas. Sono buoni vicini e partner. Hanno già raggiunto l’impossibile».
antonio panzeri 2
È il turno di Mark Tarabella (al momento non coinvolto nell'inchiesta ma molto vicino a Panzeri), deputato belga di origini italiane. «Restano ancora molti progressi da fare - spiega - ma è un Paese che ha intrapreso la via delle riforme. E l'organizzazione della Coppa del Mondo è stata probabilmente la molla che ha accelerato queste riforme. Bisogna riconoscere oggi, l'abbandono della kafala, questo sistema di dipendenza dei lavoratori. Così oggi, il discorso unilateralmente negativo mi sembra dannoso per l'evoluzione dei diritti in futuro in Qatar.
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Perché ciò che è importante è che, quando le luci della Coppa del Mondo si spengono, lo sviluppo positivo continui non solo in Qatar, ma in tutta la penisola arabica». Un'altra parlamentare belga di origini italiane e in buoni rapporti con Panzeri, Maria Arena (coinvolto nelle indagini un suo collaboratore, non lei), senza i toni entusiastici degli altri due colleghi ha cercato di fissare un punto di equilibrio. «Sì, come lei ha detto signor Commissario, il Qatar ha compiuto progressi. Oggi non c'è la kafala». Arena sottolinea però che «in alcuni settori, la kafala esiste ancora in un modo piuttosto speciale. E ci sono state violazioni, morti e il risarcimento è necessario. Dobbiamo lavorare con il Qatar per garantire che queste compensazioni abbiano luogo». La nemesi del "circolo" di Panzeri è fatta.
luca visentini