Giacomo Amadori per la Verità
andrea stroppa matteo renzi
Il report sventolato da Matteo Renzi alla Leopolda sulla presunta santa alleanza internettiana in chiave anti Pd di Lega e M5s e non solo si basava su notizie già note, ma anche su informazioni non verificate e in buona parte fasulle (quanto meno al momento in cui sono state rese pubbliche). La tiritera sul fatto che i siti riconducibili ai due partiti antisistema utilizzino una matrice comune per produrre fake news sarebbe essa stessa una bufala.
Per giustificare alcune analogie tecniche la spiegazione più plausibile è che i gestori si siano rivolti allo stesso webmaster (persona o agenzia), il quale ha cercato di monetizzare il traffico presente sui blog con gli stessi codici per i banner pubblicitari.
Eppure nei giorni scorsi il segretario del Pd si era vantato di «aver sgamato 5 stelle e Lega Nord», facendo sponda con il New York Times e il sito BuzzFeed e sfruttando la ricerca di un informatico a libro paga: Andrea Stroppa, consulente di Renzi, ma presentato da BuzzFeed come «come ricercatore indipendente sulla cybersicurezza».
LORENZO ROMANI
Una ricostruzione puntuale di quanto sia probabilmente accaduto si trova sul sito Valigia blu, diretto da Arianna Ciccone. Un' analisi che instilla più di in dubbio sull' originalità dei lavori del presunto enfant prodige della nostra informatica.
http://www.valigiablu.it/disinformazione-inchieste-renzi/
Infatti ad agosto un altro esperto, Lorenzo Romani, in un' intervista rilasciata al sito Affaritaliani, sarebbe arrivato alle stesse conclusioni di Stroppa, ma con qualche mese d' anticipo. Romani, esperto di open source intelligence (l' attività di raccolta di informazioni da fonti aperte su Internet), nei giorni scorsi ha cinguettato su Twitter: «Vorrei solo puntualizzare che i fatti di cui parla il New York Times in relazione ai siti di Salvini e pro M5s non sono uno scoop del consulente di Renzi, Andrea Stroppa, in quanto ne avevo già parlato ad agosto su Affaritaliani». (http://bit.ly/2zUC2kH)
Quindi aveva ripreso il giornalista statunitense Jason Horowitz del New York Times: «Ometti ancora che questa notizia è stata pubblicata ad agosto da Affaritaliani». Va precisato che Romani non è un astioso nemico del Pd, ma un membro dell' assemblea capitolina del partito di Renzi. Il 6 agosto scorso, dopo un attacco informatico alla piattaforma digitale Rousseau degli iscritti al Movimento 5 stelle, lo studioso aveva pubblicato su Twitter un' infografica accompagnata da questo testo: «Sito di @Noiconsalvini monetizza su stesso account AdSense di siti ed ex siti pro-Putin, M5s, complottisti, Novax e alieni.Perché?».
andrea stroppa e lapo elkann
Romani chiedeva inoltre ai più importanti quotidiani italiani se si fossero accorti della cosa. A incuriosirsi al tema fu però solo il sito Affaritaliani. Con cui Romani argomentò: «Insomma, alcuni siti riconducibili a M5s e Lega sembrano avere uno stesso "amministratore". Che "incassa" i soldi delle pubblicità... per farne quale utilizzo? Curioso, no?». Il giornalista domandò: «E tutto ciò può essere considerato illegale secondo lei?».
Romani lo negò con fermezza: «No, niente di illegale, per carità, e probabilmente si tratta di risorse piuttosto modeste» e aggiunse «che tutti i "nessi" esposti sono perfettamente legittimi e non sufficienti, di per sé, a formulare delle accuse». Infine Romani sottolineò che alcuni siti erano già inattivi. Forse, non essendo la notizia abbastanza strillata, passò quasi inosservata, salvo riesplodere quattro mesi più tardi, con l' appoggio dei media anglosassoni (imbeccati da Stroppa) e grazie allo show di Renzi, che ha sguainato alla Leopolda il report fotocopia del suo consulente.
andrea stroppa gianni riotta
Intanto l' ex referente di Stroppa dentro al gruppo hacker di Anonymous, Gianluca Preite, esperto di cybercrime, boccia il vecchio allievo: «Mi sono accorto che non si può conoscere la proprietà di molti dei siti segnalati da Stroppa, in quanto è protetta, un servizio offerto dal provider GoDaddy presso il quale sono registrati la maggior parte di essi. Altro elemento di cui mi sono accorto è che ad oggi, i famosi codici Google, almeno per i siti citati da Stroppa, non esistono più per quelli dei 5 stelle (info5stelle.info, videoa5stelle.info), mentre ci sono ancora sul sito noiconsalvini.org.
andrea stroppa cv
Non solo. Utilizzando uno strumento online come l' Internet Web Archive, si può verificare che, con ogni probabilità, questi codici sono stati eliminati dai siti dei grillini da circa dieci mesi. Infatti, in base ai miei controlli, l' ultima traccia risale a gennaio. Ma la notizia più interessante è un' altra: il sito videoa5stelle.info da ottobre non è più nemmeno online, essendo attualmente in vendita su GoDaddy».
andrea stroppa con john phillips
Sarebbero rimasti davvero pochi siti, rispetto a una galassia iniziale di circa 150 blog, a mantenere i codici Google segnalati da Stroppa & company. «Il codice Adsense in questione risulta condiviso ancora da circa 32 siti» continua Preite, «ma lo stesso programma che lo rivela non dice da quando e fino a quando ciò sia stato vero. Di fatto, verificando uno ad uno i siti, in molti casi risulta che questi codici siano stati rimossi».
Riassumendo: non solo molti dei siti citati da Stroppa non condividono più le matricole incriminate, ma qualcuna di queste pagine è stata persino cancellata.
andrea stroppa con il ministro degli interni israeliano
«Stroppa avrebbe dovuto controllare che nel momento in cui ha consegnato il report a Renzi, i dati che aveva riportato fossero quantomeno reali. Invece in buona parte non lo erano più» lo rimprovera il vecchio maestro.
Nel frattempo il giovane consulente di Renzi, dopo le critiche che gli sono piovute addosso, ha provato a recuperare credibilità con un rilancio da giocatore provetto: «Presto usciranno nuovi network che fanno disinformazione e spingono una specifica agenda politica», ha scritto su Facebook.
andrea stroppa
Quindi ha affondato il colpo: «Ma se come pensano alcuni, tutto questo è trasparente e legittimo, se queste persone che amministrano questi siti e queste pagine Facebook con milioni di iscritti «non fanno nulla di male», perché l' amministratore di uno dei principali network di disinformazione invece della sua foto si appropria e usa quella di un ragazzo, tra l' altro, morto in un incidente stradale? Tutto questo è a dir poco allucinante». Un bel promo macabro per la prossima puntata della sporca guerra delle fake news.