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    OH, JOVA! ESCE OGGI IL NUOVO DISCO DI JOVANOTTI REALIZZATO ASSIEME AL PRODUTTORE USA RICK RUBIN: "È STATO LUI A TRASFORMARE IL RAP DA GENERE UNDERGROUND A FENOMENO POP" - E NON SI DICE TURBATO DAL FATTO CHE IL SUO NOME (JOVANOTTI), COL PASSARE DEL TEMPO, POSSA FINIRE A FARE A CAZZOTTI CON LA CARTA DI IDENTITÀ: “E NEIL YOUNG, ALLORA?” - VIDEO


     
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    Marco Molendini per il Messaggero

     

    jovanotti jovanotti

     

    S commessa: essere Lorenzo tornando a sentirsi Jovanotti, trent’anni dopo. La prova viene da un album affidato alle mani di un mago abituato a comandare come Rick Rubin, che ha preso l’ex ragazzo fortunato, lo ha spogliato, smontato e rimontato. Ed ecco Oh, vita!, disco adulto, fatto di canzoni semplici, senza orpelli, frutto di un incontro inatteso: «Ho conosciuto Rubin per caso, a un party in America.

     

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    Poi, due anni dopo, s’è fatto vivo perché cercava una casa in Toscana. Siamo diventati amici e, un giorno, ha chiesto di ascoltare la mia musica. Poi mi ha detto: “Ho visto i tuoi numeri, non posso fare niente di più per te”. Ma quando gli ho portato venti demo a Malibu, mi ha guardato e ha aggiunto: facciamo un disco in Italia, fidati dime e dimentica tutto quello che c’è nei demo. Ripartiamo da voce e chitarra».

     

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    RITIRO L’album che esce oggi è frutto di un ritiro in una villa all’Impruneta («dove c’era il piano di Arthur Rubinstein», ci tiene a sottolineare Lorenzo) e dove le suggestioni cantautorali si mescolano all’antica passione dell’hip hop. Del resto Rubin è un padre del rap: «È stato lui a trasformarlo da genere underground a fenomeno pop» dice Jova, ricordando il lavoro con Run-Dmc, Beastie boys, Eminem. Di fronte a tale personaggio, Lorenzo, dopo averlo corteggiato, si è arreso, ha accettato di rinunciare all’armatura difensiva dei suoi dischi (l’accumulo di suoni), lasciando spazio alle sbavature, a piccole stonature, alla sua esse sibilante. Alla fine, canta meglio di come abbia mai fatto. «Tutti i pezzi sono incisi di fila, senza trucchi, senza autotune per correggere l’intonazione. A volte anche 30 - 40 take. Poi Rick sceglieva: voglio la sesta».

     

     

    fiorello jovanotti fiorello jovanotti

    Il risultato è un album scarno, che non rinuncia alla comunicativa, a volte elementare, tipica delle canzoni di Lorenzo, a una certa baldanza, e si fa forza su qualche invenzione di classe made in Rubin come associare il brano In Italia all’afrobeat di un maestro delle percussioni africane Tony Allen, il contrasto fra la voce distorta dal vocoder e il piano che accompagna in Amore mio, la semplicità di Paura di niente, la lunga coda strumentale del pezzo conclusivo Fame, le campionature di Dalla e dei Doobie brothers in Oh vita, il valzer alla Casadei, Sbagliato, trasformato in country, e chiuso da un rap in ¾ («prima non l’aveva mia fatto nessuno il rap a tempo di valzer») dominato da una chitarra acustica: «La chitarra elettrica è in crisi.

     

    Oggi un quattordicenne compra un ipad e vuol fare il dj. La chitarra acustica rivive, pensiamo a Ed Sheeran», sostiene Lorenzo, che già si prepara a trasferire la nuova avventura nei live: «Abbiamo provato un paio di settimane, quanto basta per capire che dovremo intervenire anche sul passato, tagliando, scarnificando, cercando di essere più rock’n’roll.

     

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    Come dice Rubin bisogna ottenere il massimo dando il minimo. La band è pronta: c’è anche una sezione fiati con Gianluca Petrella, jazzista di lungo corso e uno dei migliori trombonisti delmondo». Insomma, i giochi sono fatti: il nuovo Lorenzo non è più il ragazzino cresciuto accanto al Vaticano che la domenica andava a piazza San Pietro e sognava di diventare papa (lo ha raccontato lui), non è più il ragazzo che si presentò trent’anni fa da Claudio Cecchetto, e neppure il Lorenzo del 2015, che pure fece strage di stadi.

     

    jovanotti rubin jovanotti rubin

    Stavolta la scelta è di fare lunghe residenze nei palasport per dimostrare, ancora una volta, di essere all’altezza (lo ammette: questa è la molla che lo muove), sentendosi di nuovo Jovanotti (e infatti, sulla copertina del disco, è tornato a usare il suo nome d’arte «che tra i 35 e i 45 anni mi stava strettissimo»). E non lo turba affatto l’idea che quel nome, col passare del tempo, finisca per fare a cazzotti con la carta di identità: «E Neil Young, allora?» è la risposta. Il disco esce accompagnato da un libro (titolo Sbam!, come uno dei pezzi) che è una sorta di diario di bordo con vari contributi. Il tour debutterà a Milano il 12 febbraio con nove repliche, a Roma farà tappa al Palalottomatica per otto sere dal 19 aprile.

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