Fabrizio Dragosei per il "Corriere della Sera"
VLADIMIR PUTIN COL VACCINO SPUTNIK
Il Paese che per primo ha sfornato un vaccino e l' ha chiamato Sputnik, come il mitico satellite artificiale del 1957, sta combattendo contro una drammatica ripresa delle infezioni. La gente non si vaccina, le misure precauzionali sono state abolite in gran parte delle regioni e il Covid galoppa di nuovo. Vladimir Putin, preoccupato anche dalla diffusione della variante Delta, approva in pieno le nuove restrizioni che le autorità locali si trovano a dover imporre. Lui non ci mette la faccia, anche per non veder scendere la popolarità in vista delle elezioni parlamentari di settembre, ma è convinto che qualche cosa la Russia debba fare.
Vaccino Sputnik V
Nella giornata di venerdì si è registrato per la quinta volta consecutiva un nuovo record nel numero dei decessi: 697. Ieri pochi di meno, 663. In 24 ore ci sono stati più di 25 mila nuovi casi, in buona parte attribuibili alla variante Delta. È arrivato anche il più infettivo ceppo Delta Plus, diffuso in India, che, per ora, ha colpito solo un numero assai limitato di persone. La capitale si conferma come maggior centro dell' infezione con 116 morti in un giorno e quasi ottomila nuovi ammalati.
Il problema principale è che i russi continuano a non vaccinarsi, né con lo Sputnik V né con gli altri tre farmaci registrati nel Paese. Solo il 17 per cento lo ha fatto, con almeno una dose (il 12 per cento è completamente vaccinato). Questo, innanzitutto perché c' è un diffuso scetticismo e poi perché fino a pochi giorni fa tutti, a cominciare da Putin, continuavano a cavalcare trionfalmente la «sconfitta» del virus.
sputnik
E allora, diceva la gente, se il coronavirus è debellato, perché sottoporsi all' inoculazione? Il piano originale era di arrivare a un 60 per cento della popolazione immunizzata entro la fine di agosto. Ma ai ritmi attuali che pure sono migliorati rispetto a qualche settimana fa, il 60 per cento sarà raggiunto solo a novembre. Adesso si corre ai ripari, con Mosca e altre città che impongono il codice Qr (cioè un certificato di vaccinazione, guarigione o tampone non più vecchio di tre giorni) per poter entrare nei ristoranti e negli altri locali pubblici. Ma lontano dalla capitale, al massimo, si chiede di usare la mascherina al chiuso.