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    I RUSSI USANO L’ITALIA COME “LAVANDERIA”? – COME FA IL MILIARDARIO VALENTIN ZAVADNIKOV A COMPRARSI TENUTE IN TOSCANA E YACHT? – I PAGAMENTI IN PICCOLE TRANSAZIONI TRAMITE 13 SOCIETÀ OFFSHORE, CHE PARTONO TUTTE DA UNA PICCOLA BANCA LITUANA E ARRIVANO A QUELLE ITALIANE, SFRUTTANDO UN BUCO NERO NELLE NORME ANTI RICICLAGGIO – I LEGAMI TRA IL BANCHIERE ARMENO RUBEN VARDANYAN, I MOVIMENTI PER LA FAMIGLIA, GLI OLIGARCHI VICINI A PUTIN E IL PROCESSO ALL’EX UDC LUCA VOLONTE'


     
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    1 - "LAVANDERIA ITALIA", COSÌ I SOLDI RUSSI HANNO COMPRATO IL MEGLIO DEL BELPAESE

    Gianluca Paolucci* per “la Stampa”

    *Irpi - Investigative reporting project Italy, centro di giornalismo investigativo italiano che si occupa di inchieste transnazionali 

     

    Valentin Zavadnikov è un signore russo molto più che benestante e un grande appassionato di mare. Possiede uno yacht da favola, il Quinta Essentia ed è membro di un team che partecipa alle più importanti regate. È stato anche socio dello Yacht Club Costa Smeralda.

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    Per pagare la quota associativa e altri servizi dal 2005 al 2013 ha utilizzato tredici diverse società offshore, domiciliate da Panama alle Isole Vergini Britanniche. Un totale di oltre 60 mila euro che hanno in comune, oltre a Zavadnikov, anche un altro elemento non secondario: i soldi partono tutti dai conti di una piccola banca lituana, Ukio Bankas. La domanda ovvia è: che bisogno c' è di 13 società offshore in giro per il mondo per pagare poche migliaia di euro alla volta?

     

    Per rispondere a questa e altre domande La Stampa e Irpi (Investigative reporting project Italy) hanno analizzato circa 100 mila transazioni nell' arco di 10 anni, fino a metà 2017, provenienti da tre diversi database (Azerbaijani Laundromant, Russian Laundromat e l' ultimo, Troika Laundromat).

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    Un totale di circa 2 miliardi di euro, soldi russi finiti in Italia secondo un identico «schema» e serviti per comprare di tutto: tenute in Toscana e yacht, intere collezioni di grandi stilisti, macchinari per l' industria, l' architetto per la ristrutturazione dell' appartamento di lusso nel cuore di Mosca e l' idraulico per i piccoli lavori nella villa in Italia. Soldi di provenienza illecita o dubbia, finiti nei conti di banche italiane eppure sfuggiti ai controlli antiriciclaggio sempre più rigidi. Il sistema è identico: la società offshore ha un conto in una banca nei paesi baltici e da lì partono i soldi che arrivano in Italia.

     

    Il controllo spetterebbe alla banca baltica che però non lo fa e la banca italiana a quel punto è sollevata. Inoltre, «le transazioni sono troppo piccole (poche migliaia o anche centinaia di euro, spesso pagamenti con carta di credito, ndr.) e se a ricevere il pagamento è un esportatore abituale o una attività commerciale semplicemente non scattano gli allarmi antiriciclaggio», spiega un consulente finanziario indipendente consultato da La Stampa.

    quinta essentia, lo yacht di valentin zavadnikov quinta essentia, lo yacht di valentin zavadnikov

     

    Così un cittadino russo con i conti a Monte dei Paschi ha ricevuto un totale di 419,4 mila di euro con 39 bonifici tra la fine del 2005 e il 2012. Per 294,4 mila, tra gennaio 2008 e novembre 2010, la causale è «Donazione per Chiesa ortodossa russa» e a pagare è la Quantus division, una delle offshore utilizzate anche per pagare quote dello Yacht Club Costa Smeralda. Gli altri hanno causali diverse e arrivano da altre offshore. Con lo stesso schema vengono anche pagati, nel 2007, 380 mila euro all' allora Selex Communication (gruppo Finmeccanica-Leonardo) per la fornitura di sistemi radio utilizzati per le comunicazioni protette dalle forze di polizia di mezzo mondo, comprese quelle russe.

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    A comprare è però una società delle Isole Vergini, registrata presso un ufficio di Mosca: Azor Business limited. Un imprenditore russo, Dmitry Loshkov , compare tra gli amministratori ed è l' unica traccia non virtuale. Il conto della Azor è ancora presso Ukio Bankas. Zavadnikov, quello dei superyacht e della Costa Smeralda, è un personaggio chiave in questa storia. Un altro è Ruben Vardanyan, del quale leggete nell' altro pezzo in questa pagina.

     

    Ex socio di Beluga Group, uno dei principali produttori di superalcolici, Zavadnikov è stato anche socio di Troika Dialog, banca d' affari al centro della più recente «lavanderia» di denaro russo, quella che avrebbe messo in piedi la rete di società offshore. Accreditato da fonti russe di una ricchezza personale di circa 300 milioni Il «sistema» lo ha utilizzato spesso in Italia e per le spese più disparate.

     

    Nel 2008 una società a lui riconducibile, la cipriota Deepline Consultants, compra la Fattoria di Montemaggio srl, castello e vigne alle porte di Siena. La tenuta di Montemaggio viene pagata oltre 4 milioni di euro. Altri 4,4 milioni arrivano a Montemaggio dalla Deepline, con un ritmo costante di qualche decina di migliaia di euro al mese, tra il 2008 e il 2013. Il conto di arrivo è al Monte dei Paschi.Non è stato possibile riceve un commento dalla banca.

     

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    Ma se quello della Deepline è un caso limite, sono migliaia i pagamenti offshore per l' acquisto di beni e forniture che poi finiscono in Russia. Il perché lo spiega un consulente finanziario indipendente: gli importi piccoli e il fatto di essere destinati a aziende che sono esportatori abituali non fanno scattare gli allarmi. Anche l' azienda italiana è in regola: la merce è fatturata e le bolle di accompagnamento sono regolari. La frode è per il fisco russo, perché tra Italia e Russia le cose cambiano, gli abiti di lusso diventano semilavorati e i macchinari semplici pezzi di ricambio.

     

    I soldi arrivano in parte dalla Russia e il resto dalle società offshore, via banche baltiche. In un colpo solo l' importatore froda sui dazi, sull' Iva, sul reddito d' impresa. I soldi extra vanno ad alimentare il «sistema» offshore e la giostra riparte. Luisella Lovecchio, managing partner della società di consulenza per l' internazionalizzazione East-Int, lavora da venti anni con il mercato russo e di operazioni così ne ha viste infinite: «Era la prassi per fare export in Russia - spiega -. Adesso è più complicato a causa di una serie di cambiamenti normativi e sui controlli doganali». Ma finché è durato faceva comodo a tutti: l'azienda italiana era in regola, la banca almeno formalmente anche, l' importatore russo era il più contento di tutti.

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    Tra le banche di arrivo dei soldi la principale è Intesa Sanpaolo: oltre 400 milioni di euro transitano dai conti del gruppo. Poco meno di 400 milioni arrivano su conti UniCredit, a seguire Mps e Bnl. Nella speciale classifica ci sono poi due istituti molto più piccoli e ormai defunti: Popolare di Vicenza e Banca Marche. Nonostante le dimensioni ridotte (Banca Marche valeva lo 0,5% degli impieghi del mercato italiano al momento della risoluzione nel 2015) «gestiscono» in due oltre 100 milioni di euro di transazioni. No comment da parte di Unicredit, mentre Intesa dice che «in quanto primaria istituzione finanziaria dell' Eurozona intrattiene relazioni con i principali gruppi bancari europei, nel contesto di una prassi che prevede rigorose procedure di antiriciclaggio.

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    Nell' ambito di tali procedure sono previste specifiche misure di restrizione di relazioni, nel caso in cui emergano notizie relative ad un inadeguato rispetto delle norme antiriciclaggio da parte di eventuali controparti». Ma se la responsabilità per i controlli omessi o insufficienti per gli istituti italiani è marginale, per le banche di partenza gli allarmi ignorati sono ben più gravi. Dalla sola Ukio Bankas, chiusa nel 2013 dalle autorità lituane proprio per le carenze antiriclaggio, arrivano in Italia quasi 1,5 miliardi. Ma dopo la chiusura di Ukio lo schema non si interrompe: 43 milioni di euro arrivano dalla filiale estone di Danske Bank, al centro di uno scandalo per il riciclaggio di 230 miliardi di soldi russi verso l' Europa.

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    Circa 20 milioni da Banka Snoras, istituto lituano nazionalizzato nel 2011 e poi finito in bancarotta. Per Swedbank, dove l' ad ha appena perso il posto proprio per questa vicenda, solo due transazioni verso l' Italia: entrambe per il pagamento del soggiorno in un hotel di lusso a Bellagio, sul lago di Como.

     

    2 - LA RETE DELL' OLIGARCA: BENEFICENZA, ISTRUZIONE E LOBBY PRO-FAMIGLIA

    Gianluca Paolucci* per “la Stampa”

     

    Eventi di beneficenza alla presenza di George Clooney. Oligarchi russi sotto sanzioni americane. La rete mondiale dei movimenti per la famiglia. Il processo per corruzione a Luca Volontè. L' elemento che tiene insieme queste storie tanto distanti è l' infinito network di relazioni del banchiere armeno, con passaporto russo, al centro dello scandalo Troika Laundromat: Ruben Vardanyan.

     

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    Contatti a livello mondiale che sono un patrimonio dal valore incalcolabile. Ex Ceo della banca di investimenti privata Troika Dialog e una carriera dirigenziale iniziata a 23 anni, Vardanyan è passato per i board di oltre 30 fra banche e società, senza contare quelle anonime aperte in paradisi fiscali e riconducibili a lui o alla stessa Troika Dialog. Alcune di queste hanno versato circa 3,2 milioni di euro in conti correnti suoi o dei suoi familiari.

     

    «È difficile descrivere quanto fosse confuso il materiale pubblicato: imprecisioni grossolane, informazioni fuori contesto, interpretazioni e pure invenzioni», ha scritto Vardanyan sul suo sito dopo l' uscita dell' inchiesta sulla Troika Laundromat, pubblicata dal centro di giornalismo Occrp. Non ci sono accuse a suo carico. Però è un fatto che durante la sua direzione (2006-2012, anno della fusione con Sberbank) sia stato avviato un sistema opaco per far circolare il denaro dalla Russia all' Europa via offshore.

     

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    «Non è corretto» misurare le attività della banca con le regole antiriciclaggio di oggi, scrive ancora Vardanyan che sottolinea come l' istituto abbia «sempre operato nella legalità e nella trasparenza». Di casa in passato al vertice di Davos e in tempi più recenti alle Ted Conference, ha sempre predicato la necessità del dialogo e dell' istruzione. Uno dei centri di cui è supervisor, il Dialogue of Civilizations Research Institute (Doc), è molto vicino al Congresso mondiale delle famiglie (Wcf) la cui ultima edizione si è chiusa ieri a Verona. Fondato a Berlino nel 2002, Doc si presenta come una «piattaforma indipendente» che promuove un mondo «giusto e sostenibile senza conflitti».

     

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    Dal 2003 organizza ogni anno il Forum di Rodi, kermesse a cui partecipano oltre 300 tra imprenditori, politici, diplomatici, uomini della finanza provenienti da oltre 50 Paesi. Nel 2017 c' è stato Brian Brown, presidente del Wcf nonché ideatore del meeting internazionale delle famiglie, così come nel 2011 è apparso Larry Jacobs, direttore esecutivo dell' associazione, deceduto nel 2018.

     

    Uno dei fondatori di Doc è Vladimir Yakunin, legato a doppio filo con l' universo pro-life. Ex presidente della società ferroviaria nazionale russa, da sempre vicino a Putin, La Stampa ha già raccontato che suo figlio Andrey, in Italia, sta realizzando un resort di lusso in un castello in Umbria insieme a Vardanyan. I due si incrociano anche all' interno del fondo Gorchakov, struttura con un budget da 2 milioni di euro creata dall' ex presidente russo Medvedeev per coinvolgere la società civile nella diplomazia russa. Nel 2014 il Wcf doveva tenersi a Mosca. A marzo dello stesso anno, però, sono arrivate le sanzioni degli Stati Uniti agli oligarchi vicini a Putin come risposta all' annessione russa della Crimea.

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    Tra loro c' era anche Yakunin. Tra gli effetti immediati di queste misure c' è stata la sospensione del meeting, rimpiazzato da una versione "light" solo con soldi russi. Yakunin è stato tra gli sponsor principali. A Mosca tra gli altri rappresentanti italiani c' era Luca Volontè, già presidente del gruppo Ppe al Consiglio d' Europa, con la sua Fondazione Novae Terrae.

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    Come riporta Notizie ProVita, voce principale del Congresso di Verona, all' evento l' ex parlamentare ciellino diceva che «la corruzione delle democrazie dipende anzitutto dai soprusi dei governanti, quali i matrimoni omosessuali e le unioni civili». Ironia della sorte Volontè è oggi a processo per corruzione internazionale a Milano. In primo grado è stato assolto dall' accusa di riciclaggio. Secondo la procura, la sua Novae Terrae - attraverso lo stesso sistema di "lavatrici" qui esaminato - nel 2013 avrebbe incassato 2,4 milioni di euro da quattro società.

     

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    Altri soldi, sempre offshore, sono andati alla società della moglie, la Lgv srl. Scopo dei bonifici, arrivati dalla filiale estone della Danske Bank, è quello di spingere la bocciatura nel 2013 in seno al Consiglio d' Europa del rapporto Strasser, relazione sui prigionieri politici azeri. A pagare sarebbero stati uomini legati alla famiglia Alyiev, al potere in Azerbaijan dalla fine della fine dell' Unione sovietica. Chiusa l' esperienza politica, a Volontè restano il popolo pro-life e i meeting internazionali cui prende parte anche con la nuova casacca della Fondazione CitizenGo.

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