Margherita De Bac per corriere.it
cintura di sicurezza
I seggiolini non piacciono agli italiani. Meno della metà li usa quando trasporta i bimbi in auto, esattamente il 44,1%. Chi affida i piccoli alle braccia del passeggero, spesso accanto al guidatore. Chi li lascia sul sedile posteriore, agganciati alla cintura per adulti. Senza valutare il rischio cui i bambini sono esposti, anche in caso di tragitti brevi. E c’è da domandarsi cosa succederà a marzo con l’applicazione delle multe per la mancata installazione degli allarmi antiabbandono del bebè se già tante infrazioni vengono commesse su norme di vecchia data.
Non depongono bene i dati, raccolti dal sistema di sorveglianza dell’Istituto superiore di sanità, sull’impiego dei dispositivi di sicurezza nell’ambito del progetto Ulisse finanziato dal ministero delle Infrastrutture. Lo studio completo sta per essere pubblicato su riviste di settore ed è unico nel suo genere per l’ampiezza del campione (il 17% delle automobili circolanti in Italia, 28 città monitorate) e per il metodo di rilevazione.
SEGGIOLINI E CINTURE, I DATI DELLO STUDIO DELL’ISS
seggiolino
I ricercatori coordinati dall’epidemiologo Marco Giustini sono scesi in mezzo al traffico, piazzandosi nei paraggi di incroci stradali (urbani ed extraurbani) per osservare il comportamento dei conducenti in fase di rallentamento della velocità e riportare su una app quanto hanno visto. I risultati sono stati sorprendenti. Sui seggiolini l’Italia non è diligente, in compenso ha vinto la sfida del casco, il cui obbligo per gli adulti è in vigore dal 1992 dopo aver interessato solo i minorenni. Negli oltre 37 mila casi rilevati dai ricercatori, lo indossavano la quasi totalità dei motociclisti, 100% al nord, 99,6% al centro e 94% al sud che si è preso la sua bella rivincita rispetto al passato. C’è stata una decisa presa di coscienza.
cintura di sicurezza
Differenze profonde restano invece nell’impiego delle cinture di sicurezza anteriori. Anche gli automobilisti del nord non sono sufficientemente diligenti, la percentuale di chi le indossa si ferma all’82,6% contro il 67% del centro e il 36,3% del sud. Le cinture di sicurezza posteriori rimangono quasi sconosciute e residuali. Anche in Lombardia e Veneto le sfruttano soltanto due persone su dieci. È una novità il dettaglio sui comportamenti nelle 28 città. Anche qui è profonda la disparità. A Bolzano e Trento i conducenti sono ligi all’obbligo di allacciare le cinture, il centro ha una media del 70%, a Napoli, Bari e Reggio Calabria le trasgressioni sono la normalità.
Ogni sito di osservazione è stato monitorato 4 volte in stagioni diverse, sono state scelte diverse tipologie stradali. Giustini ha personalmente seguito quanto succedeva a Roma in zona Tuscolana, tempo di permanenza sul luogo un’ora per tutte le sentinelle. Si calcola che se ci fosse il rispetto delle norme sui dispositivi di sicurezza ogni anno si potrebbero risparmiare 327 morti per incidenti stradali, stabili da alcuni anni su un bilancio di 3.300 vittime. Il numero non accenna a scendere, segno che bisogna ricorrere ad altro. Iniziative su cinture e seggiolini potrebbero fare la differenza. «L’operazione sarebbe oltretutto a costo zero. Basterebbe diffondere meglio le informazioni sui vantaggi di proteggersi. Se tutti diventassimo osservanti come gli svedesi conteremmo tante vittime in meno sulla strada», commenta il ricercatore.
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