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Giulia Zonca per la Stampa
Il costo della sconfitta brucia. Milioni sperperati nel falò di un singolo risultato, magari di una delusione figlia di regole in via di possibile revisione: il fallo di mano, il gol doppio in trasferta.
Ma il dettaglio che firma l' uscita dalla Champions non lascia eredità. Chi ha investito milioni a fondo perduto per anni e non ha visto neanche l' ombra di una finale ora affronta il fallimento.
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Il Manchester City è l' ultima squadra a cui non tornano i conti. Come il Psg o anche lo United, tutti persi dietro una rincorsa che evidentemente non si può comprare. Non che i soldi non servano, il Barcellona investe parecchio e rende anche, ma pompare disperatamente campioni pagati cifre paraboliche dentro rose stellate non è la ricetta. Forse il mix di ingredienti perfetti per arrivare al successo non esiste, le variabili sono troppe e i modi per arrivare alla vittoria finale diversissimi. Però c' è una costante nella disfatta.
Il senso del guru per la Coppa Il City ora gioca bene, non aveva la mentalità e gli sceicchi hanno preso Guardiola per costruirla. Lui ha smontato un giocattolo milionario e ha voluto pezzi di ricambio ancora più pregiati. L' uomo che ha vinto due Champions con il Barcellona a cambiare la testa del club che avrebbe dovuto lasciare il segno. Alla prima stagione sulla panchina dei Citizens va fuori con il Monaco, poi, il gruppo che in casa non ha problemi di dominio, (è campione in carica in Premier) perde due derby di fila, sempre ai quarti.
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L' anno scorso il Liverpool e adesso il Tottenham che ha profuso fondi infinti nel nuovo stadio ma non ha speso un euro in giocatori negli ultimi 18 mesi. Il City invece ha messo sull' altare della Champions 633,24 milioni. Il gioco c' è, i tifosi si divertono ma l' Europa resta un miraggio e il tecnico con le mani in testa, in ginocchio, sul campo che lo ha condannato per l' ennesima volta è la foto che resta sul conto del 2019.
La Champions non si acquista e nemmeno si doma con i guru della tattica. Non con il collaudato Guardiola, non con l' emergente Tuchel anche lui voluto al Psg per guidare una svolta e costretto a replicare sempre lo stesso film. Nonostante i 400 milioni investiti nel talento assicurato di Neymar e Mbappé.
Fuori agli ottavi, fuori ai quarti, a casa anche il Manchester United che ha rivoluto Pogba per riprendere la verve perduta e ci ha puntato sopra 90 milioni senza cambiare carattere. Neppure il revival di Solskjaer, gloria degli anni d' oro diventato allenatore, è bastato per superare il turno. Almeno davanti si sono trovati il Barcellona che ha fatto campagne acquisti anche più sostenute di loro.
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Se il denaro non risolve e la personalità neanche, la Champions resta un enigma.
Nella classifica delle deluse ci sono anche il Real Madrid e la Juventus, le due vittime dell' Ajax e i bianconeri si sono fatti più male perché hanno costruito la stagione su Ronaldo. Quindi nemmeno il crac risolve il rebus e qualcuno comincia ad avere cicatrici profonde.
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Il Real ha vinto tre volte di fila e non aveva neppure considerato l' ipotesi di un replay, perdere contro gli olandesi non era preventivato ma l' annata va sotto il segno del basso profilo e per la piazza il ritorno di Zidane è già una soddisfazione. La Juve patisce però pure lei ha frequentato finali recenti, la strada, almeno, la conosce. Manchester City e Psg invece si sono indebitate, hanno in casa gli ispettori dell' Uefa e ogni sei mesi affrontano nuove inchiesta con la minaccia di essere esclusi dalla Coppa che le sta torturando. A questo punto allontanarsi dall' ossessione sarebbe almeno una tregua.
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