Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
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Doveva essere una cerimonia d'incoronazione. Doveva essere l'evento che consacrava Annalena Baerbock come regina dei Grünen e prima candidata ufficiale alla cancelleria nella storia del partito ambientalista tedesco. Doveva essere il botto d'inizio di una campagna elettorale, che per la prima volta in oltre quarant' anni vede i Verdi ambire credibilmente alla guida del Paese. Lo è stato, ma solo in parte. Il congresso che si chiude oggi a Berlino ha cercato piuttosto di limitare i danni di un avvio disastroso della corsa verso il voto del 26 settembre, rimettendo sui binari il treno ecologista.
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Un esordio segnato da incredibili errori, quasi tutti autoinflitti, di Baerbock, nonché dall'eterno richiamo della foresta, che vuole l'ala fondamentalista del partito (questa volta ringalluzzita dai giovani di Fridays for Future ) avanzare richieste massimaliste il cui effetto principale è spaventare gli elettori centristi, oggetto del desiderio del nuovo corso del partito. Va subito detto che nonostante il calo nei sondaggi registrato nelle ultime settimane, le prospettive dei Grünen rimangono promettenti.
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Non sono più davanti alla Cdu-Csu, com' era accaduto in maggio dopo la nomina di Baerbock a Kanzlerkandidatin , ma restano pur sempre intorno al 22% delle intenzioni di voto, contro l'8,9% delle elezioni del 2017 e con un ritardo di appena 6 punti rispetto ai conservatori. In questo senso ha ragione il co-presidente Robert Habeck, che aprendo il congresso ha definito quella in corso «la campagna elettorale della nostra vita». L'opinione prevalente di analisti e commentatori è che, comunque andrà a finire in autunno, i Grünen saranno parte della prossima coalizione di governo.
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Ma i dolori della giovane Baerbock, passata in un solo mese da un'approvazione del 60% a meno del 30%, rimangono. E obbligano lei e il partito a un cambio di marcia. Com' è stato possibile un simile crollo? Un misto di dilettantismo, sciatteria, vanità, sottovalutazione della sfida e, non ultimo, misoginia ha prodotto la miscela esplosiva. Prima sono stati i bonus (legittimi e correttamente denunciati al fisco) pagati dal partito a Baerbock ma comunicati in ritardo al Bundestag, come prevede il regolamento sulla trasparenza degli introiti dei deputati. Poi sono venuti gli abbellimenti o le imprecisioni scoperte nel curriculum della giovane candidata, che per esempio si è definita membro del German Marshall Fund quando invece ne è stata solo una borsista.
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«Sono stata sciatta», ha detto Baerbock, ammettendo gli errori e scusandosi. Troppo tardi, tuttavia, per impedire le critiche dei media tradizionali e degli avversari, ma soprattutto la canea dei social network, dove comunque già prima che emergessero le gaffe, Baerbock era stata oggetto di calunnie, tweet sessisti e fake news. Gli errori non sono stati soltanto suoi. Anche Habeck, il filosofo prestato alla politica, ha creato confusione proponendo durante una visita in Ucraina, di fornire «armi difensive» a Kiev, in contrasto con la linea ufficiale del partito, salvo poi doversi rimangiare tutto.
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I Verdi vogliono però ora «guardare avanti e lottare». Confermata con il sostegno di 678 delegati su 688, un'impressionante dimostrazione di unità pari al 98.5% dei voti, Baerbock ha subito cercato di rilanciare la propria immagine con un discorso combattivo e appassionato. «La nuova economia sociale di mercato dovrà essere anche ecologica», ha detto, lanciando la proposta di un «patto con l'industria tedesca», in base al quale «lo Stato rimborserà tutti i costi aggiuntivi che le aziende dovranno sostenere per rendere le proprie produzioni climaticamente neutrali».
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Baerbock ha anche detto che con i Grünen al governo, la chiusura delle centrali a carbone dovrà avvenire «in tempi molto più rapidi di quelli programmati finora». Il Congresso affronta anche la sfida dei fondamentalisti, che hanno proposto una valanga di emendamenti al programma elettorale. Volevano per esempio aumentare la tassa sulle emissioni di CO2 da 60 a 80 euro la tonnellata entro il 2023. La proposta è stata respinta. Un'altra richiesta è l'aumento al 48% (il programma prevede 45%) dell'aliquota massima sui redditi delle persone fisiche superiori a 100 mila euro
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