Paolo Giordano per ilgiornale.it
Fra tutte le icone, è la più iconica di tutte. Donna, rock, gay. Per di più è alta come un cestista, ha un sorriso panoramico e non le manda mai a dire.
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Il successo di Skin è più merito di Skin che dei suoi Skunk Anansie, ottima band ma sempre ancorata alla medietà. A far la differenza c'è sempre stata lei, al secolo Deborah Anne Dyer, classe 1967, che adesso nella autobiografia It takes blood and guts... (scritta con Lucy O'Brien) racconta come la figlia ribelle di genitori giamaicani sia partita dalla periferica Brixton per arrivare in pochi anni al centro della musica.
Sì certo, qualche brano forte che girava in radio e nelle playlist (You'll follow me down oppure My ugly boy, per esempio) ma a far la differenza è soprattutto la sua personalità che ha colpito tutti. Qui in Italia il grande pubblico la riconosce anche per la giuria con Elio, Fedez e Mika a X Factor, il talent show che ha mostrato il suo talento da queste parti. Ma la sua fama va oltre questi confini e questa autobiografia spiega perché (e lei lo fa parlando via Zoom da Ibiza).
Intanto perché intitolare una autobiografia Ci vuole sangue e fegato?
«Perché nella mia Inghilterra è un modo per rendere l'idea di un casino. Ho voluto dire che è stato bello complicato fare cosa ho fatto. All'inizio non pensavo valesse la pena raccontarlo in un libro. Poi mi sono detta: perché no? E ho iniziato a scrivere».
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Andiamo per gradi: la prima difficoltà?
«Beh prima quella sociale: sono cresciuta in una parte di Londra molto problematica e assai trascurata dal governo, specialmente ai tempi della Thatcher. Ero adolescente quando fuori da casa mia la gente protestava e c'erano molti disordini. Lì ho imparato molto, lì si è formata una parte del mio temperamento».
E poi?
«Ci sono state le difficoltà musicali. In Gran Bretagna negli anni Novanta se facevi rock dovevi essere come i Blur o gli Oasis, era molto complicato per un gruppo che aveva una donna nera come cantante. I giornalisti, poi: erano molto scettici, freddi. Quando vedono una novità, generalmente ne sono impauriti e la giudicano male».
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Com'è diventata musicista?
«Mio padre mi ha regalato una chitarra quando avevo otto anni e io ero immersa in una realtà musicale fatta principalmente di reggae e black music. Ho scoperto il rock soltanto ascoltando i Led Zeppelin».
Poi ha formato gli Skunk Anansie, che del rock sono diventati portabandiera.
«Con me come cantante, hanno pagato un prezzo dieci volte più alto del normale per riuscire a farsi notare. Sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti».
Dice di aver pagato un pedaggio così alto perché era dichiaratamente omosessuale?
«No, ho pagato questo prezzo perché ero una donna rock, non una donna gay».
Rob Halford dei Judas Priest ha atteso molto tempo a fare coming out sulla sua sessualità.
«Beh il pubblico metal è un pubblico macho, è più difficile senza dubbio».
Su Instagram qualche settimana fa ha in sostanza annunciato il suo (secondo) matrimonio, quello con la canadese Ladyfag, che ha 44 anni e si chiama Rayne Baron. Quando vi sposerete?
«C'è tempo, possiamo aspettare anche due anni, mica vogliamo sposarci su Zoom». (ride e la risata di Skin fa scuotere pure il display - ndr)
Ovvio, ora i matrimoni sono, diciamo, solo per pochi.
«Ho iniziato il lockdown a New York e ci sono stata per quattro mesi: lì l'hanno presa molto seriamente. Poi sono tornata in Gran Bretagna e ho visto che pochissimi avevano la mascherina. Hanno sottovalutato il problema e ora mi sembra che ne stiano pagando le conseguenze, purtroppo».
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