Estratto dell’articolo di Paolo Russo per “la Stampa”
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Il doppio lavoro dei medici divide il mondo della sanità, mentre al ministero dele Salute si sta pensando, se non a una stretta, a nuove regole che impediscano si arrivi ad avere ospedali che fanno più attività nei reparti solventi che nel pubblico, come documentato dall’Agenas in una sfilza di strutture sparpagliare in ben 16 regioni.
La parole del padre dell’Istituto farmacologico Mario Negri, Silvio Garattini, che propone di abrogare l’intramoenia, ossia le visite private negli ospedali, in cambio di un aumento del 30% degli stipendi, hanno di nuovo aperto un solco tra sostenitori e avversari dell’attività libero professionale che i medici possono fare all’interno delle strutture pubbliche, fuori dall’orario di lavoro e cedendo il 20% della parcella alla stessa azienda sanitaria da cui dipendono.
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Secondo i medici è un falso problema, perché le liste di attesa si allungano causa carenza di professionisti non per l’attività che questi svolgono privatamente. Per chi si occupa dei problemi di gestione in sanità invece c’è necessità di mettere dei paletti. […] Parole che rischiano di non far dormire sonni tranquilli ai camici bianchi, che saranno anche i meno pagati d’Europa, ma che nel 42% dei casi rimpinguano lo stipendio con il doppio lavoro, come mostra la relazione di ministero della Salute e Agenas appena consegnata al Parlamento.
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Nel 2021, al netto del 20% dovuto ad Asl e ospedali per la messa a diposizione dello studio, i 45 mila medici che fanno l’intramoenia si sono messi in tasca un miliardo e 86 milioni, che sommati al miliardo e 169 mila euro dell’indennità di esclusiva, aumentata del 27% nel 2021, fanno in totale 45 mila euro a testa per lavorare privatamente in ospedale rinunciando a fare affari in clinica. […]
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«Le accuse all’intramoenia si commentano da sole e non tengono conto della realtà dei fatti», va giù duro Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao, il più grande sindacato dei medici ospedalieri. Che poi spiega: «Il numero dei medici in rapporto esclusivo che esercitano la libera professione è diminuito dal 2013 al 2021 di 10.198 unità. Questo perché appena il 30% dei ricavi della prestazione è, al netto di tasse e contributi, guadagno del medico. Le aziende, invece, incassano 250 milioni l’anno, da destinare in parte a progetti di riduzione delle liste di attesa di cui, in verità, non si vede traccia». Quelle liste che - comunque la si giri - finiscono per arricchire il privato.