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Più tempo e più attenzione per la sfera privata. Come noi anche Spagna e Polonia
Nel modo in cui si relazionano alle conseguenze dalla pandemia, ci sono due aspetti che differenziano gli italiani dai cittadini di altri Paesi europei che pure hanno subito duramente la crisi sanitaria da coronavirus: la paura per il futuro economico e l'ansia per la famiglia. La maggioranza (il 53%) degli italiani è preoccupata innanzitutto di perdere il lavoro o che la propria impresa fallisca nei prossimi mesi, e solo in seconda battuta (il 49%) teme per la possibilità di ammalarsi.
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In questo contesto, i legami affettivi sembrano avere solo in parte una funzione consolatoria. Il 65% degli italiani, più di altri europei, sottolinea come la pandemia gli abbia concesso più tempo per la famiglia, ma anche in questa dimensione privata prevale un senso di apprensione. Il 51% dice che il nucleo familiare è stressato emotivamente dalla crisi del coronavirus, percentuali simili si riscontano solo in Spagna e in Polonia.
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«In questi Paesi le strutture familiari tradizionali e multigenerazionali sono particolarmente importanti, i decessi familiari e l'allontanamento sociale mettono a dura prova le persone», riflette Peter Mannott di YouGov, che ha condotto il sondaggio in nove Paesi europei. È anche vero che in Italia, come in parte in Spagna e in Francia, il governo ha adottato misure dure e questo «ha avuto un impatto forte sulla vita privata delle persone».
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Il 92% degli italiani dice di aver ridotto molto la frequentazione con gli amici in questi mesi, la percentuale più alta registrata in Europa. Lo confermano anche i ragazzi più giovani, quelli che hanno tra i 18 e i 24 anni e che sembrano patire di più l'isolamento e le restrizioni. L'84% esce meno con gli amici e questo - unito alla chiusura delle scuole e delle università - spiega una insofferenza crescente per le restrizioni alla libertà personale. Tra i 18-24enni infatti prevale l'idea che le regole del governo siano più che sufficienti, lo dice il 43%, un dato che è quasi il doppio rispetto a quello delle altre fasce di età. Stare in casa dal loro punto di vista non aiuta nemmeno il lavoro o lo. studio: per il 73% dei ragazzi tra i 18 e 24 anni l'homeworking non ha avuto un impatto positivo.
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