Fabrizio Roncone per “Sette - Corriere della Sera”
SIMONETTA MATONE
A Roma è tutto un gran parlare del candidato sindaco imposto da Giorgia Meloni alla coalizione di centrodestra, un certo cavalier Enrico Michetti di anni 55, docente di diritto pubblico a Frosinone, sconosciuto alla quasi totalità degli abitanti della Capitale ma non a quelli che ogni tanto si sintonizzano su una radio locale e lo sentono urlare con la voce del tribuno – «Io rappresento la plebe!» – infilando gaffe già memorabili e invocando saluti romani, citando Cesare Ottaviano Augusto e immaginando che Roma possa tornare caput mundi – va comunque precisato che ai sit-in elettorali, per adesso, arriva ancora in macchina e non su una biga.
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Ingiustamente si parla molto meno della sua vice, anzi della sua pro-sindaca, come lei stessa ha voluto definirsi: e cioè di Simonetta Matone, sostituto procuratore presso la Corte d’Appello di Roma ma, per anni, al Tribunale dei minori, storica ospite di Bruno Vespa e formidabile frequentatrice di quei salotti romani tipo Grande Bellezza, dove puoi incontrare un cardinale che parla con l’amante in minigonna di un ministro, mentre il ministro fa finta di niente e, al buffet, s’ingozza con mozzarella di bufala e olive ascolane.
simonetta matone matteo salvini
Matone è un giudice di mondo. Veloce, simpatica, colta. Ha già spiegato ai cronisti la sua bozza di programma, che gira intorno a due punti banalotti: maggior attenzione alle periferie e a chi è più emarginato.
enrico michetti ringrazia edoardo vianello foto di bacco (1)
Però meglio lei del mitico Michetti, che un programma invece proprio non ce l’ha: «Ma ho chiaro che i romani non avrebbero mai costruito le piramidi perché pensavano a ponti e acquedotti!» (da qui a ottobre, quando si voterà, il tipo può regalarci molte soddisfazioni).
Comunque: coppia di candidati scoppiettante. Matone è stata scelta da Matteo Salvini, che a Roma non sapeva chi candidare (non è molto inserito in città: a parte l’amicizia – poi allentata – con i camerati di CasaPound, gli fa tutto Claudio Durigon, che però è di Latina).
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Al Foglio, Matone ha soffiato: «Nei sondaggi, in verità, ero molto più alta di Michetti come popolarità: io al 47 e lui al 19». E allora perché Salvini ha accettato di vederla candidata solo come n° 2 al Campidoglio? Perché – raccontano perfidi – l’eventuale sconfitta elettorale di Roma vuole accollarla tutta alla Meloni (e al suo Cesare Ottaviano Augusto).
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