Alessio Di Sauro per www.corriere.it
TUNISIA - IL RESORT SPORCO E CON CIBO CRUDO
Lenzuola macchiate di sangue, insetti nei piatti, buchi nelle pareti. Eppure «Bravo Club» — brand del gruppo Alpitour — aveva scomodato financo i poemi omerici per pubblicizzare il suo villaggio turistico in Tunisia: «Alla fine della sua Odissea, Ulisse ha fatto ritorno a Itaca — si legge nella brochure — ma solo perché all’epoca non avrebbe potuto fermarsi al Bravo Yadis Resort».
Forse, dopo avere affrontato Polifemo, sarebbe stato troppo anche per l’eroe acheo: questo almeno suggerirebbero i racconti di una cinquantina di avventori dell’albergo maghrebino. L’odissea, quella vera, l’avrebbero vissuta loro, più di venti famiglie accomunate — in gran parte — dalle origini lombarde e dalla voglia di trascorrere qualche giorno di villeggiatura sulle rive del Mediterraneo. Ora, fotografie alla mano, denunciano un soggiorno surreale.
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La replica Alpitour: «Lamentele rarissime, efficienza come da prassi»
Dal quartier generale di Torino, il gruppo Alpitour contesta la ricostruzione degli ospiti: «Si tratta di un hotel a quattro stelle — si legge in una nota della società — in cui dall’inizio della stagione hanno soggiornato allo 1.506 ospiti: solo lo 0,005% di loro ha espresso il desiderio di cambiare struttura, e li abbiamo ascoltati e assistiti. Il nostro personale è italiano, il servizio è stato efficiente e professionale come da prassi».
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La denuncia: «Sporcizia e struttura pericolosa»
Le testimonianze dei turisti contestano però la versione della società. L’itinerario era lo stesso per molti: partenza da Malpensa, destinazione Djerba, dove avrebbero trovato — tra le altre cose — animazione e cucina italiani.
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Speranza vana, secondo i villeggianti: «Abbiamo da subito constatato che di personale italiano non c’era ombra — racconta Loretta Bezzetto, milanese —: e le condizioni dell’hotel erano disastrose. Il cibo era praticamente crudo, e in più occasioni è capitato che i camerieri rimettessero nei piatti quanto era caduto in terra. Le camere erano sporche, le lenzuola non venivano mai cambiate: vi abbiamo trovato peli e macchie rosse, sembrava sangue». Ma non solo: «Una mattonella si è staccata dalla parete sfiorando mia figlia», continua Bezzetto.
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Dello stesso avviso Stefania Di Matteo, che aveva prenotato sette giorni in compagnia della madre: «Le pietanze del buffet venivano scaldate con lampade alogene posizionate ad altezza uomo: un giorno una di queste è esplosa ustionando una ragazza. Ai bambini il personale serviva panini che venivano scongelati sotto il sole».
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Le testimonianze fotografiche parlano di cavi elettrici scoperti, moquette sudicia, docce arrugginite, asciugacapelli in camera assicurati alla bell’e meglio con del nastro isolante, acqua che fuoriesce dalla base dei sanitari, muffa alle pareti. «Mia figlia ha trovato una mosca morta all’interno di un hamburger», racconta Fabio, di Luino, nel Varesotto, che preferisce restare anonimo. Rincara la dose Stefano Fabbri: «Aria condizionata e frigo non funzionavano: ho dovuto lasciare gli omogenizzati di mia figlia al caldo».
Il nodo dei trasferimenti
I villeggianti chiedono allora il trasferimento in un’altra struttura, ma non tutti sarebbero stati accontentati: «Nella mia stanza c’era un buco nel muro — spiega Giuseppe D’Assisi, pavese —, ma i responsabili continuavano a ripetere di non potere fare nulla. Solo dopo avere minacciato di contattare l’ambasciata ho ottenuto una nuova sistemazione». Altri lamentano minor fortuna: «A me nessuno ha proposto nulla», chiosa Bezzetto. Ma il gruppo Alpitour non ci sta: «Siamo sempre venuti incontro alle esigenze dei clienti e accordato loro soluzioni alternative»
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