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    “IL 94% DEI COMUNI ITALIANI È A RISCHIO FRANE, ALLUVIONI ED EROSIONI COSTIERE” - IL CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE, FABRIZIO CURCIO, LANCIA L’ALLARME DOPO LA TRAGEDIA DI CASAMICCIOLA: “SONO STATE CENSITE 625 MILA FRANE DI CUI UN TERZO A CINETISMO RAPIDO. FATICHIAMO A FARE UNA CLASSIFICA PERCHÉ IL PERICOLO È MOLTO ESTESO. DOBBIAMO MIGLIORARE COSTRUZIONE DI ARGINI DEI FIUMI, VASCHE DI ESPANSIONE, BRIGLIE PER FAR DEFLUIRE L'ACQUA. SPESSO CAPITA CHE SI VERIFICHINO DELLE PIANIFICAZIONI EDILIZIE SBAGLIATE, NONOSTANTE SIANO IN REGOLA CON LA LEGGE, IN AREE DOVE LA NATURA RECLAMA I SUOI SPAZI”


     
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    Grazia Longo per “la Stampa”

    fabrizio curcio fabrizio curcio

     

    Ieri mattina il capo della protezione civile Fabrizio Curcio è volato a Ischia per un sopralluogo sul terreno del disastro. E mentre commenta l'ultima emergenza lancia l'allarme: «Il 94% dei Comuni è a rischio frane, alluvioni ed erosioni costiere».

     

    Che situazione ha trovato sull'isola?

    «Molto complicata: la colata di fango e detriti ha investito edifici e ha trascinato fino al mare ciò che ha trovato. In pratica è venuto giù un pezzo del monte Epomeo. A 24 ore dall'evento c'è una grande attività in corso per la ricerca dei dispersi e per l'assistenza alla popolazione da parte di Vigili del fuoco, forze dell'ordine, soccorso alpino e tanti volontari».

     

    UNA CASA SOSPESA SUL MONTE DEVASTATO DALLA FRANA A CASAMICCIOLA UNA CASA SOSPESA SUL MONTE DEVASTATO DALLA FRANA A CASAMICCIOLA

    Com' è organizzata la macchina dei soccorsi?

    «Il sistema operativo ha funzionato, anche perché sull'isola c'era un presidio dei Vigili del fuoco che si è subito attivato grazie anche alla collaborazione dei volontari. Sul campo sono inoltre impegnate altre componenti che prestano aiuto con l'ausilio di cani, droni, l'elicottero notturno del vertice interforze. Strumenti particolari per un evento straordinario in azione in modo complementare. Nonostante il maltempo, i tempi di attivazione sono stati rapidi».

     

    In appena 6 ore sono caduti sull'isola 120 millimetri di pioggia. C'è dunque il problema di troppa acqua, ma anche di troppo cemento considerate tutte le opere di abusivismo edilizio recentemente condonate per effetto del decreto Morandi.

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    «Il tema della presenza antropica e il rapporto con la natura è tipica di questi rischi. L'abusivismo edilizio costituisce sicuramente un problema, ma in tante altre zone pur mancando costruzioni abusive si verificano comunque dei disastri ambientali. A Ischia c'è un abusivismo acclarato e quindi il rischio è maggiore. Ma spesso capita che si verifichino delle pianificazioni edilizie sbagliate, nonostante siano in regola con la legge, in aree dove la natura reclama i suoi spazi e dove quindi non si può vivere in piena sicurezza. L'assioma disastro ambientale uguale abusivismo edilizio non sempre funziona».

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    A Ischia c'è anche il problema della manutenzione del monte Epomeo. Come intervenire?

    «Sinceramente non ho una conoscenza approfondita della questione. C'è tuttavia il tema generale della manutenzione delle montagne: scarsa pulizia dei boschi e dei sottoboschi, mancata cura dell'area fluviale. Occorre sicuramente insistere di più con la pulizia ma è necessario anche accelerare i tempi delle pratiche burocratiche per intervenire più in fretta. Eventi come questo di Ischia sono sempre più frequenti: questo è il tempo del fare, non del pensare».

     

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    Quali sono le aree più a rischio in Italia?

    «Il 94% dei Comuni, ovvero 7.400 centri, è a rischio di alluvioni, frane, erosioni costiere: sono state recentemente censite 625 mila frane di cui un terzo a cinetismo rapido.

    L'Italia è tutta a rischio. Fatichiamo a fare una classifica perché il pericolo è molto esteso. Dobbiamo quindi potenziare la prevenzione strutturale migliorando opere come la costruzione di argini dei fiumi, vasche di espansione, briglie per far defluire l'acqua. Ma è altrettanto necessario un comportamento umano che tenga conto delle allerte meteo e delle criticità che vengono segnalate».

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    Abusivismo, mancati investimenti, scarsa manutenzione. Qual è il problema più grave?

    «Non credo esista una risposta unica: i tre problemi sono come le tre gambe di uno stesso tavolino, hanno tutte la loro importanza. A seconda delle varie situazioni c'è bisogno di diverse risposte. A volte, per agire in modo adeguato, per trovare la soluzione migliore, c'è bisogno di affidarsi ad analisi terze. Come ad esempio i responsabili amministrativi che svolgono i piani di mitigazione del rischio, le autorità del bacino, le Regioni».

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    Nel nostro Paese il rischio idrogeologico è molto alto: quale prevenzione è necessaria?

    «Sono fondamentali attività come la cura degli alvei, l'analisi dei confluvi per evitare i cosiddetti "fiumi tombati" dove l'acqua trasborda fuori dal regolare corso. Occorre poi approfondire il reticolo idrogeologico: dove scorre un fiume e con quale portata? Come si rapporta con le abitazioni? Bisogna conoscere bene il territorio e procedere con la realizzazione di vasche di estensione e la ridefinizione dei corsi d'acqua».

     

    Come affrontare l'allarme del cambiamento climatico?

    «Ci sono due piani di azione. Uno a breve termine, l'altro a medio e lungo termine. Il primo prevede un comportamento improntato alla resilienza e che tenga conto delle allerte ricevute oltre a opere urgenti sul territorio.

     

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    Più a lungo termine, invece, servono adeguate politiche sull'emissione dei gas, sulla produzione energetica a impatto ambientale. È importante che il Paese affronti la questione della riduzione dei gas in base a un piano internazionale ma anche con strategie da mettere in atto sul piano personale. Se noi tutti ci impegnassimo ad usare meno l'automobile sarebbe già un primo passo».

     

    In che modo si può procedere alla modifica delle abitudini personali?

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    «Dovremmo lavorare di più sulla consapevolezza di migliorare il rapporto tra i cittadini e le istituzioni per la gestione del rischio. Pensiamo al Covid: la popolazione si è affidata alle istituzioni per affrontare l'emergenza. Ma sul rischio c'è diffidenza: uno, ad esempio, non vuole rinunciare a usare l'automobile dimenticando che la natura reclama attenzione. Bisogna rispettare di più il rischio e non cedere ad atteggiamenti irresponsabili».

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