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    ANIMA NERA - IL CASO DI OMAR, PROTAGONISTA CON L'EX FIDANZATA ERIKA DELLA STRAGE DI NOVI LIGURE E ORA ACCUSATO PER VIOLENZA SESSUALE E MALTRATTAMENTI DALL’EX MOGLIE, IMPONE UNA RIFLESSIONE: LA RIEDUCAZIONE, DOPO DIECI ANNI DI CARCERE, È STATA UN FLOP – LA DONNA CHE L’HA DENUNCIATO RACCONTA CHE LUI AVREBBE MINACCIATO DI SFREGIARLA E RIDURLA IN SEDIA A ROTELLE. PER UMILIARLA LA CHIAMAVA "ANORESSICA"


     
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    Estratto dell’articolo di Maurizio Crosetti per "la Repubblica"

     

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    Il coprotagonista di uno dei più terrificanti fatti di cronaca degli ultimi decenni, Mauro Favaro detto Omar, quell’Omar, l’Omar di Erika e Omar, sarà quasi certamente processato per violenza sessuale e maltrattamenti. Lo ha denunciato la moglie, che non è Erika ma un’altra, e dalla quale ha avuto una bimba.

    La donna della seconda vita apparente, quella dopo il carcere di Omar e il percorso di recupero. Il recupero, beh, insomma.

     

    Le indagini sono state chiuse in questi giorni dopo nove mesi, ed è assai probabile che per Mauro Favaro detto Omar, che oggi ha 41 anni, vi sia un altro processo. Avrebbe minacciato la moglie dicendole che l’avrebbe sfregiata con l’acido e ridotta su una sedia a rotelle.

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    Per umiliarla, le avrebbe dato dell’anoressica. In quattro occasioni la donna si è rivolta ai carabinieri, minimizzando poi l’accaduto. A volte succede. La mattanza di Novi Ligure, 21 febbraio 2001, un freddo mercoledì, la ricordano tutti. […]

     

    Poi, Omar tentò di ridiventare Mauro ed Erika di non essere più Ghiaccio, come l’avevano ribattezzata gli agenti dopo i primi interrogatori. Lei, nel carcere minorile “Beccaria” di Milano, lui al “Ferrante Aporti” di Torino, perché la sera dell’atroce macelleria erano minorenni. Non si sono visti né sentiti mai più, dopo essersi incolpati a vicenda per mesi. In galera sono rimasti meno di dieci anni, lei giocando a pallavolo e imparando il giardinaggio, poi la musicoterapia in una struttura psichiatrica dove ha conosciuto il suo compagno di adesso, un educatore, chitarrista. Uscita di prigione, Erika De Nardo si occupa di campagna e vigne sul lago di Garda.

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    Lui, il figlio del barista di Novi, ha imparato un mestiere, ha fatto l’operaio, è tornato fuori, ha cercato di mettere in pratica le parole che disse il giudice dopo la lettura della sentenza: «Ricordate che per voi la vita non finisce oggi». Invece, il buio di queste denunce e dei possibili scenari che raccontano, dimostrerebbe che la nuova vita era qualcosa di molto simile alla vecchia, una replica di violenza contro persone più deboli. La nuova vita non era mai cominciata.

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    Mauro era ancora Omar, l’Omar di Erika e Omar.

    Ma può esistere il male assoluto, il male senza speranza? Il nostro ordinamento prevede, molto in teoria, che la pena debba rieducare, non solo recludere.

    […] Gli educatori, e i più avveduti tra i carcerieri, quelli che non smarriscono l’umanità, a questo servono: a dare una possibilità nuova. È bello crederci, anche perché molte volte funziona.

     

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    Ma ci sono anche quelli che non smetteranno di ascoltare i loro demoni. Alcuni sono malati di mente, altri sono crudeli e basta, perché la crudeltà e la ferocia esistono.

    […] La ragazza forse ha saputo davvero superare l’incommensurabile brutalità di quella sera, costruendo una nuova Erika oltre Erika. Di Omar, invece, la cronaca racconta un salto all’indietro pauroso. Il mare fuori, azzurro oltre le sbarre? Forse. Dentro, però, soltanto l’abisso.

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