Marco Bonarrigo per corriere.it
kamila valieva con eteri tutberidze
Per quale motivo una fuoriclasse 15enne del pattinaggio artistico su ghiaccio, in forma olimpica, dovrebbe assumere un farmaco che cura l’angina, e va dosato con estrema cura su pazienti in condizioni serie, se non ha l’angina? E perché la trimetazidina, principio attivo del Vastarel a cui Kamila Valieva è stata trovata positiva, è considerata doping «pesante» dall’agenzia Mondiale antidoping? Perché unisce i tre requisiti che definiscono dopante un prodotto: migliora la prestazione, offre un vantaggio iniquo rispetto agli avversari e fa male alla salute di chi è sano.
KAMILA VALIEVA
Il Vastarel «interviene nel metabolismo energetico della cellula esposta all’ipossia o all’ischemia ed evita la caduta dei tassi intracellulari» recita il foglietto illustrativo del farmaco che si vende solo dietro presentazione di ricetta medica. A un soggetto malato impedisce pericolose riduzioni di flusso del sangue verso il cuore, in uno sano lo migliora tout court: più sangue al cuore durante uno sforzo violento (il gesto del pattinatore lo è) significa più resistenza, reattività e lucidità durante salti e piroette.
«Conservando il metabolismo energetico in cellule esposte all’ipossia o all’ischemia — recitano i manuali medici — la trimetazidina previene una diminuzione dei livelli intracellulari di ATP, garantendo in tal modo il corretto funzionamento delle pompe ioniche e del flusso di sodio-potassio transmembrana mantenendo l’omeostasi cellulare».
KAMILA VALIEVA
Kamila è e resta un fenomeno ma il dubbio che il quadruplo salto che esegue sul ghiaccio — prima donna al mondo — sia aiutato da un farmaco dopante è perfettamente legittimo.