Manuel Lai per wwww.tech.everyeye.it
Netflix
Netflix crolla in borsa e il futuro dello streaming inizia a far paura. La pubblicazione dei conti e dei dati dell'ultimo trimestre del 2021 ha fatto colare a picco la quotazione del titolo a Wall Street, con un calo del 20% avvenuto solo poche settimane fa. Per la prima volta dopo anni, seppur con disponibilità economiche ancora molto solide, si ritrova a dover fare i conti con una crescita molto più lenta del previsto e in fortissima contrazione rispetto ai numeri vertiginosi del 2020, con il numero di nuovi abbonati a Netflix più basso dal 2015. Un dato che ha fatto rizzare le antenne a tutto il mondo dello streaming: se la piattaforma più grande e potente inizia a dare i primi segni di stanca in che modo un settore sempre più saturo di servizi e proposte potrà sperare in un futuro sostenibile?
Crollo vertiginoso: perché?
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Partiamo dai dati. Netflix ha pubblicato i dati di crescita dell'ultimo trimestre del 2021. L'azienda ha mancato l'obiettivo di nuove sottoscrizioni previsto, fermandosi ad 8,3 milioni di nuovi abbonati. Una lieve contrazione che ha portato l'azienda a fare stime al ribasso per il primo trimestre del 2022. Laddove gli analisti si aspettavano almeno 4 milioni di nuovi abbonati, Netflix ne ha prospettati 2,5 milioni. Gli investitori hanno mostrato parecchia preoccupazione per un rallentamento imprevedibile e molto più grave di quanto preventivato.
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Il risultato finale è stato con crollo vertiginoso del 20% del titolo in borsa. Le azioni hanno raggiunto un costo di 406 dollari per azione, più di 100 dollari in meno rispetto al prezzo dei giorni precedenti. Le azioni sono tornare ai livelli di aprile 2020, prima dell'esplosione del fenomeno streaming in seguito alla pandemia. Ma a preoccupare più di tutti, è il dato generale di nuove sottoscrizioni: se nel 2020 Netflix aveva guadagnato ben 36 milioni di nuovi utenti, nel 2021 si è fermata a 18,2 milioni, praticamente la metà.
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Segni inequivocabili
Certo, i risultati economici generali sono più che positivi. Con un fatturato di 30 miliardi di dollari, Netflix ha registrato una crescita delle sue entrate del 19% con l'utile operativo cresciuto del 35%. Conti rosei e che non destano preoccupazione, ma una situazione generale non così semplice da gestire: "I consumatori hanno sempre avuto molte scelte quando si tratta del loro tempo di intrattenimento - ha dichiarato Netflix - Tuttavia, negli ultimi 24 mesi la competizione si è intensificata in quanto diverse società di intrattenimento hanno aumentato la propria offerta di streaming. Questa ulteriore concorrenza può influenzare la nostra crescita marginale".
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Quel che dice Netflix è vero. I servizi di intrattenimento in streaming sono sempre più numerosi, la concorrenza sempre più spietata e il bacino di utenza sempre minore. Gli spazi di manovra si stanno riducendo e se la più importante realtà del settore inizia a mostrare segni di difficoltà, qualcosa nel sistema inizia a non andare più bene come poteva sembrare.
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Un 2021 nero
Incredibile come tutto questo arrivi ad appena un anno dalla grande esplosione dei servizi streaming: la pandemia e i lockdown sparsi in tutto il mondo hanno portato a un brusco aumento degli abbonamenti e della fruizione dei contenuti da parte degli iscritti. Le ore da passate davanti alla tv erano numerose e le piattaforme hanno avuto ricavi ben superiori rispetto al solito. Ora che la pandemia sembra aver iniziato ad allentare la sua morsa, le vite stanno tornando alla normalità, il tempo da passare davanti allo schermo sta diminuendo e il numero di contenuti che si riesce a vedere pure.
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Il doping del covid sta perdendo il suo effetto, lasciando molte piattaforme con grattacapi e importanti pugni di mosche in mano. Basta contare il numero di servizi ad oggi presenti sul mercato per capire la saturazione quasi totale del settore: ci sono Netflix, Disney, Amazon, Apple, Discovery, NOW e Peacock in arrivo, solo per parlare dell'Italia; all'estero la situazione e ben "peggiore", con la presenza di due colossi come Hulu e HBO Max, piattaforma del gruppo Warner.
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Più costi, meno ricavi
Troppi galli nel pollaio e troppi pochi utenti: è questa, purtroppo, la situazione che piattaforme e abbonati si ritrovano a dover affrontare. Il mercato è sempre più frammentato, i margini di manovra sempre minori e i prezzi degli abbonamenti sempre più alti. Le piattaforme si ritrovano nella controversa situazione di un bacino di utenza sempre minore da poter convincere e per farlo investono miliardi in acquisizioni e contenuti originali. Solo Netflix, nel 2021, ha speso 17 miliardi in nuove serie e film, mentre Warner è arrivata a 20 miliardi. Spese importanti che, nella maggior parte dei casi, si traducono in abbonamenti rivisti al rialzo.
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Disney+ ha aumentato il costo della sua sottoscrizione ed è probabile che decida di farlo ancora nei prossimi anni; il costo della piattaforma rossa è vertiginosamente salito negli ultimi anni e si preannuncia un nuovo aumento di Netflix negli Stati Uniti. Gli utenti si ritrovano così a fare delle scelte prima di tutto economiche e avere più di due abbonamenti da pagare ogni mese inizia a diventare una spesa difficilmente sostenibile. Il risultato finale è che molti rinunciano ad alcuni servizi operando una scelta, ed è proprio in questo contesto che il mercato si contrae, che le sottoscrizioni diminuiscono e che le piattaforme entrano in un circolo vizioso, segno inequivocabile di un mercato ormai troppo pieno per poter permettere a tutti di crescere a ritmi che riflettano gli investimenti fatti.
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La scelta degli utenti
Il bacino di utenti è sempre meno colmo di pesci da pescare e gli stessi iniziano a fare scelte sempre più ponderate. Il tempo che ognuno di noi può passare davanti a queste piattaforme è sempre più limitato e in tanti si ritrovano ad essere abbonati a piattaforme che non usano praticamente mai. La sottoscrizione a più piattaforme è divenuta accessoria e ogni giorno lo streaming torna a competere con altri metodi per occupare il tempo libero delle persone: ci sono i videogiochi, i social network, la musica, tutte modalità di intrattenimento che tolgono spazio allo streaming e che, sempre più spesso, portano anche loro alla sottoscrizione di nuove forme di abbonamento.
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L'utente è uno, il tempo è limitato e i costi sempre più alti; con buona pace dei servizi di streaming, gli abbonati fanno delle scelte in base ai loro gusti in maniera sempre più stringente, in relazione al loro tempo e alla loro disponibilità. Con tutte queste possibilità di scelta e tutti questi limiti è impossibile che tutti possano abbonarsi a tutto. Le rinunce sono inevitabili e le crescite vertiginose di nuovi abbonati una chimera ormai dimenticata.
Le conseguenze
Le piattaforme dovranno abituarsi a questa nuova realtà e il risultato finale, purtroppo per l'utente, sarà un aumento del costo degli abbonamenti e la sempre più remota possibilità di riuscire a usufruire di troppi servizi. Aziende come Disney, Warner o la stessa Netflix non avranno certo difficoltà a sopravvivere, ma dovranno trovare l'equilibrio giusto tra le spese che faranno per catturare nuove persone e le cifre che chiederanno in cambio. Tanto, se non tutto, dipenderà dai contenuti, dalle serie e dai film che verranno proposti, da quanto queste riusciranno a catturare via via l'attenzione degli utenti.
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Probabilmente, le piattaforme dovranno nel tempo abituarsi a un continuo "scambio" di utenti, a persone che sottoscrivono e annullano il proprio abbonamento a seconda di ciò che suscita il loro interesse. Avere abbonamenti a lungo termine potrebbe diventare sempre più difficile, a meno che non si inizino ad offrire servizi accessori oppure opzioni aggiuntive che rendano davvero conveniente restare abbonati. Una partita a scacchi sempre più complessa, con sempre meno caselle occupare e sempre meno mosse a disposizione. Chi la spunterà? Ai posteri l'ardua sentenza.
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