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    IL CATTIVO DEL TENNIS - STRONZOLOGIA DEL NUMERO 2 DEL TENNIS MONDIALE, DANIIL MEDVEDEV CHE ALLE FINALS ATP BATTE ZVEREV E APPRODA IN SEMIFINALE - IL DITO MEDIO AL PUBBLICO DEGLI US OPEN, LO SCAZZO CON TSITSIPAS ("MEGLIO CHE TU CHIUDA QUELLA CAZZO DI BOCCA.”), IL LANCIO DELLE MONETINE CONTRO L’ARBITRO A WIMBLEDON – IL SIPARIETTO CON VERDONE A "SKYSPORT": "DANIIL, SONO IL TUO FAN NUMERO UNO A ROMA E IN ITALIA" -  VIDEO


     
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    Stefano Semeraro per “La Stampa”

     

    Prima il pollice verso, da imperatore stizzito, per condannare il giudice di linea che aveva osato chiamargli un fallo di piede, peraltro millimetrico al limite dell'inesistenza. Poi gli applausi ironici al pubblico che invocava il terzo set festeggiando i punti del suo avversario Sascha Zverev. Bravi, bravi, continuate così.

     

    CARLO VERDONE FAN NUMERO UNO DI MEDVEDEV CARLO VERDONE FAN NUMERO UNO DI MEDVEDEV

    Lo sport oltre che di talento ha fame di personaggi, di maschere, di ruoli in commedia e Daniil Medvedev - il numero 2 del mondo, il primo qualificato alle semifinali delle Atp Finals, l'uomo che a New York ha negato il grande Slam a Djokovic - si è scelto quello del cattivo del tennis. Malgrado se stesso, perché fuori dal campo nonostante la mimica, il capello instabile e il pizzetto brado da maudit dostevskijano, è un ragazzo sorridente e solare, che allena il rovescio e asciuga i nervi al sole della Costa Azzurra. In gara, invece.

     

    L'erede meno titolato ma altrettanto luciferino di McEnroe e di Connors, uno che usa l'odio altrui come una dinamo: più lo fischiano, più si carica. Nel 2019, agli Us Open, senza le faide ripetute con il pubblico yankee forse non sarebbe mai arrivato alla sua prima finale Slam, sfiorando un clamoroso Nadalicidio.

     

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    E due anni prima si era beccato 1500 dollari di multa per aver lanciato una manciata di monetine verso l'arbitro con cui stava altercando. Il bello (anzi il brutto) è che Daniil, se gli si chiude la vena, inizia a litigare con chiunque: amici, nemici, semplici conoscenti; compreso lo storico coach francese Gilles Cervara, che quando la misura è colma si alza e se ne va, lasciando sola nel box Daria, la moglie del fenomeno, impassibile come la dama di compagnia di una zarina.

     

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    «Daniil è un ragazzo molto semplice», dice Cervara. «Non sente la pressione di essere numero 2 del mondo. Anzi, le difficoltà lo rendono ancora più forte». Lo mandano a regime, gli accendono i relais. «I nervi sono sempre un'incognita», distingue il diretto interessato. «A volte ti fanno bene, perché sei teso, inizi a sparare tutto, la gente impazzisce e vinci la partita. Ma quando senti che puoi chiudere il match, la mano può anche iniziare a tremarti».

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    Con Zverev si è acceso e spento alla sua maniera, salendo e scendendo da un match vertiginoso come una montagna russa, vinto 8-6 al tiebreak del terzo set (6-3 6-7 7-6) dopo essere stato sotto anche 4-2. «Non sono nervoso, ma le mani mi tremano», ha scritto alla fine sul vetro della telecamera, con una grafia scalena quasi come i suoi colpi. prima di sabato gli rimane un match contro Sinner, per lui ormai ininfluente. «Ma siamo 1-1 nel precedenti - precisa - se perdo vado in svantaggio, sarebbe come una sconfitta. E a me non piace perdere».

     

    2 - NON CHIAMATEMI NUMERO DUE

    Paolo Rossi per “il Venerdì di Repubblica”

     

    Quando è apparso sulla scena, il mondo del tennis non ne ha compreso appieno il potenziale. Alto, magro, leggermente incurvato, Daniil Medvedev è stato scambiato per un altro dei battitori lungagnoni alti due metri che stanno affollando sempre più i campi da tennis. E invece la prima impressione non poteva essere più errata sul moscovita classe '96. Il quale, però, solo recentemente ha fatto pace con se stesso.

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    In passato ne aveva combinata più d'una, perdendo la concentrazione nei momenti topici. All'inizio della carriera litigò con una giudice di sedia: le lanciò addosso alcune monetine accusandola, in pratica, di essersi venduta al suo avversario.

     

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    A un Us Open di qualche anno fa ha invece preferito litigare con il pubblico, mostrando il dito medio verso gli spalti. Pare siano state le donne a cambiarlo: Elena, la sorella minore. Daria, l'amore della sua vita. Francisca, la sua psicologa. Grazie a loro oggi sembra aver imparato a controllare le sue emozioni e a essere più aperto, anche a dispetto del suo cognome (medved in russo significa orso).

     

    Ma soprattutto ha finalmente capito come sfruttare il suo enorme talento unito a una certa intelligenza che gli viene riconosciuta unanimemente. A New York, a settembre, ha conquistato il suo primo Slam della carriera negando a Novak Djokovic la realizzazione del Grande Slam. E ora Medvedev si presenterà al PalaIsozaki di Torino, alle Atp Finals, come il Maestro detentore del titolo. Dunque, il campione da battere.

     

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    Daniil, non si contano più i soprannomi che le stanno affibbiando: "Freccia rossa russa", il "Genio del tennis", "Maestro di scacchi". Non teme che tante lusinghe la possano mettere troppo sotto pressione?

    «Io cerco soltanto di essere me stesso, ed evito di soffermarmi più di tanto su quello che gli altri possono pensare di me. Ciò detto, ovviamente mi fa anche un certo piacere ricevere apprezzamenti».

     

    Anche se lei è uno che ha sempre praticato il dubbio su se stesso.

    «Vero. C'è stato un momento in cui non ero affatto sicuro di me, dubitavo anche delle mie capacità come tennista. Poi mi sono detto che non aveva senso questo atteggiamento e piano piano ho ripreso fiducia. E credo si veda: è stata una bella stagione».

     

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    Com' era il Medvedev juniores?

    «Un bambino che voleva essere tra i primi dieci del mondo ma che non ha mai pensato di poter combinare quello che ha combinato finora».

     

    Si dice sia stato anche un ragazzino piuttosto capriccioso

    «Ho ricordi sfocati (sorride, ndr), o forse preferisco dimenticare, ma effettivamente pare che da bambino se volevo qualcosa non smettevo di piangere fino a quando non la ottenevo. Poi fortunatamente sono cresciuto...».

     

    In queste ultime settimane quante volte ha ripensato a New York, alla sua vittoria su Djokovic agli US Open di settembre?

    «Mi sono fatto la stessa domanda: Daniil, ma ti rendi conto di quanto sia stato importante quel momento? Beh, la risposta che mi sono dato è no. Tendo a non guardare mai indietro, mi piace pensare al presente e al futuro, più che al passato».

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    Anche se a New York ha vissuto certamente il momento più bello della sua carriera, no? Momento storico poi: ha negato al campione serbo il Grande Slam...

    «Diciamo allora che il ricordo di New York mi aiuterà ad accettare meglio la mia prossima sconfitta... Ma onestamente davvero non ci penso, e credo che neppure Novak ci stia rimuginando su. Ovviamente sono perfettamente consapevole di cosa io gli abbia fatto perdere, ma sono anche sicuro che ci riproverà l'anno prossimo e poi ancora e ancora fino a quando durerà la sua carriera. Per quanto mi riguarda, cercherò di esserci sempre anch' io».

     

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    Lei ha studiato fisica e matematica: non l'ha mai sfiorata l'idea di fare altro piuttosto che il tennista?

    «Certo, ci sono così tante cose che uno potrebbe fare. Ma la verità è che non ho mai finito l'università e, alla fine, per tutta la vita non ho avuto altro che il tennis. E va così bene che non vedo perché dovrei pensare ad altro. Dirò basta alla racchetta quando qualcuno vorrà da me qualcosa che non posso più dare. Per il momento so di voler continuare a provarci fino in fondo».

     

    Lei è una persona che nel tempo libero ama leggere?

    «Insomma... In assoluto il mio libro preferito è Eragon, un fantasy di Christopher Paolini, e devo ammettere che l'ho letto quando avevo 14 anni: tipo cinquecento pagine d'un fiato, sempre di notte. Amavo il modo in cui era scritto. Diciamo che per ritrovare il gusto di leggere dovrei incappare in qualcosa del genere».

     

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    È consapevole che, dopo la lesa maestà a Djokovic, non potrà più andare in vacanza in Serbia?

    «Ma no, anzi, penso di piacere abbastanza ai serbi. E comunque, se così non dovesse essere, le spiagge serbe non sono esattamente quelle più famose al mondo».

     

    Scusi se insisto: dopo New York ha più incrociato Djokovic?

    «Di recente, all'Academy di Mouratoglou. Ma, che tu perda o vinca, non stai a parlare delle partite passate. Ci siamo allenati e abbiamo fatto una bella chiacchierata sulle cose della vita. Novak mi piace molto, andiamo d'accordo. Siamo amici».

     

    Daniil Medvedev e Novak Djokovic Daniil Medvedev e Novak Djokovic

    Cosa si prova a vincere uno Slam?

    «Hai l'impressione di poter ottenere qualsiasi cosa. Tanto più dopo due finali perse in cui mi ero quasi visto sul traguardo senza riuscire a tagliarlo. È lì, in quei momenti, che inizi a dubitare di te stesso. Ecco, essere riuscito ora a tagliare il traguardo mi darà molta fiducia per tutto il resto della mia carriera. Almeno lo spero...».

     

    Cosa il mondo ignora ancora di Medvedev come persona?

    «Mah, dovesse essere rimasto qualcosa che la gente non sa di me, forse ci sarà un motivo, no? Io credo sia impossibile piacere a tutti, ci saranno sempre persone a cui non vai a genio. Ma per quanto mi riguarda, io voglio solo non avere rimpianti».

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