Marcello Sorgi per “la Stampa”
SALVINI BERLUSCONI MELONI
Dopo la terribile giornata di martedì, in cui la spaccatura del centrodestra - e in particolare tra Meloni e i suoi alleati Berlusconi e Salvini - era emersa chiaramente, ieri molti pronostici erano per l'accordo, in base alla regola metereologica che alla tempesta segue sempre il sereno. Invece la tempesta è continuata. L'incontro pomeridiano tra Meloni e La Russa, da una parte, e Berlusconi, nella sua villa romana, è stato un fallimento.
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Salvini, che aveva cercato di favorirlo, per poi far vita a un vertice a tre conclusivo, in cui lui sarebbe apparso come il vero padre dell'intesa, a quel punto ha riunito il consiglio federale della Lega e ha alzato il prezzo anche lui: no a La Russa presidente del Senato, Calderoli candidato alternativo, insomma un altro dito nell'occhio alla candidata premier.
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Perché, al di là dei dettagli e del tentativo fallito di cercare di risolvere allargando il terreno della trattativa alla lista dei ministri, la questione aperta è un'altra: il rifiuto del leader di Forza Italia e di quello della Lega di riconoscere a Meloni, la vera vincitrice delle elezioni, che con il risultato del suo partito ha trainato la coalizione, il ruolo di nuovo capo del centrodestra, come appunto era stato Berlusconi per oltre vent' anni, come è toccato a Salvini nella scorsa legislatura e come vorrebbe la regola che chi prende un voto in più dà le carte e forma il governo.
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Il resto - si tratti del rifiuto della candidata a Palazzo Chigi di inserire nella lista dei ministri Ronzulli, stretta collaboratrice del Cav, o di Salvini di digerire la possibilità che Giorgetti diventi ministro dell'Economia, la poltrona più importante nel governo dopo quella del presidente del Consiglio - sono dettagli di un ennesimo pomeriggio tragicomico in cui tutti aspettavano tutti e nessuno voleva davvero incontrarsi con gli altri.
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A meno di un riavvicinamento in extremis prima dell'inizio delle sedute delle Camere, le votazioni per le elezioni dei presidenti partiranno a vuoto, dato che né La Russa né Calderoli sulla carta hanno i voti per essere eletti al Senato, e per la Camera la Lega non è ancora sicura sul nome da fare. A diciotto giorni dal voto del 25 settembre, l'alleanza vittoriosa di Meloni, Salvini e Berlusconi è a pezzi: questo è l'unico dato certo.