Da il “Fatto Quotidiano”
osama nel compound
Caro Mr. Abdullah bin Laden, ho ricevuto la sua richiesta per il certificato di morte di suo padre, Osama bin Laden. Sono stato informato che non è stato rilasciato alcun certificato di morte. Coerentemente con le pratiche per gli individui uccisi nel corso delle operazioni militari”. La data è quella del 9 settembre 2011. Dieci anni dopo l’attentato alle Torri Gemelle, quattro mesi dopo l’uccisione del terrorista, l’ambasciata Usa in Arabia Saudita rispose così, a firma del console generale Glen Keiser, al figlio di bin Laden.
OSAMA BIN LADEN
Il documento è stato pubblicato sul sito di Wikileaks tra altre centinaia di migliaia provenienti dagli archivi del ministero degli Esteri saudita. Una raccolta denominata “The Saudi Cables”, formata da oltre 61 mila cablogrammi. Nel testo, in assenza di un atto ufficiale, il console suggerisce un’alternativa per certificare la morte: “Le invio – si legge – una copia della richiesta della corte per il nolle prosequi (che è il termine latino per il non luogo a procedere). Nelle note di pagina 2 e a pa gina 11 si fa riferimento alla morte...”.
OSAMA BIN LADEN
E poi, “as a courtesy”, come cortesia, l’ambasciata gli fornisce una traduzione in arabo dei documenti . “Nella speranza che siano d’aiuto a lei e alla sua famiglia”. Se lo siano stati o meno, resta un mistero. Come il motivo della richiesta. La risposta, però, è un’evoluzione comunicativa per la burocrazia statunitense: nel 2012, i media americani avevano chiesto al Pentagono di vedere lo stesso certificato. Il dipartimento di difesa, rispose che il documento non si trovava. Forse perché, e si scopre oggi, a quanto pare non esiste.