1 - BENEFICI, CARRIERA, PENSIONE EMILIANO NON MOLLA LA TOGA
Stefano Zurlo per “il Giornale”
EMILIANO
È come entrare nell'acqua senza bagnarsi. Si può? Michele Emiliano è fradicio, ma continua a proclamarsi asciutto: «No, non mi dimetto. Resto magistrato». E avanza lanciando fumogeni: «Quello è il mio mestiere. Non ci rinuncio. E non rinuncio nemmeno ai miei diritti costituzionali. All'elettorato attivo e passivo. Semmai pongo un problema che non è solo mio, ma più generale: ci vorrebbe un intervento del legislatore. Chi come me è fuori ruolo dovrebbe rientrare sì, ma in un'altra articolazione della Pubblica amministrazione».
renzi emiliano orfini
Lui intanto si tuffa e prova a scalare il Pd. Equilibrismi che nemmeno la legge italiana, più snodata di Houdini, riesce a conciliare. Recita il decreto Mastella del 2006: una toga può aspirare a qualunque carica, ma non può farsi incasellare dentro la vita di un partito. Sarebbe una sbandata intollerabile per chi non può fare distinzioni e deve far valere la legge allo stesso modo per tutti. Tradotto, Emiliano può fare, come ha fatto, il sindaco di Bari e il governatore della Puglia ma l' importante è che mantenga un profilo sganciato dalle sigle che compongono il nostro emiciclo.
L'articolo 3 della norma vieta solo «l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa ai partiti politici». Siamo, come si capisce, sul filo dell'ipocrisia perché i partiti sono il sale della vita pubblica. È davvero problematico, al di là delle forme e di eventuali escamotage, entrare in municipio o in parlamento senza schizzarsi.
michele emiliano all assemblea pd
E però il governatore della Puglia sfonda le regole già così malleabili: fuori ruolo dall'ormai lontano 2003, è stato segretario del Pd pugliese, ora prova addirittura a conquistare la leadership del primo partito d'Italia. Che altro si può immaginare per marcare in modo così netto una carriera? Il giudice dovrebbe rimanere super partes, difficile pensare che al suo ipotetico rientro Emiliano possa rimettersi addosso il mantello della terzietà, fatto a brandelli.
emiliano speranza rossi
Non importa. Lui avanza, comizio dopo comizio, e contrattacca, sbandierando l'elettorato attivo e passivo. La procura generale della Cassazione nel 2014 ha aperto nei suoi confronti un procedimento disciplinare: nel mirino proprio la segreteria e la presidenza del Pd pugliese. In questo modo l'anti Renzi avrebbe violato il decreto 109 del 2006 che a sua volta dà attuazione a una prescrizione della Costituzione pensata - sottolinea la Procura generale - «a garanzia dell' esercizio indipendente e imparziale della funzione giudiziaria».
renzi e emiliano lottatori-di-fumo
Lui reagisce. «L'accusa non regge - spiega a La7 - perché fondata sull' idea sbagliata che ci siano due categorie di politici: i magistrati che devono fare politica da soli e gli altri che possono farla nei partiti». Poi da tribuno vira verso il vittimismo: «Sono l'unico magistrato nella storia d' Italia ad avere problemi di questo genere».
In realtà non è così: Paolo Taviano, che nutriva ambizioni un tantino più modeste e si sognava vicesindaco di Cassino, qualcosa di meno del Nazareno, si era visto rifilare dal Csm una censura, poi annullata dalle Sezioni unite della Cassazione solo perché la sua esposizione era durata pochi giorni e finalizzata a rastrellare voti. Ma giocare da numero uno del Pd, a Bari e poi magari in tutta Italia, è un' altra storia.
Insomma, per liberarci da una repubblica giudiziaria Emiliano dovrebbe tagliare con le forbici il cordone ombelicale. Invece, resiste. Così resta legato alla corporazione togata. E non perde, sempre ipotizzando un ritorno a casa, gli scatti di anzianità e gli aumenti in busta paga. Infine, ultimo simpatico dettaglio, matura la pensione senza versare i contributi. Fuori, ma dentro gli oliati meccanismi della casta.
EMILIANO BY BENNY
2 - L' EX PM E IL PROCESSO AL CSM. DAVIGO: NO ALLE TOGHE IN POLITICA
Liana Milella per “la Repubblica”
Prim'ancora che con Renzi e Orlando, nel calendario di Michele Emiliano c'è un' altra sfida, quella al Csm. Già, perché proprio lui, tuttora magistrato ma in aspettativa dal lontano 2003, si ritrova sul banco (fittizio) degli imputati della sezione disciplinare. "Colpevole", per la Cassazione, di non aver rispettato una norma dell'ordinamento giudiziario di Berlusconi e Castelli - di certo non favorevole alle toghe - che vieta ai giudici di iscriversi ai partiti. E lui, del Pd, è stato segretario e presidente in Puglia.
Tra 40 giorni il Csm affronta il caso ed Emiliano ha schierato un difensore di prestigio, il procuratore di Torino Armando Spataro, che ieri, in una riga di un comunicato, ha già anticipato la sua valutazione: «Davanti al Csm sosterremo le ragioni tecnico-giuridiche che ci portano a ritenere l'insussistenza dell'addebito». Innocente, dunque. Il presidente dell'Anm Pier Camillo Davigo ieri non ha voluto rispondere alla domanda se Emiliano si debba dimettere dalla magistratura, ma ha ripetuto il refrain che «i magistrati non dovrebbero fare politica per dovere etico».
ZALONE BRACHETTI EMILIANO
Ma Emiliano può restare magistrato oppure, nel continuare a esserlo, ha violato la legge? Lui si ritiene nel giusto. Si è messo in aspettativa subito, e poteva non farlo - come ha detto al sostituto pg Carmelo Sgroi nell' interrogatorio del 21 luglio 2015 - perché nel 2003 non c' era il draconiano ordinamento Castelli varato tre anni dopo. Poi, disse quel giorno, «da sindaco e da governatore sono altresì componente di diritto della direzione nazionale del Pd». In questi mesi ha ripetuto spesso: «Sono l' unico magistrato eletto democraticamente cui la Cassazione contesta l' iscrizione a un partito».
Tempi e inchiesta sospette? La dietrologia è a portata di mano, ma i tempi la smentiscono. Tesi «insostenibile» dice Spataro. E il vice presidente del Csm Giovanni Legnini, che il 3 aprile presiederà la sezione disciplinare, lui un Pd di fronte a un altro Pd, dichiara: «Il Csm si occupa di molte cose, ma non del congresso del Pd».
MICHELE EMILIANO E MATTEO RENZI
Però "processare" un candidato alla segreteria fa inevitabilmente entrare il Csm "in politica". Un po' di date sono utili. Il fascicolo di Emiliano è un libro aperto: un articolo di Repubblica del 27 novembre 2013 e un esposto firmato del 22 febbraio 2014 aprono il caso in Cassazione. Il 30 ottobre 2014 l' ex pg Gianfranco Ciani "incolpa" Emiliano.
Dalla sua ha la parola della Consulta, la sentenza di Paolo Maddalena sul caso Bobbio del 2009, che riconosce alle toghe il diritto «non solo di condividere un'idea politica, ma espressamente di manifestare le proprie opzioni», ma le inchioda, quelle fuori ruolo comprese, al divieto «non solo di iscriversi, ma anche di partecipare in modo sistematico e continuativo alla vita dei partiti».
FABIO E MINGO CON MICHELE EMILIANO
Emiliano, per la Cassazione, lo avrebbe fatto. Ma lo hanno fatto altresì, argomenta l'antagonista di Renzi, i parlamentari che si iscrivono al proprio gruppo di appartenenza. Le Camere, pure in questa legislatura, non sono riuscite a scrivere la legge sui magistrati in politica. Se avessero deciso che una toga dopo diventa avvocato dello Stato forse non staremmo qui a parlare di Emiliano. Su cui al Csm si scontra chi ritiene un suo pieno diritto, da fuori ruolo, vivere appieno la sua esperienza, e chi punta a una sanzione che però potrebbe suonare come un' ingerenza del Csm sulla politica.