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    IL CINEMA DEI GIUSTI - E’ TORNATO IN SALA “PROFONDO ROSSO”, IL FILM CHE CAMBIÒ IL CORSO DEL THRILLER ALL’ITALIANA E DI TUTTI I GLI SLASHER CHE VENNERO DOPO E INFLUENZÒ UN PO’ TUTTI I GRANDI REGISTI LEGATI ALL’HORROR DEGLI ANNI ’70 E ’80 - ANCHE SE OGGI È CONSIDERATO UN CAPOLAVORO DEL GENERE, NON TUTTI I CRITICI, SOPRATTUTTO AMERICANI, LO TROVARONO RIUSCITO. FU IL TEMPO A RISTABILIRE IL GIUSTO VALORE. MA NELLA VISIONE DI ALLORA IL FILM FU UN SUCCESSO INCREDIBILE DI PUBBLICO. E LO SI ANDAVA A VEDERE, ANCHE PER LA MUSICA DEI GOBLIN… - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

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    E’ tornato in sala “Profondo rosso” di Dario Argento con David Hemmings, Daria Nicolodi, Gabriele Lavia, il film che davvero cambiò il corso non solo del thriller all’italiana, ma di tutti i gli slasher che vennero dopo e influenzò un po’ tutti i grandi registi legati all’horror degli anni ’70 e ’80, a cominciare da John Carpenter e Tobe Hooper. Anche se oggi è considerato un capolavoro del genere e portò nel cinema di Dario Argento l’idea dell’opera rock, non tutti i critici, soprattutto americani, lo trovarono riuscito. Fu il tempo a ristabilire il giusto valore. Ma nella visione di allora il film fu un successo incredibile di pubblico.

     

    david hemmings e macha meril in una scena del film profondo rosso david hemmings e macha meril in una scena del film profondo rosso

    E lo si andava a vedere, anche per la musica dei Goblin, come un vero e proprio concerto rock dove i delitti dell’assassino misterioso venivano accolti con boati da stadio. Il film venne scritto da Dario assieme a Bernardino Zapponi, allora sceneggiatore anche dei film di Federico Fellini e Dino Risi. “Ho scelto lui come collaboratore”, dirà Argento, “perché aveva lavorato con Fellini, il quale è stato sempre la mia grande passione, con il suo cinema così fantasioso, sognante irreale, credo che 8 ½ è il film che ho più visto in assoluto”.

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    Ma il rapporto non funzionò benissimo, “Zapponi mi portò un trattamento che cercai di perfezionare, dopo lunghe discussioni lui scrisse la prima parte della sceneggiatura, ma non ero ugualmente convinto poiché volevo imprimere nella storia uno stile più diverso, più aggressivo, allora rifeci e completati da solo la sceneggiatura”. Zapponi aveva un ricordo diverso, ovviamente.

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    “Argento è un po’ difficile da trattare perché è molto personale e molto umbratile, sfuggente. Tanto è vero che non ha mai fatto due film con lo stesso sceneggiatore, lo cambia continuamente, per essere in fondo solo, in una sua dimensione paranoide. Da un certo punto di vista era difficile capirsi, ma il film è venuto comunque con una struttura abbastanza solida e funzionale. Ha fatto un sacco di soldi. Essendo lo sceneggiatore, diciamo il narratore, cercavo di dare un senso più logico a tutto l’insieme, mentre lui ha il difetto di tendere un po’ al gratuito negli effettacci di cui non si spiega il perché, lasciando il film pieno di mille contraddizioni. Perché accadono certe cose? Lui dice: “Non importa”. E, invece, no, importa. Anche le angosce personali devono sempre inserite in una struttura ferrea. (..) In Profondo rosso ho cercato soprattutto di dare una struttura logica a tutto quanto e credo di esserci riuscito”.

     

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    Eppure, comunque siano andate le cose, la presenza di Zapponi rassicurò allora gran parte della critica. E il film venne visto in maniera diversa. Anche se le novità rispetto ai suoi film precedenti erano assolutamente di pura messa in scena. Come protagonista Argento aveva scelto Lino Capolicchio, allora di gran moda, che aveva da poco girato “Metti una sera a cena” di Giuseppe Patroni Griffi sceneggiato anche da Dario. Ma Capolicchio ebbe un brutto incidente d’auto e venne sostituito dall’inglese David Hemmings, che ben conoscevamo al tempo come protagonista di “Blow Up” di Michelangelo Antonioni.

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    E Hemmings riesce a portare un po’ di quel personaggio, lì fotografo qui pianista ma entrambi alla ricerca di un mistero, anche in “Profondo rosso”. Argento riempie il film di bravi attori di teatro, da Glauco Mauri a Gabriele Lavia, da Eros Pagni a Giuliana Calandra. Ricupera un volto storico del nostro cinema come Clara Calamai, celebre per il suo nudo ne “La cena delle beffe” di Alessandro Blasetti (“… oltre ad essere la più affascinante era anche la più vigorosa, aveva una vitalità incredibile, un bellissimo fisico, diventammo molto amici…”) e sceglie come protagonista femminile la giovane Daria Nicolodi, che diventerà la sua fidanzata e scriverà il film successivo, “Suspiria”.

     

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    Celebri sono i set torinesi del film, la villa art-decò, la grande piazza centrale che viene ricostruito sul modello de “I nottambuli" di Edward Hopper. Grande successo ebbe la musica del film, formata da due pezzi inediti di Giorgio Gaslini (una è la nenia infantile) e gli altri scritti e eseguiti dai Goblin, allora ventenni, debuttanti, “appena usciti dal Conservatorio e freschi di uno stage in Inghilterra con Emerson, Lake & Palmer e gli Yes”.

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