Richard Gere in Franny di Andrew Renzi
Franny di Andrew Renzi
Marco Giusti per Dagospia
Ecco. Ci mancava pure il film di Natale con Richard Gere miliardario scollato, un po’ buono un po’ stronzo, con look tra Remo Remotti e Ciro Ippolito per rallegrare il pubblico femminile ormai disperato dei Parioli.
Richard Gere in Franny di Andrew Renzi
Che poi, detto tra noi, questi film con Richard Gere sembrano fatti solo per il pubblico delle signore italiane che ancora credono al suo fascino. In questo poco consistente, ma tutto sommato molto camp e divertente Franny, opera prima di certo Andrew Renzi (parente?), Richard Gere è una specie di vecchio rudere ultrapiacione che vive in bilico tra depressione e deliri di ricchezza.
Richard Gere in Franny di Andrew Renzi Richard Gere in Franny di Andrew Renzi
A causa di un brutto incidente di macchina non è rimasto solo zoppo (e sappiamo che essere zoppi in un film americano nasconde sempre altri problemi più intimi…), è anche ferito nel cuore e nel fisico. Nel cuore perché con l’incidente ha perso Molly e Charlie, i suoi due migliori amici, con i quali divideva tutto (fino a dove non lo sapremo mai), e è rimasto sotto botta di farmaci e morfina.
Richard Gere in Franny di Andrew Renzi Richard Gere in Franny di Andrew Renzi
Al punto che è una sorta di morfinomane che non ha ancora capito del tutto la sua dipendenza. Quando, qualche anno dopo l’incidente, lo chiama la bella Olivia, Dakota Fanning, la figlia cresciutella di Molly e Charlie, per chiedergli aiuto, visto che aspetta un bambino e il marito belloccio, Lucke, Theo James, è un medico senza lavoro, Franny esce dal suo letargo, si riveste, si taglia barba e capelli e come fosse un qualsiasi Pippo Baudo richiamato a Sanremo dalla Rai si scatena.
Subito offre a Lucke un lavoro nel suo ospedale, poi gli copre i buffi dell’università, a lei ricompra la vecchia villa dei genitori e la riempie di ogni ben di dio. In pratica entra di prepotenza nella loro vita come fosse non uno zio ricco, ma come se gli si ripresentasse l’occasione per ripetere il triangolo sentimentale che aveva con i defunti Molly e Charlie.
Per poi gettare la maschera sulla sua dipendenza da morfina e il suo scollamento. Olivia lo lascia fare, in fondo gli vuole bene, Lucke inizia a vederlo con terrore, è la parte più interessante del film, anche se non verrà sviluppata fino in fondo.
Cosa si nasconde dietro la maschera del benefattore non è mai chiarissimo, ma su questo gioca un po’ tutto il film e ci gioca parecchio anche Richard Gere, che esagera un bel po’ nel gesticolare e nel fare il gagà invecchiato.
Insomma, sarebbe stato più giusto Ciro Ippolito. Detto questo il film è un po’ tremendo, ma se non avete granché da fare, si vede. In sala dal 22 dicembre.