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    IL CINEMA DEI GIUSTI - FATE ATTENZIONE AI LUNGHI TITOLI DI TESTA INIZIALI DI QUESTO BELLISSIMO “THE HOLDOVERS”, COMMEDIA SCOLASTICA E NATALIZIA DIRETTA DA ALEXANDER PAYNE DOPO CINQUE ANNI DI ASSENZA DALLA REGIA - MAGARI IL FILM È UN PO’ LUNGO, UN FILO ZUCCHEROSO, MA È UNA DELLE MIGLIORI COMMEDIE DELL’ANNO E CI RIPORTA UNA FRESCHEZZA DI TEMI E DI PERSONAGGI INASPETTATI NEL CINEMA NON SOLO AMERICANO DI OGGI... - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    the holdovers the holdovers

    Fate attenzione ai lunghi titoli di testa iniziali di questo bellissimo “The Holdovers”, commedia scolastica e natalizia diretta dall’Alexander Payne di “Nebraska”, “Sideways”, “A proposito di Schmidt”, dopo cinque anni di assenza dalla regia, e interpretata da uno strepitoso Paul Giamatti che recita con un occhio solo, dalla altrettanto favolosa Da’Vine Randolph, già vincitori ai Golden Globes e dal giovane Dominic Sessa, perché leggerete un copyright del 1971, scritto in caratteri romani, MCMLXXI, che non risponde certo a verità, ma che, assieme alla fotografia, è una finta pellicola sporcata sia nell’audio che nel video, ci porta davvero indietro a quel tempo e al cinema degli anni ’70.

     

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    Come “Il laureato”, “Harold e Maude”, “Il padrone di casa”, “Piccolo grande uomo”, che è pure citato. Ma se l’ambientazione sono gli anni ’70 e il riferimento sono i meravigliosi film di Hal Ashby e Arthur Penn, la storia, ha confessato lo stesso regista, è pari pari quella di “Merlusse”, commedia scritta e diretta da Marcel Pagnol nel 1935, che da noi venne intitolata “Vacanze in collegio”, e che Payne ha fatto riscrivere al suo sceneggiatore, David Hemingson, genietto delle serie al suo primo film da sala. Segno, come dice lo stesso protagonista, il professore di storia antica Paul Hunham di Paul Giamatti, che tutto è già scritto nel passato.

     

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    Anche le storie dei film. Non a caso il personaggio ideato da Pagnol, identico a quello di Giamatti, è un professore asociale e cattivissimo con occhio sguercio ribattezzato Merlusse dai suoi allievi perché puzza di merluzzo, che si ritroverà a passare le vacanze di Natale con un gruppo di studenti sfigati, orfani o rifiutati dai genitori, e da questa situazione che si prospetta terribile nasceranno invece dei rapporti umani che dimostreranno cosa si cela dietro l’apparente mostruosità del protagonista. Payne e il suo sceneggiatore trasportano questa storia dal collegio francese del 1935 in un collegio di fantasia, il Barton, nel New England, ricostruito però nel Minnesota, e la ambientano durante il Natale del 1970.

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    In mezzo a una neve vera e a set pre-esistenti come si faceva negli anni ’70. Se il professor Hunham di Giamatti è un po’ un personaggio senza tempo, e lo stesso ci pare il ragazzo difficile che rimane con lui, l’Angus Tully di Domin Sessa, rifiutato dalla madre che deve passare le vacanze con il patrigno, nel personaggio originale di Mary Lamb interpretato da Da’Vine Randolph, la cuoca nera del college che deve rimanere con loro per cucinare, confluiscono tutti gli umori e le complessità sociali e razziali del tempo.

     

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    Perché le è appena morto in Vietnam un figlio di neanche vent’anni che non aveva potuto rimandare la chiamata alle armi visto che non aveva i soldi per permettersi un college, come i figli di papà bianchi della Barton, e rimandare quindi il servizio militare. Attorno al personaggio, forte, della cuoca, Payne fa ruotare la sua visione dell’America capitalista e classista che ha Hunham, a sua volta orfano, intellettuale sfigato che si è chiuso nel college perché incapace di lottare davvero. Ma che raddrizza i torti bocciando i figli stupidi e raccomandati dei politici che arrivano al college.

     

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    E ruota anche il rapporto che ha Hunham con il suo allievo sballato, Angus Tully, che rischia, se cacciato anche dal Barton, di finire in un collegio militare che lo destinerà al Vietnam. Al punto che i tre formeranno una sorta di famiglia ideale, che è un po’ il tema di tanto cinema attuale.

     

    Se il piano di Payne è chiarissimo nella sua riscrittura di Pagnol e del new-cinema americano anni ’70 per spiegare il classismo dell’America di oggi, Giamatti e la Randolph ci mettono di loro una incredibile volontà di costruirsi dei personaggi umani e in grado di dialogare fra loro che era un po’ la forza dei film di Ashby, Nichols, Penn e di tutto il new cinema americano. Magari il film è un po’ lungo, un filo zuccheroso, non tanto dissimile da “Nebraska” e “Sideways”, dove recitava lo stesso Giamatti, ma è una delle migliori commedie dell’anno e ci riporta una freschezza di temi e di personaggi assolutamente inaspettato nel cinema non solo americano di oggi. In sala.

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