Marco Giusti per Dagospia
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Uffa! Eravamo ben disposti a vedere “Indiana Jones e il quadrante del destino”, il quinto e ultimo capitolo della saga di Indiana Jones con un Harrison Ford ottantenne, diretto non da Steven Spielberg, qui solo produttore esecutivo insieme a George Lucas, ma dall’ottimo James Mangold di “Logan” e “Quel treno per Yuma”, con le musiche di John Williams, altro ottantenne.
Avevamo dubitato dopo l’anteprima a Cannes della pioggia di critiche negative che aveva ottenuto il film. Un massacro. Con tanto di polemiche sul fatto che era inutile farlo vedere così tanto tempo prima sapendo che non era un film del tutto riuscito. E, insomma, ieri, in sala il primo giorno al primo spettacolo del Barberini con un pubblico più che decente ma non eccezionale, nella giornata il film ha incassato 373 mila euro e ha portato al cinema 50 mila spettatori in Italia, c’ero.
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E mi sono terribilmente intristito già a vedere la lunga sequenza inziale con Harrison Ford de-aged, ringiovanito digitalmente (aiuto!), assieme a un pur grande Toby Jones come professor Shaw, a caccia del quadrante del destino di Archimede, che non veniva trattato dal cinema dai tempi del vecchio, e brutto, “L’assedio di Siracusa” di Pietro Francisci con Rossano Brazzi, che lottano coi nazisti, Thomas Kretschman e Mads Mikkelsen su un treno carico di capolavori dell’antichità voluti da Hitler.
Ma quando parte il film, con Indiana Jones diventato il vecchio professor Jones a New York nel 1969, il giorno dell’allunaggio, che è anche il giorno del suo pensionamento e quello in cui torna a confrontarsi col cattivissimo dottor Voller, Mads Mikkelsen, che ha sì costruito il razzo per andare sulla luna, come von Braun, ma è ancora a caccia della metà del quadrante di Archimede e ha un progettino di riscrivere la storia con la vittoria della Germania, è andata ancora peggio. Perché mi sono terribilmente annoiato.
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Dove è finito tutto lo charme dei vecchi film di Indiana Jones? Ok. La musica di John Williams è ancora meravigliosa. E’ riuscito a comporre una partitura nuova spettacolare per questa quinta avventura. Il cappello, il giubbotto e la frusta saranno più o meno gli stessi, ma solo a tratti Harrison Ford, che sia in mutande o vestito da Indiana Jones riesce a ricostruire il fascino di allora. Ma sembra Corrado Augias in lotta coi palinsesti della nuova Rai meloniana.
E, comunque, meglio vederlo con Toby Jones a suo fianco, bravissimo, che con la asessuata figlia del dottor Shaw, Helena, interpretata dalla Phoebe Waller-Bridge di “Fleabag”, che si trascina dietro un ragazzino marocchino, Ethan Isidore, a imitazione dei tanti ragazzini dei film di Indiana Jones. Per fortuna che i ben quattro sceneggiatori gli regalano qualche buona battuta (“Io ho bevuto il sangue di Kalì, sono stato ferito nove volte”), ma non gli crediamo quando tira i pugni contro i cattivi e corre dio qua o di là. Mads Mikkelsen funziona, e anche il cattivo gigantesco bondiano di Olivier Richters, ma sono privi di qualsiasi ironia. Certo. Sono nazisti.
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Ma confesso che tutto questo uccidere mi dà parecchia noia. E’ un film anche per ragazzi, dovrebbe essere divertente. Non un morto dopo l’altro. Mi piacciono certi vecchi recuperi, il favoloso Sallah di John Rhys Davies e la sempre incantevole Karen Allen come Marian. Ma già l’ultimo Indy di Spielberg, “Indiana Jones e e il regno del teschio di cristallo”, presentato nel 2008 proprio a Cannes, che ci sembrò vecchio, datata, arrivato troppo tardi, recuperava i personaggi del passato.
Questo dovrebbe andare oltre, trattare Indiana Jones ottantenne e mettergli accanto una ragazza moderna e una storia identica a quelle già vissute. La storia è ridicola, la ragazza non funziona benissimo. E ancor meno certe apparizioni che dovrebbero essere eccellente, come Antonio Banderas che si riconosce appena come sub spagnolo nei mari greci. Non parliamo poi dell’Archimede barbuto di Nasser Memarza, che ci fa rimpiangere Rossano Brazzi.
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Ma in generale, nonostante l’attenzione di James Mangold e dei suoi sceneggiatori, è un film di scarso fascino, troppo violento per essere divertente, dove ti annoiano anche i ragni e gli insetti fetenti che attaccano i nostri eroi nelle caverne siciliane e dove risulta ridicolo il ritrovamento della tomba di Archimede, cercata per 2000 anni, scoperta da Indy in dieci secondi in quel di Siracusa neanche fosse stata un’attrazione per turisti, per non parlare dei viaggi nel tempo che dovrebbero condurci al giusto finale.
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E tutta la paccottiglia nazista ci fa recuperare nella memoria il povero “Freaks Out” di Gabriele Mainetti. Alla fine mi piace Harrison Ford in mutande, mi piace quando scende dai vicini con la mazza perché fanno casino, mi piace la scena con Karen Allen, adoro Toby Jones. Frammenti, non un film. Ma avrà ancora un pubblico?
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