Estratto dell’articolo di Silvia Fumarola per “la Repubblica”
giancarlo giannini
Sulla terrazza del Teatro Eliseo di Roma, Giancarlo Giannini fuma sigarette sottili e sorride. Giacca scozzese verde e blu da gentiluomo inglese, la cravatta regimental («Portare la cravatta è un fatto di rispetto: mi sono guardato intorno, sono l'unico»), nella serie Il grande gioco di Fabio Resinaro e Nico Marzano, prodotta da Eliseo Entertainment, otto episodi su Sky e in streaming su NOW, interpreta un procuratore di calcio, il vecchio leone Dino De Gregorio.
Re del calciomercato, padre-padrone (dà la linea ai figli, Elena Radonicich e Lorenzo Cervasio, è in concorrenza con l'ex genero Francesco Montanari) e fa i conti con una progressiva demenza senile. «Ha un nome complicato, la demenza a corpi di Lewy, a momenti è lucido, in altri non controlla il corpo. Da attore è stata la cosa più complessa. Anche se vista l'età non è stato così difficile Per il resto, di calcio non so nulla».
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Non si è ispirato a nessuno?
«A Milano da Giannino , ristorante frequentato da calciatori e procuratori, oltre che da Silvio Berlusconi, una sera ho parlato con un paio di loro. Gli ho detto che non capisco nulla di quello che fanno. Mi hanno risposto: neanche noi capiamo molto. Allora ho inventato. Per me Il grande gioco è soprattutto una tragedia familiare».
A febbraio sarà a Los Angeles per la cerimonia della stella sulla Walk of fame.
«Ho avuto una nomination all'Oscar per Pasqualino sette bellezze , Lina Wertmuller era un genio, le devo tutto. La stella è un Oscar per sempre: per tutti i film, non per uno».
In Italia pochi riconoscimenti?
«Una volta ho detto che a Venezia non mi hanno mai dato neanche un gatto nero, ha fatto scalpore. Ma è la verità. Se mi chiede il perché, non lo so. Mi sembra di aver fatto qualcosa nella vita. Un ministro - non dico chi - una volta mi ha proposto di fare il direttore della Mostra, ma faccio l'attore, non scelgo i film. Però ho detto chi lo doveva fare».
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Teatro, cinema, tv, doppiaggio: che ha capito di sé recitando?
«Tante cose. A educare il corpo e la voce. Sali sul palco e ti cachi sotto, non devi mai farlo vedere. Capisci un attore quando entra in scena».
Chi ricorda tra le star?
«Marlon Brando. Gli chiesi: "Il tuo segreto?". "Non leggere il copione". Si scriveva le battute sulle mani ».
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Ha compiuto da poco 80 anni, che rapporto ha con l'età?
«Non ho paura della morte, mi incuriosisce ma vorrei vivere 700 anni per leggere quello che mi interessa. L'età invece mi dà fastidio, arrivano gli acciacchi. Non voglio sapere l'età di nessuno, neanche la mia. Dico: sono del 1942 fate i calcoli».
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Il cinema ha un futuro?
«Mi piace vedere i film del passato, ma il cinema è morto. Lo diceva già Fellini quando girava E la nave va : "Giancarlino, il cinema è morto", si presentò all'alba con la stagnola tra le mani: ho il parmigiano appena fatto».
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marlon brando ne il padrino
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