Uski Audino per "la Stampa"
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L'Europa brucia stretta in una morsa. Incalzata dall'aumento esponenziale dei contagi da una parte, con l'Oim che avverte sul rischio di altri 500.000 morti entro marzo, e dalla radicalizzazione di chi protesta contro le misure di contenimento dall'altra. Ieri a Bruxelles sono scesi in strada in 35.000 per protestare contro la decisione del governo belga di vietare l'accesso a bar e ristoranti ai non vaccinati.
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L'obiettivo è contenere la rapidissima ascesa del virus nel paese, che conta un'incidenza settimanale di 842 nuovi contagi ogni 100.000 abitanti. La protesta era iniziata in maniera pacifica ma è degenerata velocemente. La polizia è stata raggiunta dal lancio di petardi, fuochi d'artificio e oggetti vari e ha risposto con cannoni ad acqua e lacrimogeni.
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Dalle immagini riportate dai social si vedono barricate in fiamme fronteggiate da polizia in tenuta antisommossa. I manifestanti hanno sfilato non lontano dalle sedi dell'Unione europea, e tra loro molti sventolavano la bandiera delle Fiandre. Poche ore prima lo stesso film era andato in scena a poco più di 130 chilometri a Nord, in Olanda. All'Aja, Limburg e Urk sabato notte si sono registrati scontri tra polizia e manifestanti, che contestavano l'inasprimento del lockdown e la nuova ipotesi di escludere l'accesso a bar e ristoranti ai non vaccinati.
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L'Olanda, infatti, è già in lockdown parziale dal 13 novembre. Per tre settimane sono previste una serie di restrizioni anti-covid, tra cui la chiusura dei ristoranti alle 20, dal momento che l'incidenza settimanale del virus non si stabilizza ma viaggia ancora oltre i 790 nuovi contagi su 100.000 abitanti. Anche sabato sera, come nei giorni precedenti a Rotterdam, si è assistito a scene di guerriglia urbana: un centinaio di giovani hanno bersagliato la polizia con lanci di oggetti e pietre, dando fuoco a qualche bicicletta.
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Le forze dell'ordine hanno risposto con cannoni ad acqua dispiegando la polizia a cavallo, per un bilancio complessivo di 40 persone arrestate in tre provincie e 5 poliziotti feriti. Ma nel pomeriggio di sabato la manifestazione di Amsterdam aveva mostrato un altro volto della protesta «no vax». All'insegna del motto «United we stand» si è sfilato in modo pacifico, con cartelloni come «no al lockdown», «l'amore è la medicina» e cantando «Bella, ciao» o inneggiando alla «libertà».
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«La gente vuole solo vivere, ecco perchè siamo qui» ha detto l'organizzatore di «United we stand» Joost Eras, sottolineando che «noi non siamo dei rivoltosi, siamo qui in pace». Esattamente come alla manifestazione di Lipsia, in Germania, dove il 6 novembre scorso in un assembramento di circa 2000 persone, accanto all'estrema destra, armata di bastoni, si potevano leggere cartelli come «No green-pass. Stop fascism».
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In Olanda, come in Germania e in Austria il movimento no-vax continua a presentarsi come una compagine composita di radicalismo di destra, di ultras, ma anche di alternativi, naturopati, e di rappresentanti di minoranze, ma anche come un contenitore di protesta sociale trasversale ai partiti. Il capo della polizia olandese ha definito in una trasmissione televisiva «assurdi, bizzarri e irreali» gli scontri di Rotterdam che hanno visto arrestate 51 persone, la metà dei quali minorenni provenienti da tutto il Paese.
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In Austria e Germania il timore dei governi è che la radicalizzazione della protesta aumenti e sia sempre più difficile da gestire. A Linz, per esempio, due persone hanno dato fuoco a un’auto della polizia, dopo un controllo del greenpass. Interrogati sul motivo del loro gesto estremo hanno risposto che in realtà avrebbero voluto uccidere i poliziotti per l'umiliazione subita.
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«Questo è un livello di radicalizzazione assolutamente inaccettabile», ha detto ieri il ministro dell'Interno austriaco Karl Nehammer. E' vero che il governo di Vienna venerdì scorso ha varato misure drastiche, come il lockdown generalizzato da oggi e per 20 giorni e l'obbligo di vaccino per gli adulti a partire dal primo febbraio, ma è altrettanto vero la situazione del paese è di estrema gravità.
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Basti pensare che nel Salisburghese si è superata l'incidenza settimanale di 1800 nuovi contagi ogni 100.000 abitanti, mentre l'intera Austria registra oltre 1048,9 nuovi contagi ogni sette giorni su 100.000 abitanti.
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