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    1- IL COLPO DI GARULLO & OTTOCENTO È RIUSCITO. PIÙ SCANDALOSI DI MAURIZIO CATTELAN, PIÙ IRONICI DI GILBERT&GEORGE, PIÙ IPERREALISTI DI RON MUECK, SUI SITI DI TUTTA EUROPA LA TECA CON BERLUSCONI MORTO È DIVENTATA UN’OPERA INTERNAZIONALE 2- UN ALTRO CAPOLAVORO DI GARULLO & OTTOCENTO: SONO LORO LA PRIMA COPPIA GAY UNITA IN MATRIMONIO ALL’AJA NEL 2002. SONO LORO CHE HANNO INTRAPRESO UNA LUNGA BATTAGLIA GIUDIZIARIA PER VEDERE RICONOSCIUTI I LORO DIRITTI ANCHE IN ITALIA 3- LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE DEL 14 MARZO SCORSO, SEBBENE NON ABBIA CONSENTITO DI REGISTRARE SIC ET SIMPLICITER IL MATRIMONIO OLANDESE ANCHE IN ITALIA, HA RICONOSCIUTO LA NON DIVERSITÀ DEL MATRIMONIO GAY CONSENTENDO A GARULLO & OTTOCENTO DI RICHIEDERE DI VOLTA IN VOLTA AI TRIBUNALI ITALIANI IL RICONOSCIMENTO DEI LORO DIRITTI DI COPPIA: ASSISTENZA SANITARIA, ALIMENTI, EREDITÀ ETC ETC…


     
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    Il colpo di Garullo&Ottocento è riuscito. Più scandalosi di Maurizio Cattelan, più ironici di Gilbert&George, più iperrealisti di Ron Mueck, sui siti di tutta Europa la teca con Berlusconi morto è diventata un'opera internazionale. Meglio che andare alla Biennale di Venezia.

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    Non è una novità per loro due, cittadini di Latina anche se gli piace stare con la testa a Berlino, infrangere il muro del suono mediatico internazionale. Sono loro la prima coppia gay unita in matrimonio all'Aja nel 2002. Sono loro che hanno intrapreso una lunga battaglia giusiziaria per vedere riconosciuti, in termini di Unione Europea, i loro diritti anche in Italia.

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    La sentenza della cassazione del 14 marzo scorso, sebbene non abbia consentito di registrare sic et simpliciter il matrimonio olandese anche in Italia, ha riconosciuto la non diversità del matrimonio gay consentendo a Garullo&Ottocento di richiedere di volta in volta ai tribunali italiani il riconoscimento dei loro diritti di coppia. Che so: assistenza sanitaria, alimenti, eredità etc etc...

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    Un capolavoro. Anche perché è pronto il ricorso in Europa, visto il buco di legislazione dell'ordinamento italiano che il Parlamento si guarda bene dal colmare. Ma non solo in termini giudiziari. Perché la storia del matrimonio negato diventerà oggetto della loro prossima opera d'arte. Di che cosa si tratta?

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    Intervistati da Elisabetta Ambrosi per Vanity Fair, hanno scelto di fare i vaghi, non si sa perché ancora impreparati, oppure perché travolti dal successo del «Berlusconi morto». Raccontano: «Qualcosa che ricordi la fatica che abbiamo fatto, ad esempio un assurdo accumulo di faldoni; oppure riproponga la sensazione di stare dentro un'aula di tribunale, come quelle che abbiamo visto: sale barocche, con i giudici praticamente invisibili, e un crocifisso ben in vista».

    Garullo OttocentoGarullo Ottocento

    La loro storia comincia nel 1997, con un laboratorio di ceramica artistica Kerameion, proprio a Latina. All'inizio in verità non ci azzeccavano molto insieme: Mario Ottocento giocava con l'ineffabilità dell'informale e nell'astratto mentre Antonio Grullo giocava con le figurine dell'arte figurativa.

    Berlusconi mortoBerlusconi morto

    Adesso invece citano a tutto spiano Duchamp e il duchampismo, e già si pensano interpreti della società contemporanea. Scrivono nel loro sito ufficiale: «Con le opere attuali vogliamo indagare la facies del Potere, sia esso politico, religioso, culturale che mass-mediatico lavorando su personaggi - icona del nostro tempo.»

    Ecco fatto. Ai posteri l'ardua sentenza. (Soprattutto se «Berlusconi morto» farà levitare le loro quotazioni di mercato).

     

     


    2- GARULLO & OTTOCENTO HANNO ESPOSTO UNA TECA AL CUI INTERNO C'È UNA COPIA DI BERLUSCONI POST-MORTEM
    Pasquale Chessa per il "Fatto quotidiano"

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    "Somigliava sempre di più alle sue statue": cade a pennello la battuta di Giuseppe Bottai su Mussolini, di fronte alla teca di vetro e similoro in cui è adagiata la copia più viva del vero di Silvio Berlusconi. Morto! Potrebbe figurare come il corpo di un santo, se non ci fossero quelle pantofole rosse ai piedi con le sembianze di topolino a creare scompiglio nella mente per cercare il senso vero delle cose.

    Prima di tutto: anche se gli somiglia molto, davvero uguale con tanto di rughe tirate e verissimi capelli tinti, Berlusconi non è morto. È rifatto. Tutto di plastica. Tale e quale. Infatti nei saloni del piano nobile di Palazzo Ferrajoli, tempio "supercafonal" del potere romano dirimpetto a Palazzo Chigi, non c'è "il corpo del capo", ma invece un'opera d'arte intitolata ‘Il sogno degli italiani'. Una legenda spiega cosa significhi la cravatta slacciata, quella mano che indugia sulla patta discinta, il nastrino di cavaliere del lavoro...

    Garullo OttocentoGarullo Ottocento Garullo OttocentoGarullo Ottocento

    Da quando Duchamp ha messo i baffi alla Gioconda, si sa che all'arte è consentito di arrivare anche dove non arriva l'intelligenza delle umane cose. Assolve e purifica, quando è vera arte. Ma siccome è difficile decidere subito, su due piedi, perché bisogna aspettare i posteri, per intanto può dire quello che vuole, disvelare e provocare, scandalizzare e giudicare: "Per un'immagine definitiva dell'era Berlusconi": il sottotitolo dell'opera di Garullo&Ottocento, variante italiana, provincia di Latina, dei più famosi Gilbert&George, iscrive l'opera nella categoria dell'arte politica.

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    E allora sarà difficile per Berlusconi dolersene. Al massimo gli sarà consentito un plateale gesto scaramantico. Dovrebbe invece compiacersene. Farsi fotografare accanto alla teca tutto fiero. Perché quando passa alla storia l'arte trascina con sé le storie che racconta. E pazienza se Wojtyla ha già il suo Cattelan e Agnelli il suo Warhol. Alla fine Garullo&Ottocento, non sono poi così scarsi: fanno pensare all'iperrealismo di un grande come Ron Mueck...

    Perciò se fossimo al suo posto, proprio al posto di quel Berlusconi che si è fatto costruire anche un personale cimitero, con loculi da condividere con gli amici, ci preciteremmo a Palazzo Ferrajoli con il libretto di assegni sguainato nelle mani e sulle labbra la frase della vita di ogni gran lombardo che si è fatto ricco da solo, o quasi: "Cuse l'è ch'el custa".

     

     

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