Amedeo La Mattina Ilario Lombardo per “la Stampa”
giovanni tria
Il compromesso sul deficit potrebbe essere contenuto in una formula elaborata nel doppio vertice di ieri sulla manovra. Strappare almeno tre decimali di disavanzo in più, avvicinarsi vertiginosamente al 2 per cento - il ministro Tria è fermo sull' 1,9% - e accompagnare questo passo più lungo del previsto con un ambizioso pacchetto di tagli e 36 miliardi (fonte M5S) di investimenti. È l'unica strada per presentarsi a Bruxelles e agli occhi degli investitori con una merce vendibile.
Sembra sia questo il pre-accordo raggiunto a Palazzo Chigi, dopo una riunione pomeridiana lunga oltre tre ore alla quale hanno partecipato Tria, il premier Giuseppe Conte, il ministro degli Affari Europei Paolo Savona; per la Lega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e il viceministro Massimo Garavaglia; per il M5S la viceministra Laura Castelli e il ministro dei Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro. Non c'erano i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, impegnati altrove ma in continuo contatto con Chigi.
giulia bongiorno giovanni tria matteo salvini
LE APERTURE DEL MEF
Un summit molto operativo ma non definitivo. Altri incontri sono previsti nelle prossime ore, prima della bollinatura finale del 27 mattina, quando il premier tornerà da New York, in tempo per l'approvazione in Consiglio dei ministri della Nota di aggiornamento al Def.
Lì verrà scolpita la cifra esatta del deficit. Nel corso della riunione di ieri Tria avrebbe lasciato un' ulteriore apertura a superare il tetto dell' 1,6 per cento, la trincea in cui si era asserragliato in tutte queste settimane. Il pressing di Di Maio è stato asfissiante. La necessità di ottenere il reddito di cittadinanza in manovra, da esibire come scalpo elettorale in vista delle Europee e contro lo strapotere mediatico di Salvini, è stato più forte delle resistenze del Tesoro.
giovanni tria
Tria è arrivato a Chigi accompagnato dal Ragioniere dello Stato Daniele Franco, dal capo di gabinetto Roberto Garofoli e dal direttore generale del Mef, nonché negoziatore in Europa, Alessandro Rivera, i tecnici che Di Maio e il M5S avevano messo nel mirino. Una prova del sostegno del ministro ai suoi uomini.
Ma anche un momento di confronto senza più alibi da entrambe le parti. I dirigenti del Mef sono arrivati con le tabelle del bilancio sottobraccio per individuare fonti di spesa da rimodulare e voci da tagliare.
conte e tria
LA SCOMMESSA DEL PIL
Ma l'intesa deve essere prima tutta politica. E ieri ci si è avvicinati come non mai prima.
Tria si è convinto delle ragioni portate al tavolo dal collega economista Paolo Savona, delegato proprio a trattare a Bruxelles sulla manovra. Savona aveva in mente un piano di investimenti di 50 miliardi. La cifra dovrebbe scendere a 40 miliardi. Almeno 36, dicono i grillini.
paolo savona
Solo Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture nella scorsa legislatura, ha lasciato un piano decennale già finanziato da 130 miliardi, da cui poter attingere. Ed è questa l'arma su cui puntare per convincere gli scettici interlocutori europei a dire sì a una manovra che dovrà dimostrare di essere qualitativamente differente. «Espansiva e tutta proiettata alla crescita».
giovanni tria e claudio borghi
Come spiega il presidente della commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi, «Nella nota al Def, sul deficit, si mette una percentuale di previsione, che è quindi da confermare con il livello di Pil reale». Secondo il deputato del Carroccio, la scommessa è una crescita che trascinerebbe verso il basso il deficit e renderebbe solo virtuale l'indicazione nel Def. «È l' aspettativa di crescita quella che conta davvero. La spesa statale è fondamentale per far aumentare il Pil». In poche parole, i provvedimenti inseriti in manovra, nelle intenzioni keynesiane dei gialloverdi, dovrebbero portare all' insù consumi e occupazione, migliorando tutti i parametri economici.