Giuliano Foschini, Tommaso Ciriaco per "la Repubblica" - Estratti
mattarella xi jinping
Per capire se si tratti di un pasticcio diplomatico, un atto ostile o una semplice coincidenza frutto di sottovalutazione, bisogna mettere in fila i fatti. Eccoli: ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha annunciato la presentazione di un piano d’azione nazionale per tutelare l’università e la ricerca italiane dalle ingerenze straniere.
L’appuntamento è per domattina a Palazzo Chigi. Per capire la portata dell’operazione, bisogna aggiungere un dettaglio: il principale indiziato di queste attività di infiltrazione è la Cina, sebbene il monitoraggio abbia rilevato anche attività sospette di matrice iraniana e nordcoreana.
mattarella xi jinping
Al progetto lavora da mesi il ministro dell’Università Anna Maria Bernini, che non a caso affiancherà Mantovano. L’annuncio del governo è inaspettato, improvviso e imprevisto. E presenta un problema: poche ore dopo la presentazione del piano, Sergio Mattarella sarà ricevuto a Pechino dal presidente cinese Xi jinping. Basta questo ad alimentare sospetti, imbarazzi, retromarce, precisazioni.
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A quel punto l’Italia ha deciso di intervenire. Per mesi il ministero di Bernini ha progettato un sistema di alert che punta a scovare intrusioni sospette. L’obiettivo era presentare il piano il prossimo 4-5 dicembre a Bari.
Qualcosa, però, ha cambiato il corso delle cose. Alcune informazioni di potenziali infiltrazioni sono state consegnate all’intelligence, attraverso Chigi. E Mantovano, dopo aver ricevuto la settimana scorsa Bernini, ha imposto l’accelerazione senza neanche attendere il completamento del progetto.
alfredo mantovano giorgia meloni
Interpellata, palazzo Chigi nega che esista un alert specifico sulla Cina e che non si parlerà esplicitamente di Pechino. Resta il quesito: perché fissare la conferenza stampa a poche ore dalla visita di Mattarella? A voler escludere lo sgarbo al Colle dopo le recentissime tensioni, una possibile spiegazione passa dalla necessità di palazzo Chigi di rassicurare Washington, allarmato proprio dall’attività cinese. Quasi a bilanciare la visita presidenziale in Oriente.