1 - BREXIT, LE CONDIZIONI DEI 27 (UNITI)
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Ivo Caizzi per il “Corriere della sera”
Sono bastati pochi minuti al Consiglio dei 27 capi di Stato e di governo per concordare le linee guida della trattativa sull' uscita del Regno Unito dall' Ue, nota come Brexit, che sarà condotta con «fermezza» e privilegiando i «diritti dei cittadini». Al termine dei lavori a Bruxelles, a cui non è stata invitata la premier britannica Theresa May, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente polacco del Consiglio europeo Donald Tusk hanno sottolineato con soddisfazione «l'unanimità» dei governi Ue, da tempo poco frequente negli affari europei.
«Non ci siamo coalizzati contro nessuno», ha affermato Merkel, sostenendo che i 27 leader hanno «reso la cosa più semplice per la Gran Bretagna parlando con una voce sola». Il presidente francese uscente François Hollande ha detto che Londra «non potrà stare in una posizione più favorevole fuori, rispetto a quando era dentro».
MAY E MERKEL A BERLINO 3
Il Consiglio europeo ha deciso che dovrà prima trattare il passato e poi potrà parlare del futuro. Le tre priorità concordate sono la tutela dei diritti dei cittadini europei residenti nel Regno Unito e di quelli britannici nell' Ue, gli obblighi finanziari ed economici, la necessità di non ripristinare una frontiera tra l' Irlanda e l' Ulster. Merkel ha chiarito che «i veri negoziati» inizieranno dopo le elezioni volute da May per l' 8 giugno prossimo, che «ovviamente avranno un' influenza su come il governo britannico arriverà alla trattativa».
DONALD TUSK
Non ha voluto sbilanciarsi sulla tempistica. Il negoziatore francese dell' Ue, Michel Barnier, ha ipotizzato l' ottobre prossimo per completare la prima fase sul passato, in modo da poter chiudere la Brexit alla scadenza prevista entro due anni.
Tusk ha confermato che «prima di tutto dobbiamo conseguire progressi sui diritti dei cittadini, sugli impegni finanziari e sul confine in Irlanda».
A Londra potrebbero non concordare sui costi a loro carico, che a Bruxelles sono stati stimati informalmente intorno a 60 miliardi di euro. C' è la preoccupazione che Londra possa non dare il via libera alla revisione del bilancio pluriennale Ue. Nel Consiglio un problema può scaturire dai molti pretendenti (tra cui l' Italia) per le due Agenzie Ue (banche e farmaci) destinate a lasciare il Regno Unito. Il premier Paolo Gentiloni ha escluso «pericoli per l' Italia» nella trattativa sulla Brexit e ha garantito l' impegno a «difendere gli interessi dei circa 500 mila» connazionali residenti Oltremanica.
JEAN CLAUDE JUNCKER
Ha manifestato l' intenzione di evitare che il negoziato faccia trascurare due priorità come «la capacità di cambiare su alcuni dossier fondamentali, primo fra tutti quello di una politica economica che accompagni e non deprima la crescita» e di «avere una politica migratoria comune degna di questo nome». Ma al termine dei lavori, cancellando la conferenza stampa ed evitando i giornalisti all' uscita, Gentiloni ha fatto capire di non aver ottenuto risultati nel vertice e nei colloqui a margine.
2 - MA DIETRO I SORRISI SI SCORGONO GIÀ LE PRIME CREPE
Danilo Taino per il “Corriere della Sera”
La gioiosa unità d' intenti registrata ieri dai 27 della Ue sulla Brexit passa ora alla prova dei fatti. E nel concreto della trattativa che si aprirà con Londra non è detto che sarà gioiosa; nemmeno del tutto unita. In Germania, Paese chiave anche in questa circostanza, già si sentono voci autorevoli di dissenso sulla linea dura che prevale a Bruxelles e che Angela Merkel sembra avere (fino a un certo punto) sposato.
Mark Rutte
Di base, coincidono con quelle del premier olandese Mark Rutte, unico che esplicitamente preferisce che il negoziato sul rapporto commerciale e politico post Brexit tra Ue e Regno Unito inizi al più presto, in parallelo con quello sui termini di uscita di Londra: possibilità che al vertice Ue di ieri è sembrata esclusa. All' inizio di un negoziato, ognuno dei contendenti afferma le proprie posizioni in modo netto. Ci sono però già sfumature. Ogni volta che intervengono sul tema, la stessa Merkel e il suo potente ministro Wolfgang Schäuble si sentono in obbligo di sottolineare che le trattative saranno fatte in «amicizia».
E ci sono prese di posizione più nette. Il viceministro delle Finanze ed emergente nel partito della cancelliera, Jens Spahn, ha detto ieri di sperare che i negoziati non finiscano «in una guerra di divorzio ma trovino buone soluzioni per entrambi, in un processo ordinato».
Alla base c' è il fatto che per alcuni Paesi del continente, Germania tra questi, la Brexit sarà costosa e una Brexit dura, cioè senza un accordo, ancora più costosa.
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Venerdì, il centro di studi economico di Monaco Ifo, influente sul governo tedesco, ha invitato Berlino a tenere bassi i toni. Uno dei suoi direttori, Gabriel Felbermayr, ha spiegato che una hard Brexit costerebbe alla Germania parecchi posti di lavoro. Andrebbero evitati «danni non necessari».
In ogni caso - ha spiegato - Londra non trarrà benefici dall' uscita, «quindi non c' è bisogno di infliggere altre punizioni» che farebbero molto male anche ai tedeschi. «La Ue dovrebbe evitare di minacciare», aggiunge Felbermayr, perché la chiave è la reciprocità, un accordo che soddisfi entrambe le parti. Il negoziato sull' uscita di Londra e quello sul rapporto futuro tra Ue e Gran Bretagna dovranno avvenire presto in parallelo - a suo avviso - perché solo quando tutte le questioni sono sul tavolo si può raggiungere un accordo positivo. Una Ue vendicativa può fare male a se stessa. Meglio che sia intelligente.