1. LE BORSE SNOBBANO L'EPIDEMIA: ECCO I QUATTRO MOTIVI
Vittorio Carlini e Morya Longo per ''Il Sole 24 Ore''
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Non sappiamo quanto si diffonderà l' epidemia di coronavirus nel mondo. Né quanto durerà l' emergenza. Né quanto severo sarà l' effetto sull' economia globale. Ma una cosa la sappiamo: alle Borse non sembra interessare più di tanto.
Perché prima ancora di avere le risposte della scienza, i listini sono riusciti a tornare sui massimi storici nei giorni scorsi. I motivi di questa strana reazione, giusta o sbagliata che sia, sono almeno quattro.
Uno: l' opinione diffusa sui mercati è che il virus avrà un impatto solo temporaneo sull' economia. Due: le banche centrali continuano a sostenere il mercato. Tre: gli investitori sono sovra-esposti sul mercato obbligazionario che ormai offre rendimenti ridotti all' osso, per cui saranno costretti a investire in Borsa. Quattro: ormai i mercati sono dominati dagli algoritmi, che hanno - sembrerà banale - meno "emotività" degli esseri umani.
strade vuote a pechino per il coronavirus
Economia e virus L' opinione generale che gira sui mercati è bene sintetizzata da Emmanuel Cau, head of equity strategy per l' Europa di Barclays: «Tra gli investitori è diffusa l' idea che l' impatto sull' economia sarà transitorio. Il coronavirus rallenterà la crescita, questo è certo, ma difficilmente la farà deragliare. Anzi, crediamo che gran parte di ciò che viene perso in questo trimestre verrà recuperato nei successivi».
Basta guardare le stime sulla crescita del Pil fatte da Barclays per capire il concetto: prima del coronavirus la banca inglese prevedeva, per il 2020, un Pil globale in crescita del 3,7% nel primo trimestre e del 3,2% nel secondo; ora invece stima un primo trimestre ben più "magro" (+1,8%) ma un secondo ben più "nutrito" (+4,2%). E un sondaggio di Reuters tra 40 economisti lancia lo stesso messaggio: un colpo di freno ora, un' accelerazione dopo.
E se il Pil non deraglia, neppure gli utili aziendali dovrebbero farlo: le stime sui profitti nel 2020 delle aziende quotate a Wall Street sono infatti scese da un +9,6% di inizio anno a +8,1%. Solo una lieve limatura, che nulla toglie alla ripresa rispetto alla crescita dell' 1,7% nel 2019. Certo, gli investitori sanno bene che possono sbagliarsi: per questo tutti, Barclays inclusa, suggeriscono di coprire i rischi facendo hedging. Ma l' orientamento generale resta positivo sui mercati.
CORONAVIRUS
Il paracadute e i tassi L' ottimismo è poi determinato dall' atteggiamento delle banche centrali. Nel 2019 a livello globale 48 di loro hanno tagliato i tassi complessivamente 88 volte per un totale di 9mila punti base, secondo i calcoli di JP Morgan Am. Inoltre la Bce è tornata a stampare moneta.
E anche la Fed Usa, pur senza un vero quantitative easing, dallo scorso settembre ha iniettato 420 miliardi di liquidità sui mercati.
Gli investitori scommettono anche sul fatto che se la situazione peggiorasse, le banche centrali (almeno quelle che hanno ancora hanno spazio di manovra) potrebbero intervenire con maggiore forza. Insomma: l' opinione diffusa è che, in ogni caso, c' è un paracadute per economia e mercati. Questo tranquillizza non poco.
Non solo. La politica monetaria ultra-espansiva ha creato un altro fattore che potrebbe sostenere le Borse: i rendimenti sui mercati obbligazionari sono scesi molto nel 2019 ma, nonostante questo, i timori per la guerra commerciale Usa-Cina hanno spinto gli investitori più sui mercati obbligazionari che su quelli azionari. «Gli asset manager sono sovraesposti sull' obbligazionario - osserva Cau di Barclays -. Con il coronavirus le azioni delle aziende più esposte sulla Cina non sono ancora tornate sui livelli precedenti. Questa è dunque un' occasione per rientrare sul mercato, ovviamente con la copertura dei rischi».
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L' algoritmo ha gli anticorpi Ma non è solo questione di liquidità o fiducia nelle banche centrali.
L' epidemia di coronavirus è un tragico fenomeno che, lo si voglia o no, risveglia paure ancestrali nell' uomo. Una situazione che può scatenare la classica reazione irrazionale, anche su mercati. Sennonché, secondo Aite Group, nel 2019 circa il 66% degli scambi di Wall Street è in mano a robot (la quota è del 55% a livello globale). Cioè: larga parte dell' operatività è gestita da software che, escludendo l' emotività, possono avere calmierato i listini.
xi jinping con la mascherina 2
Non solo. A detta degli esperti è plausibile che le strategie automatiche, spesso basate sull' analisi delle serie storiche, abbiano sottopesato (se non addirittura non considerato) la variabile dell' epidemia di coronavirus. Per quale motivo? Semplicemente perché, di là dalla difficoltà di definirne i parametri, è una realtà nuova. Certo: la prova empirica di questa valutazione allo stato attuale è impossibile. Inoltre l' uso di sistemi neurali rende i robot trader sempre più in grado di adeguarsi alla realtà in tempo reale.
E però va ricordato che, anche nel periodo del rischio di escalation militare tra Usa e Iran, molti analisti hanno rilevato come le Borse abbiano mantenuto un comportamento composto.
Oggi, come allora, l' algoritmo ha investito razionalmente e limitato l' emotività dei mercati. Il tempo dirà se ci hanno visto giusto.
2. IL CORONAVIRUS E LE TOSSINE DELL'INCERTEZZA
Donato Masciandaro per ''Il Sole 24 Ore''
Fanno bene le banche centrali a citare il Coronavirus nelle loro previsioni macroeconomiche, ma facendo molta attenzione d' ora in avanti. L' effetto boomerang è dietro l' angolo, se già guardiamo all' estremo risalto che i media hanno dato ai loro interventi. Occorre stare attenti al peso delle parole.
IGNAZIO VISCO
Nei giorni scorsi diversi banchieri centrali hanno illustrato in pubblici interventi lo stato dello scenario macroeconomico per i prossimi mesi: Ignazio Visco a Brescia, Christine Lagarde a Bruxelles, Jerome Powell a Washington. Ciascuno di loro ha dedicato una frase - non di più - all' eventualità che il Coronavirus possa incidere sui risultati economici durante il 2020. L' effetto moltiplicativo di quelle frasi attraverso il meccanismo dei media appare rilevante.
Oggi non abbiamo e non possiamo avere dati sistematici e robusti, ma guardiamo solo all' impatto sui motori di ricerca di quella frase rispetto al totale dell' evento in cui quella frase è stata pronunciata: per Visco il moltiplicatore è stato pari a 1,51, per la Lagarde è stato 18,3, per Powell arriviamo al 26,8. Numeri immediati e superficiali, che però vanno nella direzione indicata da quello che stiamo imparando in generale sulla politica monetaria: da un lato, le parole dei governatori delle banche centrali contano sempre di più; da un altro lato, i banchieri centrali devono essere sempre più attenti a maneggiare lo strumento dell' annuncio, se vogliono ridurre il rischio di avere effetti che possono essere al contempo non voluti e non desiderati.
Hanno fatto bene i banchieri centrali a iniziare a citare il Coronavirus?
WALL STREET BORSA NEW YORK STOCK EXCHANGE
La risposta è sì. Da un punto di vista economico, il Coronavirus rappresenta un caso di epidemia, che a sua volta è una situazione rilevante di evento relativamente raro e imprevedibile. L' evento raro può essere correlato con le variabili economiche nelle due possibili direzioni: le variabili economiche possono essere tra i moltiplicatori di una epidemia e, a loro volta, possono essere influenzate da essa.
In entrambe i casi, la ragione di fondo è che l' epidemia è legata alle reti delle relazioni interpersonali. Riguardo le cause di una epidemia, una domanda a cui l' analisi scientifica ha cercato di rispondere è se tale evento sia più correlato con le fasi di espansione o di recessione economiche.
Le risposte sono state finora opposte: mentre le ricerche epidemiologiche hanno sottolineato il ruolo delle recessioni, le analisi economiche danno finora più peso alle fasi di espansione economica, in cui gli scambi di merci, servizi e persone sono più frequenti. Quando l' epidemia è avviata, l' azione di prevenzione e contrasto, a seconda del suo disegno, può essere più o meno efficace rispetto al contagio, ma anche più o meno efficiente in termini di analisi economica dei costi e benefici, come mostra uno studio sulla Francia di Jerome Adda del 2016.
Poi c' è l' effetto che l' epidemia può avere sulla dinamica economica. Le reti interpersonali sono differenti per spessore e intensità. Reti fitte e complesse diffondono la tecnologia, ma anche le epidemie. Crescita economica e rischio epidemia possono essere due facce della stessa medaglia. Riguardo al Coronavirus, in un momento in cui la durata e la robustezza della fase positiva del ciclo economico sono incognite, anche solo il rischio epidemia può in linea di principio contribuire a far pendere la bilancia verso la recessione. Come? I canali di trasmissione sono due, tra loro intrecciati: l' incertezza e le aspettative. È qui che può entrare in giuoco il ruolo della politica monetaria.
DONALD TRUMP JEROME POWELL
L' incertezza è una tossina, perché rende qualunque tipo di pianificazione più difficile - dal consumo all' investimento. Allora il rischio di un' epidemia non va sottovalutato, le banche centrali devono introdurlo correttamente nei loro modelli, e comunicare le proprie scelte. La Banca centrale neozelandese ha motivato la sua decisione di non modificare i tassi di interesse citando esplicitamente la sua convinzione di non ritenere al momento macroeconomicamente rilevante il fattore Coronavirus. Allo stesso modo la Banca centrale messicana, che giovedì ha ridotto i tassi, sta facendo i conti (macroeconomici) degli effetti dell' epidemia da alghe sargasso che ha interessato alcune spiagge del Paese.
In parallelo, nessuna autorità pubblica - banche centrali incluse - deve sottovalutare il nesso tra incertezza e aspettative. A parità di altre condizioni, tale effetto è tanto più forte quanto più le istituzioni sono autorevoli, ed è indubbio che in campo macroeconomico le banche centrali lo siano. Allo stesso modo, mercati, imprese e famiglie possono essere suggestionabili. Il rischio boomerang è sempre in agguato.