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    FAKE ART – IL LIBRO DEL CRITICO D’ARTE HARRY BELLET “FALSARI ILLUSTRI” RIVELA IL SEGRETO DI PULCINELLA: “NEI MIEI 15 ANNI AL MET, AVRÒ ESAMINATO 50 MILA OPERE E UN BUON 40% ERA FALSO. PER ALTRI MUSEI SIAMO AL 50%” – SGARBI: “ALCUNI FALSARI SONO ENTRATI DI DIRITTO NELLA STORIA DELL’ARTE. SARANNO CLONATI ANCHE I ‘PALLONCINI’ DI JEFF KOONS, MA LUI MERITA UN DISCORSO A PARTE PERCHÉ…”  – LA STORIA DI WOLFGANG BELTRACCHI


     
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    1 – ARTE SOTTO CHOC: «NEI MUSEI UN QUADRO SU DUE È FALSO»

    Nino Materi per “il Giornale”

    HARRY BELLET 1 HARRY BELLET 1

     

    Anno di grazia del Signore 2019. Signore delle fake, ovviamente. Annegati dal Giudizio Universale delle news false, potevano mai salvarsi i quadri? Una domanda cui Harry Bellet, autorevole firma de Le Monde, studioso e critico d' arte francese (una specie di Sgarbi incorniciato in salsa parisienne) risponde nel suo Falsari illustri (SKIRA), libro brillante e originale: pregio - quest' ultimo - non da poco, considerato che l' argomento trattato è la falsificazione.

    harry bellet falsari illustri harry bellet falsari illustri

     

    Bellet, già a pagina uno, parte a pallettoni: «Quando Thomas Hoving, ex direttore del Metropolitan Museum di New York, dichiarò nel 1997 che il 40% delle opere nel suo museo erano false, pensammo a un' esagerazione tipicamente americana. Di fatto, ci si domanda invece se la cifra non sia inferiore alla verità». Bellet non rielabora, ma cita testualmente Hoving, il quale nel suo scritto dal titolo False Impressions: The Hunt for Big-Time Art Fakes (Touchstone Edition, New York 1997) riporta la propria, clamorosa, testimonianza: «Nei miei quindici anni al Metropolitan Museum of Art, avrò esaminato cinquantamila opere d' arte di tutti i generi: un buon 40% erano o falsi o così malamente restaurati o mal attribuiti da dover essere considerati alla stregua di falsi».

    le teste false di modigliani le teste false di modigliani

     

    D' accordo così allora? 40% e fenomeno «taroccamento» limitato dunque al, se pur prestigioso, Metropolitan Museum of Art di New York? Macché. Bellet, in rapida successione (e siamo appena alle note a piè di pagina del primo capitolo del libro) piazza un secondo scoop, aumentando ulteriormente la stima dei falsi museali: «Per altri, e più recentemente, saremmo piuttosto vicini al 50% secondo le dichiarazioni di un esperto svizzero, Yann Walther». Anche in questo caso il critico di Le Monde cita la fonte, individuata nell' articolo di Walther, Over 50 Percent of Art Is Fake, pubblicato il 13 ottobre 2014 su Artnet News.

     

    wolfgang beltracchi 1 wolfgang beltracchi 1

    L' elenco degli esempi è lunghissimo e alcuni sono al limite della barzelletta. Benché al Mimara Museum di Zagabria nessuno abbia voglia di ridere. Motivo? «La totalità delle sue 3.754 opere sarebbe falsa», almeno a dar credito a quanto spifferato dal solito Hoving. La lettura di Falsari illustri prosegue spedita, senza mai annoiare; e ciò grazie anche a battute fulminanti (ma per nulla false), del tipo: «Camille Corot avrebbe realizzato 3.000 dipinti dei quali 5.000 sono negli Stati Uniti...». Una leggerissima incoerenza numerica di cui Bellet ci svela il segreto: «Si pensa che Paul-Désiré Trouillebert (1829-1900), che dipingeva alla maniera di Corot, ne sia - per una piccola parte - l' autore».

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    C' è un filo che unisce la Fake Art del passato con la Tarocco Art del presente, ed è l' apprezzamento sociale conquistato dal genio del falsario: «La cosa più straordinaria - annota antropologicamente Bellet - è che questi casi tornano a galla regolarmente, suscitando sempre la simpatia del pubblico e la relativa clemenza della giustizia nei confronti dei falsari».

    wolfgang beltracchi wolfgang beltracchi

     

    Fuori un nome, monsieur Bellet: «Il più recente è quello di Wolfgang Beltracchi, incarcerato nell' agosto 2010 per aver venduto dalla metà degli anni '90 dozzine di dipinti di Max Ernst, André Derain, Fernand Léger, Max Pechstein, Heinrich Campendonk e molti altri». Nonostante parecchi sui falsi siano ancora oggi sulle pareti di svariati grandi musei internazionali, Beltracchi non ha fatto un solo giorno di carcere. Orson Welles nel suo film del 1973 F come falso narrava di «falsari di professione e critici d' arte che scambiano i quadri dei falsari per veri». L' arte prigioniera di una F.

     

    HARRY BELLET HARRY BELLET

    2 – «SONO GIÀ PRONTI ANCHE I CLONI DEI PALLONCINI DI JEFF KOONS»

    Nino Materi per “il Giornale”

     

    Vittorio Sgarbi, dinanzi al libro Falsari illustri (SKIRA) del critico d' arte de Le Monde, Harry Bellet si mostra abbastanza incuriosito. E non tanto perché c' è qualcuno che ha definito Bellet, lo «Sgarbi francese», ma perché il tema dei falsi lo interessa e, in qualche modo, lo intriga.

     

    Sgarbi, ma lei i falsari d' arte li disprezza?

    VITTORIO SGARBI VITTORIO SGARBI

    «Niente affatto. Alcuni di loro sono entrati di diritto nella storia dell' arte per un talento non certo inferiore a quello dei maestri di cui copiavano i capolavori».

     

    Ma perché un artista di «talento» decide di copiare le tele altrui, invece che a creare capolavori in proprio?

    «Per due motivi: il primo legato alla visibilità dell' opera, il secondo per ragioni economiche».

     

    Replicare tele famose garantisce fama e ricchezza?

    «Sì. Ma solo quando si raggiungono livelli eccelsi di qualità».

     

    balloon dog jeff koons balloon dog jeff koons

    Ma è più facile falsificare un' opera antica o contemporanea?

    «Riprodurre un taglio di Fontana è più facile che replicare un affresco del '500».

     

    Tra cento anni saranno clonati anche i «palloncini» di Jeff Koons?

    «Tra meno di cento anni. Ma Koons merita un discorso a parte?».

     

    Cioè?

    «Le sue sculture non interessano al grande pubblico».

     

    E allora a chi interessano?

    «A un gruppo ristretto di 500 ricconi disposti a spendere cifre folli per possedere un' opera emblematica del nostro tempo».

     

    JEFF KOONS BALLOON DOG JEFF KOONS BALLOON DOG

    Emblematiche perché l' acquirente ci si può specchiare dentro?

    «Una sorta di selfie artistico».

     

    Grazie al quale il ricco compratore ha la sensazione di diventare esso stesso parte integrante dell' opera d' arte.

    «Una sensazione che però è pura illusione».

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