molinari
In fila per sei con il resto di due, dietro al Numero uno/una/x. Repubblica non solo aderisce al prossimo gay pride di Roma, ma il direttore Maurizio Molinari invita tutti i giornalisti a partecipare dietro all'apposito striscione aziendale. Lo ha fatto con una scarna ma pregna comunicazione al corpo redazionale, il cui principale merito è di iniziare con un sobrio e paterno «Cari tutti», anziché utilizzare il più inclusivo schwa, l'impronunciabile elemento fonetico che viene dalla lingua ebraica e ci renderà tutti meno discriminati.
L'adunata del sabato iridato è in programma per il prossimo 11 giugno in una città che è detta eterna perché è sopravvissuta a tutto e a tutto sopravviverà. «Cari tutti, in questi anni abbiamo cercato di connotare sempre più Repubblica come il giornale dei diritti», scrive Molinari. E aggiunge che si tratta di «una battaglia nella quale crediamo e per la quale impieghiamo i nostri sforzi quotidiani, come persone prima ancora che come giornalisti».
la lettera ai dipendenti di repubblica sul gay pride di Molinari
Persone prima che giornalisti, esattamente come quando si pubblicavano paginate di intercettazioni telefoniche, con dentro cose e persone che nulla c'entrano con la notizia. Il direttore arrivato da una lunga carriera alla Stampa va dritto al sodo: «Quest'anno Repubblica prenderà parte con un proprio striscione al gay pride di Roma. Chiunque voglia partecipare è benvenuto».
Non solo, ma «chi desidera prendere parte attivamente alla sfilata e aiutare a sorreggere il nostro striscione per una parte del corteo, può scrivere a Laura Pertici che coordina l'iniziativa».
Quando era corrispondente da Washington, i perfidi colleghi avevano soprannominato Molinari Coccolino. Grande esperto di politica estera, lavoratore forsennato e collega di rara gentilezza e disponibilità con tutti, come direttore sta alla Repubblica di Scalfari come Matteo Renzi al Pd.
gay pride
Molinari, insomma, è il direttore più di destra che ci sia mai stato al quotidiano finito nelle mani della famiglia Agnelli Elkann, ma la sua destra non è quella di Giorgia Meloni. Figlio della buona borghesia ebraica romana, la scorsa settimana ha affiancato a una pagina di giubilo laico democratico e antifascista per la nomina di Matteo Zuppi alla guida della Conferenza episcopale italiana, un'intervista al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, così titolata: «Con noi ebrei adesso il dialogo crescerà». Era esattamente la prima preoccupazione di Bergoglio quando ha dovuto scegliere il capo dei vescovi italiani, a soli nove mesi dalle elezioni generali.
Maurizio Molinari
E comunque non deve passare sotto silenzio neppure la splendida trovata dello striscione aziendale pro gay, che messa così e ricordando che Molinari è stato per oltre un ventennio un dipendente della Fiat, potrebbe anche ricordare le gite aziendali del ragionier Fracchia. E invece questa trovata è più probabilmente un retaggio, se non della Marcia dei Quarantamila, di quelle manifestazione dietro gli striscioni di Lotta Continua alle quali hanno partecipato negli anni belli decine di giornalisti di Espresso e Repubblica.
La foto che aspettiamo, sabato 11 marzo, è quella di Molinari dietro lo striscione arcobaleno. E poi vorremmo vedere lo screenshot dei messaggi che gli manderà il suo ex co-editore Carlo De Benedetti. O la faccia del suo predecessore Ezio Mauro, che non scenderebbe in piazza neppure a difesa del tartufo d'Alba e adesso rischia di vedere qualche suo ex giornalista presentarsi alla manifestazione «con la famiglia».
maurizio molinari foto di bacco (4)
Ma non la famiglia a cui pensano loro, e neppure quella del «familismo amorale» contro cui i fondatori dell'Espresso, lottavano insieme a Mario Pannunzio, fondatore del Mondo. No qui, bisogna diramare una seconda circolare interna che specifichi che se un giornalista di Repubblica intende sfilare dietro lo striscione di redazione con il compagno/a vestito da drag queen, è pregato almeno di avvertire la collega Pertici.
Con l'occasione di questa ordinanza che potremmo definire Ordinanza decoro, si potrebbe anche indire, per non sembrare fascisti, un beauty contest per lo slogan migliore da scrivere sullo striscione.
L'unico che ci viene in mente e non ci farebbe radiare dall'ordine dei giornalisti è qualcosa come «Più Sambuco/a/x Molinari per tutti». Però sicuramente il fratello genio dell'editore, Lapo Elkann, troverà un'idea migliore e più raffinata.
maurizio molinari si addormenta in diretta al tg2 post 1
A parte ciò, è giusto cogliere con serietà il dato politico dell'iniziativa. L'ex giornale partito della sinistra che sfila al pride romano in nome della «battaglia per i diritti» chiude in modo perfetto, e anche giulivo, la parabola della sinistra italiana, che dai tempi della legge Biagi sul lavoro, della legge Mancino sui reati d'opinione, o della Turco-Napolitano sull'immigrazione, è passata dalla tutela dei diritti dei lavoratori a quella dei soli diritti civili.
Quanto agli attuali editori di Repubblica, come a quelli precedenti, se accostati alla parola «diritti», vengono in mente principalmente quelli di prelazione, di recesso e di opzione. E soprattutto, la battaglia per i diritti di successione.