Marco Giusti per Dagospia
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E stasera che vediamo? Io so già che andrò avanti con la serie darkettona di Netflix “1899” della coppia svizzero-tedesca Jantje Friese and Baran bo Odar. Sì, magari un po’ lenta, ma di gran classe. E poi le navi fantasma funzionano sempre. E adoro Emily Beecham e mi piace anche il capitano tormentato della nave, Andreas Pietschmann.
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Ieri sera mi sono visto due film, ahimé, alquanto modesti. Parlo di “Slumberland” di Francis Lawrence con Jason Momoa su Netflix, e “Omicidio nel West End” di Tom George su Disney +. Nel primo si massacra il genio di Winsor McCay e della sua meravigliosa invenzione di oltre un secolo fa, “Little Nemo”, nel secondo quello di Agatha Christie e il suo “Mousetrap”, “Trappola per topi”.
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In “Slumberland”, che dovrebbe aprire le grandi produzioni Netflix natalizie, che proseguiranno presto con il “Pinocchio” di Guillermo Del Toro, si rielaborano in maniera, ahimé, moderna, i sogni di Little Nemo e il suo viaggio a Slumberland, il mondo dei sogni e il suo complesso rapporto col personaggio di Flip, un po’ clown, un po’ avventuriero, un po’ black-faced, anzi green-faced, e per questo può essere rappresentato con qualche accortezza oggi, a differenza del “selvaggio” Imp o Impie, considerato parodia razzista.
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Già si era tentata una versione moderna di “Little Nemo” negli anni ’80, con un disastroso “Little Nemo” di coproduzione nippo-americana, dove lavorarono fin troppi talenti, da Hayao Miyazaki e Isao Takamata a Masami Hata, da William Kurtz a Moebius, dove almeno Nemo era un bambino che viaggiava in pigiama e Flip era identico a quello disegnato da McCay, ben doppiato però da Mickey Rooney, che gli dava il giusto tono da spaccone, mentre Imp era già stato eliminato perché politicamente scorretto.
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Qui Nemo da bambino diventa la bambina Nemo, Marlow Barkley, e Flip, da personaggi di nano da circo e da vaudeville americano col volto pitturato di verde, il sigaro e il cappello a tuba, diventa Jason Momoa con le corna da bestia, i canini da lupo, un assurdo vestito e i piedi troppo grandi per le scarpe sul modello “La bella e la bestia”.
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Grazie a Flip, la piccola Nemo, già orfana di madre, che ha perso anche il padre, Kyle Chandler, guardiano del faro (ma perché?), quando si addormenta nella ricca casa dello zio sfigato, Chris O’Dowd, dopo aver incontrato Flip, vecchio compare di avventure del padre, si avventura nel mondo dei sogni di Slumberland.
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Non creda che si faccia né un buon servizio al povero Winsor McCay e ai suoi personaggi né al talento di Jason Mamoa, che non può fare Flip con le corna e la tuba in testa. Scritto da Michael Handelman, David Guion, già responsabili dell’ultima “Notte al museo” e ora attivati per massacrare un altro classico americano epr l’infanzia, “Harold e la matita magica”. Aiuto!
Omicidio nel West End
Purtroppo non è tanto meglio, su Disney+, “Omicidio nel West End”, diretto da Tom George, scritto da Mark Chappell, che pure prometteva di più. Siamo nel 1953 a Londra e assistiamo nel West End alla centesima rappresentazione di “Mousetrap”, cioè “Trappola per topi” di Agatha Christie, quando viene ucciso Leo Kopernick, cioè Adrien Brody, il regista americano che avrebbe dovuto portare al cinema la commedia con le logiche un po’ cafone di Hollywood.
Omicidio nel West End
Indagano l’ispettore Stoppard, un Sam Rockwell totalmente spaesato, e una giovane poliziotta, Stalker, un’adorabile Saoirse Ronan. Testimoni e possibili sospettati del delitto sono attori e responsabili della commedia, dallo sceneggiatore, David Oyelowo, al produttore, Reece Shaersmith.
Omicidio nel West End
Troppa la voglia di fare una commedia stravagante alla Wes Anderson, ma non è sorretta né dalla regia né dalla sceneggiatura, al punto che dopo un inizio anche divertente, ci afflosciamo grazie a un plot che vuole stupirci più raccontarci una storia credibile. E Sam Rockwell non funziona per nulla.
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