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    IL DIVANO DEI GIUSTI - ALLA FINE, DOPO TUTTI QUESTI OSCAR LA DOMANDA È SEMPRE QUELLA: CHE VEDIAMO STASERA? IL VERO EVENTO DELLA SERATA È L’ULTIMA PUNTATA DI “THE LAST OF US” NON CI SONO OSCAR CHE LO BATTANO - E IN CHIARO? IL FILM PIÙ STRACULT DELLA PRIMA SERATA, E VE LO CONSIGLIO CALDAMENTE, È L’INCREDIBILE PRIMO WESTERN PUGLIESE DELLA STORIA, “IL MIO CORPO VI SEPPELLIRÀ” - IN SECONDA TROVATE UN EROTICHELLO CHE MOLTO CI STUZZICAVA NEGLI ANNI ’60, “I DOLCI VIZI DELLA CASTA SUSANNA”… - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

    the last of us the last of us

     

    Alla fine, dopo tutti questi Oscar, Michelle Yeoh che si abbraccia con Halle Berry, Lady Gaga con il sedere di fuori che si sente molestata dai giornalisti (beh…), Angela Bassett incazzata per non aver vinto (se ti vesti di viola, fija mia…), il trionfo della piccola società intelligente A24 che ha vinto i premi maggiori con “Everything Everywhere All At Once” e “The Whale”, il flop della Disney, che spingeva “Gli spiriti dell’isola”, e si vedrà presto su Disney +, il mezzo flop di Netflix, che può vantarsi dei 4 Oscar a “Niente di nuovo sul fronte occidentale, e dell’Oscar al miglior film animato del “Pinocchio” di Guillermo Del Toro e di Carl Gustaffson, che è il vero regista d’animazione del film, la domanda è sempre quella: che vediamo stasera?

     

    pedro pascal bella ramsey the last of us pedro pascal bella ramsey the last of us

    Soprattutto per evitare il solito talk dalla Gruber sulle gaffe di Meloni&Co al compleanno di Salvini, il problema Piantedosi, il problema Nordio, ecc. ecc. Intanto, il vero evento della serata, e lo sappiamo tutti, è, su Sky, l’ultima puntata di “The Last of Us” con Pedro Pascal e Bella Ramsay. Appena finisco di scrivere me lo vedo. Non ci sono Oscar che lo battano. Detto questo. Vi prego. Invece di poltrire sul divano andate subito al cinema a vedere “Everything Everywhere All At Once” dei Daniels con Michelle Yeoh. Un film che vince sette Oscar si deve vedere. Meglio in sala.

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    A Roma lo fanno al Barberini e all’Adriano stasera. E se non vi piace, pazienza, ce ne faremo una ragione. Anche “The Whale” si deve vedere. Sono ancora in sala, come “Tar” e “Women Talking” di Sarah Polley, che ha vinto la miglior sceneggiatura non originale. In streaming avete solo “Triangle of Sadness”, che non ha vinto niente, ”Wakanda Forever”, che ha vinto per i migliori costumi, ci sta, e i due film Netflix, che sono lì da mesi. Se non vi va di vedere i film degli Oscar, avete su Disney il concerto estivo di Miley Cyrus mezza nuda che si dimena, “”Miley Cyrus: Endless Summer Vacation”. Una coattata, però…

     

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    E in chiaro che vediamo stasera? Iris alle 21 presenta “Dunkirk” di Christopher Nolan, filmone di guerra benissimo ricostruita e fotografata, ben strutturata malgrado qualche inciampo temporale per rendere il tutto più difficile e più artistico, ma perdoniamo l’ego smisurato del regista. Ci sono Fionn Whitehead, Aneurin Barnard, Harry Styles, Kenneth Branagh, James D'Arcy. In sala era uno spettacolo, tra la regia minuziosa di un perfezionista come  Christopher Nolan e l’incredibile fotografia costruita fra 70 mm, SuperPananavision e Imax da Hoyte Von Hoytema, per non parlare della musica acchiappona di Hans Zimmer che ingloba un celebre tema di Edward Elgar (la Variation 15). 

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    Dunkirk non solo rispolvera il vecchio film di guerra patriottico inglese, con tanto di trionfo del tè per ogni evenienza, ma apre finalmente un varco nella ovvietà produttiva americana, imbottigliata nei film della Marvel. Qui ci sono 400 mila i soldati inglesi imbottigliati più realisticamente a Dunkirk nel maggio del 1940 stretti tra il mare e l’avanzata via terra tedesca, quindi facile bersaglio della loro aviazione. Basterebbe il pilota Farrier di Tom Hardy, pochissime battute, faccia coperta come il Bane di Batman, che sorvola il cielo per difendere la ritirata inglese da Dunkirk, per farci piacere il film.

    loro chi? loro chi?

     

    Se volete un snatino della sera, Tv2000 offre alle 20, 55 il biopic  spagnolo “Teresa D’Avila” diretto da Jorge Dorado con Marian Álvarez, Antonio de la Torre, Aitana Sánchez-Gijón, David Luque, Carla Díaz. Cine 34 alle 21 presenta una divertente commedia di truffe e truffati, “Loro chi?” diretta da Fabio Bonifacci e Francesco Miccichè con Marco Giallini in coppia con Edoardo Leo. L’idea, attorno alla quale Bonifacci ha lavorato più di dieci anni, è quella dell’incontro tra un simpatico truffatore, Marcello, cioè Marco Giallini, e un giovane esperto di marketing, David, cioè Edoardo Leo.

    marco giallini edoardo leo loro chi? marco giallini edoardo leo loro chi?

    David non solo verrà truffato clamorosamente da Marcello, ma si ritroverà in sole 48 ore senza lavoro, senza donna, Susy Laude, senza casa, senza più nulla. Anche perché il suo potente padrone, Ivano Marescotti, lo vuole morto, visto che per colpa sua è svanito un affare miliardario. David, deciso a vendicarsi, si metterà sulle tracce di Marcello, ma invece di denunciarlo, si metterà con lui e con le sue due belle socie, le bonissime Catrinel Marlon e Lisa Bot, una mora e una bionda, e inizierà la sua iniziazione al mondo delle truffe in quel di Trani, dove faranno finta di essere due produttori pronti a girare una fiction in Puglia scatenando i maggiorenti della città. Occhio che il mio amico Gmax fa addirittura un doppio ruolo.

     

    arnold schwarzenegger danny devito i gemelli arnold schwarzenegger danny devito i gemelli

    Su Canale 20 alle 21, 05 un revenge movie di livello, “Giustizia privata” di F. Gary Gray con Gerard Butler, Jamie Foxx, Colm Meaney, Bruce McGill. Magari non è male. In “Junior” di Ivan Reitman con Danny De Vito, Arnold Schwarzenegger, Emma Thompson, Pamela Reed, Canale 27 alle 21, 10, il Vecchio Arnold è addirittura incinto, come accadde a Mastroianni in un film con la Deneuve. Meglio il precedente “Gemelli” con De Vito e Schwarzenegger, però i due funzionano bene assieme. Critiche modeste.

    il mio corpo vi seppellira. il mio corpo vi seppellira.

    Ma il film più stracult della serata, e ve lo consiglio caldamente, è l’incredibile primo western pugliese della storia, “Il mio corpo vi seppellirà” di Giovanni La Parola con Miriam Dalmazio, Antonia Truppo, Margareth Madè, Rita Abela, Giovanni Calcagno, Rai Movie alle 21, 10. All’epoca mi costò 4,99 euro su Amazon, ma era imperdibile. La storia vede quattro banditesse cattivissime in lotta sia col vecchio potere borbonico sia con quello sabaudo. Bang! Bang!

    il mio corpo vi seppellira il mio corpo vi seppellira

     

    Prodotto da Ascent e Groenlandia con 4 milioni di euro di budget (minchia!), che nessuno ha mai più visto immagino, girato quattro-cinque anni fa con molti problemi, tanto che un terzo di sceneggiatura scompare dal film, come scompaiono raccordi e flashback che forse avrebbero aiutato la narrazione, infarcito di non eccelsi effetti in digitale, è un mezzo disastro o, se volete, un mezzo successo. Mi interessava un western pugliese., ma qui si finge di essere in Sicilia. Mi interessava un western con le ragazze violente, ma le quattro banditesse non sono così ben definite.

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    Miriam Dalmazio, è senza ruolo e senza battute, Antonia Truppo è brava ma privata del flash back col bandito Ninco Nanco che spiega la sua storia perde di valore, Margareth Madè è molto divertente con la benda sull’occhio e il cappellaccio, un po’ macchietta ma ha grande presenza, mentre la cattivissima Rosa Abella armata di falcetto, tagliatrice e collezionista di piselli, che si porta dietro come fossero salsicce, è un po’ eccessiva per i miei gusti.

     

    il mio corpo vi seppellira il mio corpo vi seppellira

     Tra i maschi cattivi, molto fumettistici, a rischio palle, Guido Caprino si esibisce in uno strepitoso piemontese, Giovanni Calcagno, tagliatore di teste, ha una bella faccia da western alla Rick Boyd che il nostro cinema potrebbe sfruttare. In un ruolo più piccolo Gigio Morra, come nobile borbonico, ruba la scena a tutti. Ovvio, è napoletano, come la Truppo. Alla fine, la storia, si riduce a un rapimento con riscatto e a un regolamento di conti finale dove La Parola pensava di fare il Rodriguez-Tarantino della situazione e invece diventa un sotto Miles Deem alias Demofilo Fidani.

     

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    I costumi sono belli, ma non basta. Però me lo sono visto. Certo, passano anche buoni film, tutti stravisti, “Il socio” di Sydney Pollack con Tom Cruise e Gene Hackman, Cielo alle 21, 15, “La figlia del generale” di Simon West con John Travolta, Madeleine Stowe, James Cromwell, Timothy Hutton, James Woods, La7 alle 21, 15. Ancora meglio, e un po’ meno visto, “12 anni schiavo”, terzo film diretto da Steve McQueen con Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Brad Pitt, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, TV8 alle 21, 30.

    12 anni schiavo 12 anni schiavo

    Premiato con tre Oscar, miglior film, migliore sceneggiatura e non protagonista, Lupita Nyong'o, è un film complesso, ma forte, commovente, ispirato alla vera storia di Solomon Northup, nato libero, ma finito per caso schiavo dal 1841 al 1853. La condizione di prigioniero, di schiavo del protagonista, permette a Steve McQueen di lavorare costantemente, quasi su ogni scena e su ogni inquadratura, sulla realtà dei rapporti fra gli uomini, fra i torturatori e i torturati, il “peccato originale d’America” come scrivono i critici americani, ma forse il peccato in generale, che tormenta tutti, chi lo subisce e chi lo pratica, e l’esplosione di creatività nata dalla disperata ricerca di comunicazione esterna. in tutti e tre i film di McQueen lo scrivere e la creazione artistica nascono dal vivere sul proprio corpo le piaghe della condizione di schiavitù.

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    Così il corpo della schiava Patsey, Lupita Nyong’o, martoriato dalle piaghe della frusta, diventa espressione della violenza e del dolore degli schiavi e della follia del padrone Epps, un grandioso Michael Fassbender, mentre il protagonista Solomon, Chiwetel Ejofor, costretto a frustare a frustare anche lui la ragazza, rimane per quasi tutto il film quasi spettatore attonito di quel che gli sta succedendo. Anche quando subisce su di sé gli orrori dei padroni bianchi, come il rimanere impiccato in bilico sulla punta del piede, rimane soffocato non tanto dalla corda, ma dal procedere della vita che ha attorno a sé in una delle scene più complesse e belle del film.

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     McQueen, come nei film precedenti, gioca sulla complessità della schiavitù e della dipendenza, sul malessere incarnato da Epps, con moglie ancora più orrenda, dal “buon” padrone Ford, il sempre incredibile Benedict Cumberbacht, e dalla sua “buona” moglie, sul sadico Tibeats di Paul Dano. La caduta all’inferno di Solomon, uomo libero di Marksville nel Nord che viene privato della propria identità e venduto come schiavo nella Goergia razzista e schiavista, rivela sì il peccato americano, la dipendenza quasi sessuale dei padroni bianchi rispetto allo schiavismo, il loro rapporto con la bellezza e l’innocenza delle ragazze, ma anche la loro incapacità di scrittura, di espressione, proprio perché schiavi del loro orrore.

     

    In seconda serata avete un altro film di Edoardo Leo, stavolta anche regista, “Che vuoi che sia” con Anna Foglietta, Rocco Papaleo, Marina Massironi, Massimo Wertmüller, Cine 34 alle 22, 50. Ma soprattutto avete una comedy western con due bellezze come Brigitte Bardot e Claudio Cardinale, “le pistolere” di Christian-Jaque con Michael J. Pollard, Riccardo Salvino, Rai Movie alle 23, 15. Il vecchio Chistian-Jacque, al suo unico western, non sa come attrezzarsi per uscirne vivo.

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    Il film, malgrado la presenza delle due stelle e di un cast di prima grandezza, è “una parodia laboriosa dove tutti gli effetti comici sono prevedibili” (Jean-François Giré). In realtà non ci credi mai e neppure le due ragazze, alla fine, funzionano così bene. Decisamente più stimolante nella sua follia il western parigino “Non toccare la donna bianca”, scritto e diretto da Marco Ferreri con Marcello Mastroianni, Catherine Deneuve, Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Michel Piccoli, Poalo Villaggio, Serge Reggiani, Rai Movie all’1, girato nel buco aperto delle Halles di Parigi in completa demolizione.

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    È lì che Ferreri immagina il suo Little Big Horne, con un gruppo di attori star amici nei ruoli più assurdi, da Mastroianni come Custer a Piccoli come Buffalo Bill a Serge Reggiani come Cavallo Pazzo. “Perché Custer alle Halles, a Parigi, nel 1973?”, si chiede il regista nell’introduzione alla sceneggiatura del film. “Perché secondo me noi viviamo in un clima western. Perché il western è sempre stato l’enorme trappola in cui siamo caduti fin da bambini. Il western esprime in maniera semplice ed elementare i concetti: Dio, Patria, famiglia. Io riprendo questi concetti e li faccio scoppiare dal ridere”.

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    In questo contesto acquista un valore diverso il buco delle Halles. “L’immagine di questo buco in mezzo alla città mi ricorda l’immagine dei circhi di gladiatori, i deserti del Dakota, le piazze dove i poliziotti lanciano le bombe lacrimogene”. E acquista senso, come negli spaghetti western più  politicizzati anche l’immagine degli indiani. “Quando io penso ai pellerossa, io penso al proletariato e al sottoproletariato che si lascia schiacciare e umiliare”. La critica non segue fino in fondo il film. Del resto quasi tutti improvvisano e si divertono. Ci credono anche poco.

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    Il povero Mastroianni si ritrova una parrucca di capelli scuri quando notoriamente Custer era biondo al punto di essere chiamato Capelli Gialli, ma Ferreri ha trovato quella e gliela mette in testa. Michel Piccoli come Buffalo Bill è fantastico, Serge Reggiani come Cavallo Pazzo fin troppo preso nella parte, Ugo Tognazzi è l’unico che legge il film come una parodia vecchio stile di Giorgio Simonelli e si muove rapidissimo come in uno sketch con Raimondo Vianello.

     

    I dolci vizi della casta Susanna I dolci vizi della casta Susanna

    La cosa curiosa è che, cialtroneria italiana a parte, l’idea del buco delle Halles trattato come Little Big Horn, alla fine funziona proprio come immagine di uno scontro tra qualcosa che c’era e che non sarà più e, ancora oggi, se passi di lì, sei costretto a pensarci. Su Rete 4 alle 2 un erotichello che molto ci stuzzicava negli anni ’60, “I dolci vizi della casta Susanna” di Franz Antel con Terry Torday, Mike Marshall, Pascale Petit, Harald Leipnitz, Jacques Herlin, il primo film di una lunga serie che dal secondo episodio coinvolse anche le attrici e i produttori italiani.

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    Su Rai Movie alle 2, 40 è un’ottima commedia di amiconi francesi “Grandi bugie tra amici” di Guillaume Canet con François Cluzet, Marion Cotillard, Gilles Lellouche, Laurent Lafitte, Benoît Magimel, Rai Movie alle 2, 40. Si poteva anche trasmettere in prima serata su una rete generalista. Iris alle 3, 25 presenta i presenta un disastro delle produzioni americane di Dino De Laurentiis, “Uragano”, remake del celebre “Uragano” di John Ford, che venne diretto dallo svedese Jan Troell, che subentrò all’ultimo minuto a Roman Polanski quando il regista polacco dovette lasciare l’America perché ritenuto colpevole di violenza carnale.

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    Dai titoli di testa venne tolto il nome di Polanski dalla sceneggiatura, che scrisse insieme a Lorenzo Semple Jr. Protagonisti sono Jason Robards, Mia Farrow, Max Von Sydow, Dayton Kane, Trevor Howard. Ultimo film musicato da Nino Rota, che morì a due giorni dall’uscita. Chiudo con “L’esercito più pazzo del mondo” di Marino Girolami con Felice Andreasi, Massimo Boldi, Andy Luotto, Giorgio Ariani, Leo Gullotta, barzelletta movie militare un po’ volgaruccia, Cine 34 alle 4, 25. Certo. Alle 5 su Rai Movie avreste un capolavoro come “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder con Tony Curtis, Jack Lemmon, Marilyn Monroe, Joe E. Brown, George Raft, Pat O'Brien…

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