Amedeo La Mattina per La Stampa
crocetta renzi
«Noi riconosciamo la qualità del lavoro che hai fatto in Sicilia, pur tra mille difficoltà. Ti chiedo di darci una mano da protagonista, in prima linea, anche con tue liste». Nel pomeriggio di ieri a Largo del Nazareno Matteo Renzi ha toccato le corde giuste per convincere Rosario Crocetta a ritirare la sua candidatura a governatore siciliano e scendere in campo con il suo Megafono (dato attorno al 5%) per sostenere Fabrizio Micari.
CROCETTA
Le corde giuste sono di diversa natura. Certo, il riconoscimento dell' azione di governo, ma anche il suo ingresso in Parlamento. Crocetta guiderà le liste in Sicilia e nel 2018 alle politiche presenterà liste per Camera e Senato. «Non mi vedo senatore, sono troppo giovane. Meglio deputato: a Montecitorio potrei dare il mio meglio», dice scherzando ma non troppo. Poi la spiegazione politica e personale: «Non sono uno sfasciatutto. Voglio passare alla storia come il primo esponente che viene dalla storia del Pci che ha vinto in Sicilia, non come colui che l' ha fatta perdere».
Rosario Crocetta
Il paziente lavoro di ricucitura è stato fatto dal segretario regionale del Pd Fausto Raciti, che ieri è volato da Palermo a Roma con il governatore per incontrare Renzi e mettere il timbro ufficiale del partito alla pace ritrovata. Ha dovuto sudare molto il giovane Raciti che si trovava di fronte l' avversione del sindaco Leoluca Orlando che ha sempre avuto il dente avvelenato con Crocetta, considerando disastrosa la sua amministrazione.
fabrizio micari
Al primo cittadino di Palermo è stato però fatto notare che il nome di Micari è stato fatto da lui: non può pretendere pure di mettere il veto su Rosario. Così il rettore dell' Università palermitana può dare finalmente il via alla campagna elettorale e provare una difficile rimonta rispetto ai due sfidanti, Musumeci (centrodestra) e Cancelleri (M5S). «Crocetta - spiega Raciti - sta dimostrando di essere un signore. Per me era una questione di principio: lo abbiamo sostenuto per tre anni e non potevo accettare una rottura».
ALFANO LUPI
Ora si attende il sostegno ufficiale di Angelino Alfano che non mancherà di spaccare Ap. L' accordo siciliano tra Pd e centristi è infatti solo il primo passo per un' intesa nazionale. Due vicecapogruppo del Senato, i siciliani Pagano e Mancuso, hanno già la valigia in mano. Li seguirà anche Torrisi, presidente della commissione Affari costituzionale.
Ancora più pesante sarà la fuoriuscita dei consiglieri regionali lombardi che intendono rimanere legati a Maroni in vista delle regionali del prossimo anno. In difficoltà anche Maurizio Lupi. Lui nega che abbandonerà Angelino e la gira così: «Credo all' autonomia siciliana, così come voterò sì al referendum sull' autonomia lombarda». Della serie, quello che fanno in Sicilia non ci riguarda.
FORMIGONI ALBERTINI
Ma quando poi si arriverà alle politiche sarà difficile mantenere l' acrobatico equilibrismo. Non hanno dubbi sulla rottura i senatori Formigoni e Albertini.
«È difficile - dice l' ex sindaco di Milano - che io possa rimanere nel gruppo. Sarà difficile pure che i consiglieri della Lombardia possano seguire la strada delle intese a sinistra. Io sono per una ricomposizione che veda in Stefano Parisi e nel Ppe un punto di riferimento».