1 - FABRIZIO MARONI: «SONO SEMPRE STATO DI CENTROSINISTRA E NON HO MAI SIMPATIZZATO PER LA LEGA»
Alberto Giannoni per “il Giornale”
Fabrizio Maroni, 21 anni, si candida col centrosinistra al Comune di Lozza e questo suscita grande curiosità, anche perché suo padre è Roberto Maroni, ex governatore ed ex ministro leghista. «Me l' aspettavo e sono anche abituato, ma la notizia è più sfumata di quel che ho letto».
FABRIZIO E ROBERTO MARONI
Ci spieghi meglio.
«La lista non è sostenuta dal Pd. Dentro ci sono anime diverse, e c'è anche chi si arrabbierebbe al pensiero che fosse accostata al Pd. È una lista civica di persone radicate a Lozza, ma non ha un' ideologia politica».
Compete però con la Lega.
«Con una civica che ha nel simbolo la Lega, quindi una certa appartenenza ci deve essere, ma loro stessi si presentano come civici. L'ideologia in un Comune di 1.200 abitanti è poco rilevante rispetto alle persone o all' attaccamento al territorio».
Quali problemi avete nel Comune? Cosa l'ha spinta?
«Problemi grossi non ne abbiamo, ma opportunità sì. Qui è stata costruita la Pedemontana, e i Comuni hanno avuto la possibilità di compensazioni. Bisogna decidere come impiegarle al meglio. Altre sfide sono l'attenzione ai giovani o l'ambientalismo, anche in un Comune piccolo».
FABRIZIO MARONI
Lei è studente, fa politica?
«Studente. Scienze politiche alla Statale di Milano. Mai fatta».
Qualche candidato si arrabbierebbe se parlassimo di lista Pd, e lei è fra questi o no?
«No, non mi fa arrabbiare ma semplicemente non è vero. Io non sono iscritto al Pd, ho simpatizzato in alcuni momenti».
Quello di Renzi per caso?
«Sono sempre stato più vicino al centrosinistra che al centrodestra, al di là del segretario».
Ma ora corre contro la Lega?
«Lo vedo come un dato di fatto ma non contro la Lega. Sono in una lista e il fatto che di là ci sia la Lega pone me e gli altri in questa posizione».
FABRIZIO E ROBERTO MARONI
Qualcuno dice «i Maroni tornano alle origini», facendo riferimento alla antica militanza a sinistra di suo padre.
«La mia sensibilità si è sempre orientata più verso il centrosinistra. Il paragone so che è inevitabile e magari qualcuno si immagina che fra 30 anni io sia un esponente della Lega, invece non ho ambizioni politiche se non limitate al mio Comune».
La Lega è cambiata molto. Quella di prima le piaceva?
«Da quando voto, la trasformazione era già in atto. So che era un partito diverso ma non sono mai stato un simpatizzante e non è cambiato nulla nella mia opinione sulla Lega».
Lega e migranti: vede legittime politiche o xenofobia?
«Credo che sia una politica legittima e che la xenofobia e una certa forma di odio esista nella comunicazione che fanno certi esponenti della Lega e che viene fatta propria da molti elettori. Io non sostengo né l' accoglienza senza limiti né l' innalzamento di barriere. Forse, come sempre, la soluzione sta nel mezzo. E in politiche condivise con l' Europa. Di sicuro non si può risolvere chiudendo tutti fuori o lasciando entrare tutti».
FABRIZIO MARONI
Chi è il candidato sindaco della sua lista a Lozza?
«Giuseppe Licata, persona molto seria, ha lavorato molto sodo ed è stato ricompensato tanto da essere eletto. È il sindaco».
Lei farebbe l'assessore?
«Non credo. Mi vedo più come un apprendista, candidato con persone da cui da imparare».
In una parola, lei cos'è?
«Un democratico».
2 - MARONI JUNIOR CANDIDATO CON LA SINISTRA L'ULTIMO DEI FIGLI A SMARCARSI DAL PADRE
Claudia Guasco per “il Messaggero”
VERONICA PADOAN MIGRANTI
Nessun rancore, assicura Fabrizio Maroni. «Papà mi ha dato il suo appoggio - racconta - abbiamo discusso insieme del programma, ma non mi ha fatto alcuna raccomandazione». Sarà, però il padre non è uno qualunque. È Roberto Maroni, già segretario della Lega, due volte ministro e governatore della Lombardia in quota Carroccio.
Che ora si ritrova il figlio ventunenne, studente di Scienze politiche, candidato alle comunali di Lozza, paese di poco più di mille abitanti in provincia di Varese, in una lista civica sostenuta dal centrosinistra che appoggia il sindaco uscente Giuseppe Licata. Mentre la Lega è presente nel simbolo della lista che sostiene Mara Rossi, unica avversaria di Licata.
VERONICA PADOAN
MEGAFONI E GIROTONDI
Di qua il padre, di là il figlio. Succede nella vita e spesso capita anche in politica, dove un cognome può non avere lo stesso significato. Padoan, ad esempio. Era agosto 2016, il padre Piercarlo era ministro dell' Economia e la figlia Veronica è scesa in piazza, imbracciando il megafono, per protestare contro la visita a Foggia del collega di suo papà, il guardasigilli Andrea Orlando, e difendendo la causa dei braccianti extracomunitari.
Lei, ricercatrice presso l' Ires, l' istituto di ricerche economico-sociali della Cgil, da anni si occupa di tematiche legate all' immigrazione e al mercato del lavoro e ha anche ricevuto un foglio di via da San Ferdinando in Calabria, dove ha guidato la protesta contro lo sgombero di una baraccopoli. Se per il padre la questione è stata motivo di imbarazzo, comunque l' ha risolta in famiglia.
STEFANO PAOLO TRIA
Non come il più spigliato viceministro agli Esteri Lapo Pistelli, che quando nel 2014 il figlio Matteo partecipò a un corteo scrisse su Facebook: «Non mi era ancora capitato: mio figlio in una manifestazione che critica (dai, meglio dire sprona) il governo sui fondi per la scuola... La prossima volta parliamone a cena a casa». Caso risolto con spirito e non sfociato in un livoroso scontro come quello tra Sabina Guzzanti e suo padre Paolo: lui eletto senatore con Forza Italia nel 2001, lei animatrice dei girotondi di sinistra. Fin qui, comunque, nessun particolare imbarazzo istituzionale per i celebri padri.
Situazione diversa, a marzo scorso, per il ministro dell' Economia Giovanni Tria, quando si diffonde la notizia che il figlio Stefano è lo skipper della barca a vela che ha fatto da supporto alla Mare Jonio, con capo missione l' ex tuta bianca Luca Casarini, nel salvataggio di quarantanove migranti. E nei confronti del ministro, già sotto pressione nel governo, è arrivata la frecciata del vicepremier Matteo Salvini: «Se mio figlio andasse in giro per barconi lo riporterei a casa per l' orecchio, ma ognuno fa come vuole».
IL RAP DI LARUS
Stefano Paolo Tria
Un po' di nervosismo anche per Ignazio La Russa, senatore di FdI, quando il figlio Leonardo Apache è apparso in rete con il nome d'arte di Larus e un rap in cui canta «sono tutto fatto». Prima reazione del padre: «Se lo becco con la droga lo ammazzo». Poi il chiarimento: «Mi ha spiegato che ha un significato diverso». Pace fatta, come in casa Maroni: «Sono cresciuto - spiega Maurizio - assolutamente libero di poter avere le mie idee». Che, come ben sa il padre, non sono per sempre: a sedici anni l' ex governatore leghista militava in un gruppo marxista-leninista di Varese, quindi ha frequentato Democrazia proletaria. Fino al 1979, quando ha incontrato Umberto Bossi ed è cambiato tutto.