Fabio Pavesi per Dagospia
Di lui, come fosse una rockstar, si conosce quasi tutto. Le gesta, le dichiarazioni roboanti sulla politica economica, le idee per traghettare la vecchia sinistra verso i lidi del grande liberismo anglosassone. Di Davide Serra il finanziere (“italiano nel cuore ma britannico nella testa” come si è definito di recente in un’intervista al Financial Times) appassionato Renziano e vulcanico protagonista delle cronache non solo finanziarie di questi anni quasi tutto è noto.
davide serra matteo renzi maria elena boschi
Il brillante gestore di fondi che da Londra pontifica sulla politica italiana è assurto a icona della finanza attenta al mondo. Quella finanza giovane, aggressiva, ma non rapace a cui interessano le sorti della società. Ora di Serra sappiamo anche che ha ceduto alle lusinghe della flat tax dei ricchi. Come ha rivelato nei giorni scorsi Il Sole 24Ore anche Serra, come Cristiano Ronaldo e altri vip, ha riportato domicilio in Italia, dopo un ventennio trascorso sotto il Big Ben, per approfittare dell’imposta agevolata (100 mila euro all’anno) a chi dall’estero dopo nove anni riporti residenza fiscale in Italia, godendo della maxi-agevolazione sui redditi prodotti oltre confine.
davide serra alla leopolda
Quel che non si sa Serra, che a questo punto riporta oltre al cuore anche la testa in Italia, è quanto ricco sia. Noto per i suoi reticoli societari che, sparsi per il mondo, non consentono di capire la consistenza reale dei suoi patrimoni, difficile appurare quanto il finanziere appassionato di politica abbia saputo far fruttare il suo genio nel campo degli investimenti. Non solo per i suoi clienti ma anche per se stesso. Qualcosa però si può ricostruire proprio a partire dalla sua attività principe, la gestione dei fondi d’investimento. E qui ecco la sorpresa che nessuno ha finora raccontato. Altro che le fortune di Cristiano Ronaldo, qui siamo ben oltre.
QUEGLI 84 MILIONI INCASSATI IN COMMISSIONI SOLO NEL 2017
La sua Algebris, la creatura costituita più di un decennio fa, gestisce dei fondi multicomparto. Sono sei fondi che investono soprattutto in obbligazioni bancarie e strumenti ibridi di capitale del settore finanziario. Ebbene l’ultimo resoconto, quello del 2017, che Dagospia ha potuto consultare dice che a fronte di 6 miliardi di attivo gestito tra tutti e sei i fondi, il fondo multicomparto ha girato ad Algebris (uk) limited la bellezza di 84 milioni di euro tra commissioni di gestione e commissioni di performance.
È la remunerazione che Serra si riconosce per gestire i soldi che i clienti gli affidano. In fondo si potrebbe obiettare che è la normale remunerazione di una società di gestione del risparmio. Quegli 84 milioni su patrimoni investiti per 6 miliardi sono l’1,4%. In linea con il mercato. Ma a differenza delle normali società di gestione del risparmio quei soldi non vengono in buona parte retrocessi alla banca di riferimento. Serra è il fondatore a padrone di Algebris e non deve girare i guadagni a nessuno.
davide serra nozze carrai
In più ha una struttura snella. I costi del personale sono solo 2,4 milioni di sterline da suddividere su 39 collaboratori. Il 2017 è stato un anno formidabile per l’enfant prodige della finanza. Solo l’anno prima i suoi 6 fondi gestivano non più di 3,7 miliardi di euro e la sua Algebris Limited ha incassato “solo” 39 milioni per il servizio d’investimento. Davide Serra quindi in grande spolvero con i clienti che affluiscono a frotte per comprare quote dei suoi sei fondi d’investimento.
Merito forse anche della sovraesposizione mediatica del personaggio che sa abilmente sfruttare il palcoscenico che i media gli offrono. Del resto a Davide Renato Ugo Serra (questo il suo nome per esteso) il talento non manca. Laurea alla Bocconi, classe ’71, subito andato a cercare fortuna oltrefrontiera. A Londra. Prima semplice analista di banche e assicurazioni per Ubs, poi in Morgan Stanley capo europeo della ricerca su istituzioni finanziarie.
Qui impara il mestiere e capisce che è ora di mettersi in proprio. Fonda la sua Algebris e si fa subito conoscere per gli attacchi alla vecchia finanza. Molti ricordano i suoi attacchi da fondo attivista, quello che cerca la creazione di valore per gli azionisti, all’anziano Antoine Bernheim allora presidente delle Generali giudicate una macchina lenta e farraginosa. E poi l’exploit da ragazzo geniale della finanza: l’appoggio a Renzi, la spinta verso un profondo rinnovamento riformista della sinistra. I finanziamenti a Renzi e alla sua Leopolda con il suo storico intervento. Il golden boy della finanza moderna ha conquistato la scena mediatica e in parallelo i suoi successi come gestore di fondi. E la ricchezza. Della sua scuderia di fondi il cavallo di battaglia è uno dei più antichi.
QUANTO RENDONO AI CLIENTI I FONDI DI SERRA?
È il fondo Financial Credit Fund che da solo nel 2017 ha raccolto e investito 4,75 miliardi sui 6 miliardi di attivo della sua Algebris funds. E’ il fondo che gli ha dato finora più soddisfazioni. Soprattutto al suo portafoglio, dato che sugli 84 milioni di euro di commissioni totali ben 34 milioni sono le commissioni di performance legate al solo fondo Financial Credit Fund.
DAVIDE SERRA ALLA LEOPOLDA
Le tanto vituperate commissioni di performance sono un quid in più che il gestore (Algebris in questo caso) si riconosce per l’extra rendimento che il fondo ottiene. Parametro discutibile e discusso nelle sedi delle Autorità che sorvegliano il mercato dei fondi. Tant’è. Ma quanto ha reso ai suoi sottoscrittori il fondo migliore di Serra? Partito a gennaio del 2013 a quota 100 oggi valorizza 134. Il 34% in poco più di 5 anni. Per un fondo che investe in bond e strumenti ibridi delle banche significa un ritorno del 6% annualizzato. Non male. Un investimento in un normale fondo obbligazionario o in un semplice Btp rende in media il 3-4% annuo. Serra ha fatto meglio. Ma così tanto di più da meritarsi 34 milioni di commissioni di extrarendimento in un solo anno?
IL FLOP DEI NUOVI FONDI
Il resto della sua scuderia brilla meno. Il Macro-credit fund avviato nell’estate del 2016 vede la quota passare da 100 a solo 102,5. L’Equity Fund ha una performance del 6% su un orizzonte di due anni e mezzo. Poco. Il fondo Asset allocation in poco meno di due anni ha portato a casa zero rendimento e il fondo Core Italy che investe su piazza Affari in poco meno di un anno ha lasciato sul campo un -3%. Si difende invece l’altro fondo principe il Financial Income Fund che in 5 anni ha prodotto una performance del 31%. Rendimenti in alcuni casi buoni, in altri così così. Nel frattempo però Davide Serra e la sua Algebris (Uk) limited incassano i loro sonanti milioni per la gestione. Comunque vada.
DAVIDE SERRA
L’INVESTIMENTO PERDENTE SU TELIT
Nella apologia del Serra grande finanziare c’è una nota stonata. Anche il talento di colui che predica la creazione di valore sbaglia qualche mossa. La più evidente è in Telit. Serra ha molto creduto nelle potenzialità dell’azienda quotata al mercato Aim di Londra che opera nel mercato delle soluzioni wireless. È arrivato a investirci parecchio. Risultava essere fino a questa primavera il quinto socio con una quota del 5% del capitale della società travolta nel 2017 dallo scandalo su finanziamenti bancari indebiti affidati al suo ex ad l’isrealiano Oozi Cats, dimessosi subito dopo.
Dopo lo scandalo il titolo è naufragato dimezzando il suo valore di Borsa e non si è più ripreso. Oltre allo scandalo sono arrivate le perdite. L’anno scorso Telit ha chiuso i conti con un rosso di 40 milioni di sterline. Quella quota di Serra valeva in primavera scorsa 10 milioni di sterline, meno della metà dei soldi prima del crollo. Recupererà le perdite l’enfant prodige della finanza con il cuore italiano e la testa britannica? Lo scopriremo con la prossima dichiarazione dei redditi in Italia.