marina ripa di meana
Paolo Conti per Corriere della Sera - Roma
La memoria è un' arma formidabile. Può fermare per sempre una Roma in cui, nell' ovattato salone da pranzo del Grand Hotel, puoi incontrare Gianni Agnelli «che aveva a disposizione un intero appartamento e naturalmente un tavolo fisso al ristorante».
Uno sguardo più in là, ed ecco Henry Kissinger di passaggio per la Città Eterna. Si cambia sfondo, il bar Rosati di piazza del Popolo: «Ero seduta col solito gruppo di pittori, mancava solo Mario Schifano, perché il giorno prima era stato arrestato per "possesso di droga", leggasi marijuana». Tutti in attesa di Alberto Moravia, scrittore già affermatissimo, forse in grado di «tirar fuori dal gabbio il nostro amico già superstar».
MARINA RIPA Colazione al Grand Hotel
Moravia è appena uscito da via dell' Oca, dalla casa dell' ex moglie Elsa Morante. È una Roma in cui Otello, indimenticato giornalaio di piazza di Spagna, raffinato rivenditore di stampa internazionale e tabacchi stranieri, funziona da bancomat ante-litteram (liquidi in prestito, cambio di assegni, pagamenti di utenze) per una parte del jet set romano.
Marina Ripa di Meana in un collage fotografico di Franco Angeli
Scene che emergono, vivissime, dall' ultimo libro di Marina Ripa di Meana appena uscito da Mondadori, «Colazione al Grand Hotel/Moravia, Parise e la mia Roma perduta» (140 pagine, 18 euro). Volutamente non ci sono date precise (l' autrice narra come in un improvviso flusso di coscienza, l' essenziale sono i dialoghi e i protagonisti) ma siamo un po' a metà degli anni Sessanta e in gran parte a metà dei Settanta del Novecento. La Roma del post-Dolce Vita è ancora luccicante e squisita (come ha raccontato anche, recentemente e con maestria, Stefano Malatesta in «Quando Roma era un paradiso», uscito da Skira): metabolizza per indole le stravaganze di Marina, approdata al Grand Hotel dopo uno sfratto da una villa sull' Appia Antica, lei gira su una Princess Bianca, forse il modello più chic mai prodotto dalla Austin col suo cruscotto in radica, e ha come autista il garzone del fornaio sotto casa in via Borgognona, e già siamo in una sceneggiatura da fiction di prima serata, invece è tutto vero.
Marina Ripa di Meana Goffredo Parise
Il libro si impernia sui continui dialoghi dell' autrice con i suoi «due Dioscuri», come li chiama, Alberto Moravia e Goffredo Parise, qui sottratti a qualsiasi tipo di soggezione letteraria. Sono solo i due commensali fissi di una protagonista di quella Roma, titolare di un sex appeal che segna un capitolo di storia del costume cittadino, ex moglie di un duca ed ex amante di un pittore come Franco Angeli.
Tra le pagine passa mezzo mondo. Liz Taylor al Grand Hotel riconosce Marina, la abbraccia, va via e Parise si tura il naso perché «la signora aveva qualche ettolitro di profumo addosso, preferisco l' odore delle ascelle». Transita anche Roman Polanski, in Italia per girare il film «What?» del 1972, con Sydne Rome: naturalmente lei, Marina, ha un breve flirt.
Marina Ripa con Carlo Ripa di Meana e Moravia
I due grandi scrittori-dioscuri sono anche uomini qualsiasi, quindi capaci di discutere a lungo se i gamberoni siano «più gustosi sauté in padella, prima di essere flambé, o alla brace». Un giorno Moravia arriva in ritardo, bloccato da un corteo di femministe «che non finiva mai» e i due, col pretesto, litigano (loro, maschi) sul femminismo, partendo da un articolo di Dacia Maraini sul Corriere della Sera che replicava a un intervento di Parise.
marina ripa di meana
marina ripa di meana PLAYMEN-1989
È la Roma «di quegli anni», in cui politica, mondanità, erotismo, cosmopolitismo, stupefacenti, letteratura, cinema, arte, moda, grandi capitalisti e comunisti militanti, compongono un mix di mondi trasversali eccezionalmente creativo, anticonvenzionale, e perciò irripetibile. Una sera tutti alla Carbonara, a Campo de' Fiori: «Dario Bellezza, Sandro Penna e un suo amore, soprannominato Culo Zozzo, Carlo Cecchi, Elsa Morante». Marina arriva trafelata in ritardo: «Quando ci presentarono, Elsa fece una faccia schifata e disse in tono acido: "Sarebbe tutta qui la famosa Marina, tutta qui 'sta gran bellezza?"». Una scenata da osteria, invece parliamo dell' autrice di «Menzogna e sortilegio».
marina ripa di meana PLAYMEN-1991
Sempre alla Carbonara, c' è Pier Paolo Pasolini che, una settimana prima della morte, lascia i suoi commensali (tra cui Moravia) dopo la cena dicendo beffardo: «Io sono il diavolo».
Sullo sfondo, nemmeno a dirlo, aerei che partono per Gstaad, Cortina d' Ampezzo, New York, o vaporetti diretti a Ischia dove c' è Truman Capote.
Tutto vero, si diceva. O comunque verosimile, il tempo che passa talvolta censura o edulcora. «Abbi cura dei tuoi ricordi perché non puoi viverli di nuovo», avverte il neo Premio Nobel Bob Dylan. Risvegliarsi poi nella Roma sporca, abbandonata e involgarita di oggi è un desolante, angoscioso incubo .
marina ripa di meana -a-via-veneto-con-un-amica-nel-1968 marina ripa di meana