ALL BLACKS
Elia Pagnoni per “il Giornale”
Chi pensava ancora che il rugby fosse lo sport delle tradizioni, dei valori intoccabili, del baluardo contro il modernismo, deve cambiare canale. O cambiare secolo.
Gli ultimi dubbi li ha spazzati via la decisione della federazione neozelandese di accettare l'offerta del fondo di investimenti americano Silver Lake, mirato ad acquisire il 12,5% del patrimonio commerciale del marchio All Blacks per la irrinunciabile cifra di 230 milioni di euro.
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Irrinunciabile sicuramente per i dirigenti della federazione che ha votato all' unanimità. A nulla sono valse dunque le proteste da parte di giocatori e tifosi che hanno messo di mezzo i valori tramandati da oltre un secolo, senza parlare della celebre e folcloristica haka.
Ma il business è business anche agli antipodi, dove hanno serenamente oltrepassato i limiti su cui si è infranta in Europa la superlega del calcio. Qui i tifosi, i calciatori e addirittura i governi, sono riusciti per ora a ricacciare indietro la svolta.
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In Nuova Zelanda, invece, davanti ai dollari del fondo, che tra l'altro è proprietario del 10% del City, non hanno avuto nessun dubbio, perché c' è da salvare un bilancio dissestato dalla pandemia. Il rugby dei duri e puri, insomma, non bada tanto all' etica.
D' altra parte in Europa ci si è scandalizzati perché i grandi club vogliono trasformare la Champions in un torneo a posti garantiti, ma il rugby degli ex dilettanti romantici una superlega europea esclusiva ce l'ha già da tempo: il Sei Nazioni.
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E in questo caso il fatto che l'Italia abbia il posto fisso garantito non ci turba molto Per chiudere il cerchio tra Nuova Zelanda e Silver Lake ora manca solo la firma dell'associazione giocatori. Chissà se i gli All Blacks terranno duro anche davanti ai dollaroni.
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