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    KIEV LANCIA LA SUA CAMPAGNA PER TRASFORMARE IN UN BRAND IL “CORAGGIO UCRAINO” - SELVAGGIA LUCARELLI: ''SUI MANIFESTI DI MILANO, ROMA E ALTRE CITTÀ SONO COMPARSE DELLE STRANE PUBBLICITÀ SU INIZIATIVA DEL GOVERNO UCRAINO. NON DOVREBBE ESSERE PIÙ CHIARO CHE SI TRATTA DI PROMOZIONE POLITICA E NON DI UNA CAMPAGNA SOCIALE? IL CORAGGIO STA ANCHE NEL PALESARE LO SCOPO DI UN’OPERAZIONE DI MARKETING COSÌ AMBIGUA, IN CUI CON LA SCUSA DI PROMUOVERE IL CORAGGIO DI UN PAESE IN GUERRA, SI SPONSORIZZA, DI FATTO, L’INTERVENTISMO”


     
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    Selvaggia Lucarelli per https://www.editorialedomani.it

     

    la campagna be brave sul coraggio dell ucraina 9 la campagna be brave sul coraggio dell ucraina 9

    Sui manifesti di Milano, Roma e altre città occidentali sono comparse delle strane pubblicità che inneggiano all’orgoglio nazionale. Le hanno ideate alcune agenzie creative su iniziativa del governo ucraino in guerra.

     

    “Sii coraggioso come l’Ucraina”. Ero andata a comprare un giornale in edicola e, con un certo stupore, ho notato questa scritta all’interno dello spazio pubblicitario su un lato del chiosco. Ho cercato di capire cosa fosse, ma ero in ritardo e ho pensato che fosse il titolo interventista di qualche rivista che mi era sfuggita. O un incitamento di Zelensky, ripreso dalla stampa.

     

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    Ho continuato a camminare con una leggera inquietudine, visto che non mi sentivo esattamente all’altezza dell’esortazione. Il giorno dopo sono passata dalle parti di corso Como e sul palazzo di fronte a Eataly, sul cartellone luminoso in cima al tetto, a caratteri cubitali, mi appare di nuovo la scritta: “Sii coraggioso come l’Ucraina”.

     

    Decido di capire chi abbia interesse a convincermi di dover essere coraggiosa come uno stato attualmente in guerra, in seguito a un’aggressione. Chi abbia imbastito questa strana campagna motivazionale con un investimento evidentemente importante e che appare una sorta di reclutamento morale. Un qualcosa che assomiglia ai manifesti “I want you” dello zio Sam in versione 2.0. C’è qualcuno, insomma, che sta cercando di convincerci ad arruolarci moralmente, magari in vista di decisioni importanti del nostro paese rispetto all’ipotesi di un maggiore coinvolgimento in un possibile conflitto mondiale.

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    CORAGGIO UCRAINO

    Questa volta, oltre all’esortazione, noto anche l’indirizzo di un sito in fondo alla scritta giallo-blu: brave.ua. Il mio stupore aumenta. Vado a vedere di cosa si tratti. Il sito sembra quello di un videogioco di guerra. Un’enorme scritta, “Bravery” (coraggio) e to be Ukraine. Poi: «Non puoi comprare il coraggio. Non puoi portarlo via. È un regalo dei tuoi genitori».

     

    E ancora: «Quando è iniziata la guerra, il mondo ci ha dato tre giorni. Abbiamo dato al mondo la possibilità di vedere cos'è il coraggio ucraino. Gli ucraini sono diventati la nazione più coraggiosa del mondo. Ora ci citano, ci ammirano, si ispirano a noi e ci dedicano una standing ovation. Non solo politici e governi, ma anche la gente comune. Oggi tutta l'umanità sa che il coraggio è essere ucraino».

     

    POLISTIROLO E BENZINA

    Insomma, una serie di frasi che trasudano orgoglio e nazionalismo, forse con un lieve eccesso d’enfasi. Ma andiamo avanti, perché continuando a esplorare il sito le perplessità aumentano. C’è la possibilità di scaricare una serie di materiali quali il finto passaporto ucraino per sentirsi ucraini, loghi per poster e t-shirt con slogan quali “Il coraggio è nel nostro dna” o “L’Ucraina ha ispirato il mondo intero con il suo coraggio. Joe Biden”.

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    C’è anche la possibilità di scaricare dei video e resto basita. Ci sono immagini della guerra modificate con filtri patinati, immagini vere e diventate tristemente note quali l’anziana aiutata dal pompiere a lasciare la sua casa in fiamme. La ragazza con i cani e poi un video denominato “Molotow” in cui si mostrano gli ingredienti con cui gli ucraini costruivano le molotov. «Il coraggio non ha alcuna ricetta se non acetone polistirolo e benzina», recita una voce alla Luca Ward.

     

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    LA CAMPAGNA

    Insomma, improvvisamente sembra il sito di una squadra di calcio, con gadget e merchandising vario, molotov a parte (si spera). Poi finalmente comincio a capire qualcosa, visto che la sezione successiva è “World campaign”, ovvero «come il coraggio ucraino può essere visto in tutto il mondo»: Londra, Roma, New York, Amsterdam, Washington, Stoccolma… Seguono le foto delle gigantesche affissioni nelle varie città del mondo, ovviamente tutte in paesi Nato (o che chiedono di farne parte).

     

    Ed ecco che vedo quel «Be brave like Ukraine» che mi è familiare, ma anche «Pensavo di sapere cosa fosse il coraggio e poi ho visto l’Ucraina» sulla facciata di un palazzo o «L’Ucraina è la capitale delle persone coraggiose» alla fermata di un bus e così via. Seguono inviti ad attaccare adesivi con questi slogan ovunque in città, ad organizzare manifestazioni e a fare donazioni per l’Ucraina. Insomma, un’imponente campagna che sembra pensata e costruita per un brand, che occupa gli spazi spesso occupati da Gucci e Versace.

     

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    CHI C’È DIETRO

    E in effetti – non è senz’altro un caso – il presidente Zelensky, in un video datato 7 aprile, caricato sul sito ufficiale del governo, ha dichiarato: «Essere coraggiosi è il nostro brand, porteremo il nostro coraggio nel mondo!». E dunque, chi c’è dietro questa patinata operazione di propaganda che mira a rendere l’interventismo una scelta glamour e promuove una nazione come fosse un profumo di Chiara Ferragni?

     

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    Il sito è opera di Banda Agency, un’agenzia creativa ucraina con sede a Kiev e a Los Angeles. Un’agenzia che aveva già collaborato col governo ucraino in altre campagne, una delle quali tre anni fa mirava – ahimè – a convincere le aziende del mondo ad investire in Ucraina. E accanto al logo di Banda appaiono altre grandi agenzie creative a supporto dell’operazione (non si sa bene che genere di supporto) quali Dentsu e Publicis. In una nota si spiega che le pianificazioni media in 15 paesi, tra i quali l’Italia, sono state rese possibili grazie a spazi offerti da Omd, Dentsu e Publicis.

     

    Ma, soprattutto, si scopre che il progetto è «approvato dal Ministero della trasformazione digitale dell’Ucraina». E così appare tutto più chiaro: dietro a questa campagna da brand luxury con pubblicità nelle vie dello shopping di tutto il mondo c’è il governo ucraino.

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    L’ESERCITO DIGITALE

    Cercando informazioni sul web non si trova praticamente nulla se non un’intervista al direttore creativo di Banda, Dmitry Adabir: «Proprio nel cuore del conflitto noi come agenzia abbiamo distribuito due film come risposta all’invasione. Il primo era un video che metteva in evidenza l’impatto della guerra sul paese. Il secondo esprimeva gratitudine per la solidarietà internazionale».

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    «La terza campagna mira a fare del coraggio ucraino un marchio. Non vogliamo l’eroica Ucraina uccisa da un mostro». Dunque non c’era malizia nelle supposizioni precedenti. L’Ucraina che in piena guerra diventa un marchio è davvero un progetto ideato da un governo la cui comunicazione è sempre più uno strano miscuglio tra la promozione dei grandi film d’azione americani e Black Mirror.

     

    E il sospetto, osservando l’operazione di comunicazione ampia e chirurgica nella scelta di immagini e video postati dallo stesso Zelensky sui suoi canali social, era già venuto da un po’. Ma chi è la vera mente del progetto? È facilmente individuabile, visto che il ministro della trasformazione digitale (nonché vice-primo ministro) è Mykhailo Fedorov, 31 anni, uno col mito di Elon Musk, sicuro che l’Ucraina diventerà il più grande hub It in Europa.

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    Colui che ha convinto (con sorprendente successo) le grandi aziende di Silicon Valley a boicottare la Russia e che sui suoi canali ha avviato una sorta di arruolamento digitale: «Stiamo creando un esercito digitale e abbiamo bisogno di talenti digitali. Tutti i compiti operativi verranno assegnati online. Ci saranno compiti per tutti. Continuiamo a combattere sul fronte cyber». Ed è anche colui che per dimostrare il potere dei suoi hacker posta sui suoi social ufficiali foto di soldati russi – quelli sorpresi a saccheggiare case di ucraini – in compagnia delle mogli, in dimensioni familiari, dando generalità e città di provenienza.

     

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    Ad ogni modo, che sia una guerra che si combatte anche sul piano della comunicazione non è una scoperta. Certo è che però viene da domandarsi due cose: la prima è chi stia finanziando questa costosa campagna promozionale per far diventare il coraggio ucraino un brand. Il governo ucraino, si suppone. Con quali fondi, in un momento come questo?

    La seconda: non dovrebbe essere più chiaro che si tratta di promozione politica e non di una campagna sociale, come appare al primo sguardo? (Il sindaco Beppe Sala, per dire, non era al corrente di queste affissioni).

     

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    Perché il coraggio sta anche nel palesare lo scopo di un’operazione di marketing così ambigua, in cui con la scusa di promuovere il coraggio di un paese in guerra, si sponsorizza, di fatto, l’interventismo. «Sii coraggioso come l’Ucraina», dicono, non «Siamo coraggiosi». E che nei video promozionali ci siano anche le molotov (che possono pure avere un sapore eroico durante l’urgenza della guerra, ma non fuori per uno spot), non solo è abbastanza discutibile ma appare come una deriva inquietante che ha il sapore dell’ultra nazionalismo.

     

    Insomma, «Sii coraggioso» è un’operazione di war-branding del governo ucraino che per essere almeno accettabile andrebbe promossa come tale, senza ambiguità: altrimenti è propaganda mascherata bene. E questo è un vizio che lasceremmo volentieri ai cattivi.

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