Giulia Zonca per la Stampa
ANCELOTTI
La porta è l a stessa, la faccia no. Carlo Ancelotti torna a Madrid, si ripresenta dalla medesima entrata che ha fatto da scenario al suo atto finale in Spagna. Un saluto scolpito nella foto d' addio: lui, un braccio alzato e l' uscio, con la finestra a oblò, a metà. Ieri lo ha spalancato per entrare in casa del Real.
Ha mandato avanti un altro ex, Xabi Alonso che se ne è andato «lasciando dei rimpianti, bisogna sempre fare così» e che torna «tra mille amici e tante emozioni, ma qui bisogna impegnarsi sul serio, non c' è spazio per i ricordi». Tutto miele, da queste parti già lo vedono come il futuro Zidane: anno sabbatico, un posto in società, un apprendistato in panchina e l' intera trafila con la cantera.
LEWANDOWSKI 1
Si vedrà, per ora la possibilità gli sembra lontana e si limita a ripetere in ogni lingua che «cinque stagioni al Bernabeu sono state fondamentali» e che tutti i suoi pensieri sono per il Bayern. Facile, applaudito e coccolato. Per Ancelotti la memoria è più faticosa, nostalgia mista a ruggine: «Qui ho vissuto due anni indimenticabili ed è quello che conta». Ma è anche chiaro che c' è dell' altro.
I dissidi con Perez Alla guida del Real Madrid Ancelotti ha vinto La Decima, una Champions storica che doveva essere un' eredità pesante e non gli è valsa nemmeno un po' di pazienza. Esonerato nella primavera del 2015 di fatto dopo la semifinale persa contro la Juve, spesso un incrocio difficile nella carriera dell' allenatore che in realtà ha sempre avuto tanto mercato da potersi evitare le amarezze. Solo che certi giudizi restano comunque difficili da smaltire.
gareth bale zinedine zidane
Nel suo libro «Il leader calmo» è proprio il tecnico a spiegare cosa era andato storto a Madrid e non sono certo segreti. L' umorale presidente Florentino Perez aveva appena investito 100 milioni su Bale, era il suo ultimo giocattolo e lo voleva vedere in mostra, Ancelotti lo ha sostituito una volta di troppo e il rapporto tra dirigenza e panchina si è perso.
ANCELOTTI
Non è un caso che il primo sorriso capace di sciogliere un Ancelotti stranamente monocorde è proprio sul nome di Bale che stavolta non gioca, è infortunato da tempo: «Se Zidane mi chiama gli do un consiglio su come sostituirlo, ma stavolta non è un mio pensiero. Io ho i miei giocatori da valutare».
Rientra Lewandowski sicuro titolare, forse torna in servizio Boateng: servono i pezzi forti per ribaltare il risultato dell' andata e anche la serenità che sta nel titolo del libro e nel dna di Ancellotti e che in questa trasferta pare vagamente minacciata. Quanto meno non così scontata.
florentino perez
«Si può fare» L' inizio è complicato, Ancelotti si siede ed evidentemente non è troppo concentrato sui discorsi ovvi.
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l 2-1 patito in casa, le statistiche piuttosto impietose, gli infortuni, Ronaldo, Benzema. A un certo punto dimentica lo spagnolo ormai accantonato e chiede alla sala come si dice «free kick... ah già, tiro libre» e si capisce che per lui le parole, come i ricordi, risalgono a un evo fa anche se sono recentissimi. La distanza lo libera, poi arrivano le provocazioni su Bale e Ancelotti ritrova la sua espressione e la sua leggerezza.
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Evidentemente gli suona ironico che l' allievo Zidane non si debba preoccupare di come incastrare il cocco del presidente in formazione. Zizou, al massimo, deve rendere conto dell' impiego di Isco, uomo in grande forma che ha giocato solo 77 minuti in Champions: «Perché? Mah, coincidenze». Fine delle ansie, a Madrid le tv mandano in replay il gol del figlio più piccolo, Elyaz, contro il Barcellona: categoria under 12. Altro che convocazioni del grande capo per rendere conto dell' utilizzo dell' ultimo nome da marketing.
Alla fine Ancelotti parla in francese, saluta in italiano, il trauma è archiviato: «Il Real segna in tutte le partite però incassa spesso dei gol. Serve la miglior versione del Bayern, sta a noi tirarla fuori». La miglior versione di Ancelotti è già uscita e Don Carlo, come ancora lo chiamano qui, riprende la porta senza il bisogno di mostrare la spavalderia dell' ingresso. Si ferma davanti all' oblò per un istante. E gli viene da ridere.
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