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    IL SUPER GREEN PASS PER I LAVORATORI FA TREMARE I CLUB ITALIANI: IN SERIE A SAREBBERO ANCORA 25 I GIOCATORI NON VACCINATI - IL NO VAX DELLA ROMA (IL CUI NOME È COPERTO DALLE NORME SULLA PRIVACY) HA FATTO INTENDERE CHE CHIEDEREBBE LA CESSIONE SE NON POTESSE SCENDERE IN CAMPO PER VIA DEL DECRETO, ALTRI INVECE POTREBBERO CEDERE E VACCINARSI – MA IL PROBLEMA POTREBBE AVERE UN IMPATTO ANCHE SULLA CHAMPIONS LEAGUE E SUI PLAYOFF PER I MONDIALI…


     
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    Benedetto Saccà per “il Messaggero”

     

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    Fosse solo Novak Djokovic. E invece. Pure i giocatori di Serie A sono no vax meno di trenta ma più di venti, tanto per avere un'idea delle proporzioni. Considerando che i calciatori del campionato italiano sono nel complesso 572, la porzione dei contrari alle vaccinazioni supera la quota del quattro per cento 4,37%, per l'esattezza. 

     

    E adesso lo scenario potrebbe cambiare. Perché, in queste ore, il governo valuta l'ipotesi di varare il decreto relativo al Super Green pass per i lavoratori, anche se il provvedimento riguarderebbe solamente gli over 60. Ovvero. 

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    Le persone con più di 60 anni potrebbero lavorare soltanto con il Green pass (per così dire) rafforzato: vale a dire con la certificazione rilasciata solo ai vaccinati e ai guariti dal Covid il tampone sarà inutile. Il quadro è in evoluzione e decisiva sarà la giornata di oggi. Il problema galleggia sulla superficie e allarga crepe lungo i muri delle certezze dei club. 

     

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    L'OPERA DI CONVINCIMENTO 

    D'altronde i calciatori sono lavoratori certo particolari, strapagati, anomali e atipici, però comunque lavoratori. Per cui: se il decreto fosse approvato e in campo come in ufficio si potesse entrare soltanto con il Super Green pass, anche i calciatori dovrebbero adeguarsi. Tutti. Così i 25 no vax della Serie A sarebbero posti davanti al bivio costituito dalla possibilità di vaccinarsi e dal divieto di giocare. 

     

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    Pfizer o Moderna oppure niente campo, ecco la possibile sintesi. Come si può intuire facilmente, saltare l'ostacolo non sarebbe una passeggiatina di salute. Spetterebbe alle società tentare di smussare gli angoli di una situazione spiacevole. Di clamorose giravolte non è piena la speranza dei club. Tanto che, giusto per fare un esempio, il no vax della Roma il cui nome è coperto dalle norme sulla privacy ha lasciato intendere che chiederebbe la cessione se non potesse scendere in campo per via del decreto. 

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    Come detto, comunque, l'orientamento del governo è di comprendere e contemplare solo i nati dopo il 1962. E non basta. L'approvazione erga omnes del decreto si riverbererebbe non soltanto sul campionato italiano, ma pure sulle coppe europee. Bisogna immaginare un turno di Champions o di Europa League (o di Conference), per tacere della partita del 24 marzo dei playoff per i Mondiali tra l'Italia e la Macedonia a Palermo: per poter giocare i calciatori delle due squadre sarebbero obbligati a mostrare tutti il certificato di avvenuta guarigione o di vaccinazione.

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     Difficile? Difficilissimo. Anzi: quasi impossibile. E ove mai il calciatore si fosse immunizzato con lo Sputnik o con un vaccino non riconosciuto dall'Unione europea non potrebbe comunque scendere in campo in Italia. Scenari davvero poco probabili. 

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